Magazine Cultura
Titolo: Non siamo più noi stessi Autore: Matthew ThomasEditore: Neri PozzaPagine: 640 Prezzo: 19,50 €Il mio voto: 4 piume
Trama
Non siamo più noi stessi racconta la storia struggente di Eileen Tumulty, figlia di immigrati irlandesi del Queens, che da sempre sogna un futuro migliore, lontano dalla madre alcolista e dal padre operaio. Eileen sposa Ed Leary, uno scienziato serio e dai modi gentili che indaga gli effetti degli psicofarmaci sul cervello. Non le ci vuole molto per capire che Ed rinuncia volentieri a un lavoro meglio remunerato, a una casa più grande o a delle amicizie più stimolanti, per dedicarsi anima e corpo alla ricerca e all’insegnamento. Così, dopo la nascita del figlio Connell, Eileen decide che tocca a lei lottare per il benessere della famiglia. Risparmiando parte del suo salario da infermiera riesce ad aprire un mutuo per una casa a Bronxville, ma proprio quando finalmente il suo sogno sembra avverarsi, la famiglia viene messa a dura prova da un colpo del destino. Ed è qui che si aprono le pagine più straordinarie del romanzo di Matthew Thomas. Eileen Tumulty – come Olive Kitteridge – è un personaggio che il lettore non dimenticherà mai. Balzato subito ai primi posti della classifica dei bestseller del New York Times, il romanzo d’esordio di Matthew Thomas è un magnifico affresco che ripercorre la vita di una coppia alle prese, dapprima, con il Grande sogno americano e, poi, con una malattia crudele che sembra voler cancellare i loro anni felici.Incensato dalla critica come uno dei libri più belli dell’anno, è una storia epica, coinvolgente e magnificamente scritta che, mettendo insieme una documentazione sterminata e una scrittura impeccabile, ci parla dei sogni, delle promesse mantenute e di quelle accantonate, e della lotta che ognuno deve compiere ogni giorno per dare un significato alla propria vita.
La recensione
Un romanzo la cui narrazione, malgrado il numero considerevole di pagine, parte come si trattasse di una raccolta di episodi della vita di Eileen, una bambina di origini irlandesi che, nell'America degli anni '50, vive un forte disagio: una famiglia debole e manchevole di affetto. Si fa le ossa, Eileen, con un padre più preoccupato di ciò che la gente pensa di lui e del suo "personaggio", amato e stimato da tutti e soprannominato Big Mike dalla comunità di irlandesi trapiantati negli Stati Uniti, e con una madre anaffettiva e, purtroppo, alcolizzata. Si fa le ossa, Eileen, combattendo con il forte desiderio di avere lei, un giorno, una famiglia normale composta da un marito che nutra per lei un amore onesto e sincero e da un figlio, che lei amerebbe senza remore. Si fa le ossa, appunto, e affronta la vita di petto. Ormai una ragazza, incontra Ed – un docente universitario di origini irlandesi – e si innamora del suo modo di fare, del suo stare bene insieme a lui. Da quel momento in poi, fino alla fine, il romanzo di Matthew Thomas smette di somigliare a un racconto e assume le sembianze di un vero romanzo americano la cui protagonista non è, come possa sembrare, una famiglia ma la vita. Uno spaccato reale della vita di due persone, così diverse tra loro ma che, comunque, si impegnano a stare insieme e a far funzionare le cose. Coerentemente con quanto subito da piccola, Eileen si trasforma e, da ragazza irlandese di provincia, diventa una donna insoddisfatta appartenente alla middle-class americana: ossessionata dal sogno americano, dalla grande casa situata in un quartiere perbene, con una punta di razzismo misto a snobismo tipico delle donne di Wisteria Lane. Questa perenne insoddisfazione, questo correre dietro a qualcosa di "migliore" senza accontentarsi mai, mi ha indispettita e, alcune volte, profondamente infastidita. Un personaggio che, ammetto, non ho gradito in particolar modo anzi, in alcuni punti della narrazione l'ho quasi sofferto. Ed, di contro, mantiene un certo garbo e un aplomb da marito perfetto che, quando questo atteggiamento comincia a venir meno, si sospetta subito ci sia qualcosa che non va. Come, effettivamente, è. Un malessere che, se Ed vuole fingere di non scorgere, è invece palese sia a Connell, il loro figlio adolescente, che al lettore. Anche se non a Eileen. Il libro, però, a questo punto prende una direzione diversa e con esso lo fanno anche i personaggi. La protagonista non è più la vita di una famiglia, ma la malattia progressiva di Ed e l'effetto devastante che ha su Eileen e Connell. Questa è la parte, insieme all'inizio, che mi ha fatto rivalutare tutto il romanzo. Parole commoventi, scene che mi hanno riportato alla memoria qualcosa che ho vissuto quando ero più piccola e che credevo di aver dimenticato. Ho trovato diverse parti eccezionalmente toccanti e, delle volte, alcuni passaggi erano così dolorosi (come, ad esempio, la festa di Natale in casa di Eileen) che il mio cuore non ha retto e ho pianto. Credo che la parte iniziale, più o meno 150 pagine, e la parte finale (da poco più della metà in poi) siano ben raccontate, a dispetto di una parte centrale che invece è un po' povera, macchinosa e prolissa. Interessante e ben riuscito l'evolversi dei personaggi e la loro maturazione, in particolar modo di Eileen che, infatti, nell'ultima parte del romanzo si trasforma e riesce a scacciar via la sgradevolezza e l'antipatia che l'ha avvolta per tutta la parte centrale del romanzo. I dieci anni e le numerose correzioni di Thomas temo che abbiano creato qualche problema perché, ogni tanto durante la lettura si ha la sensazione che cambi il PoV che, in verità, non dovrebbe esserci considerando che la storia è narrata in terza persona. Nonostante tutto, comunque, è un libro che mi ha sorpresa e che, probabilmente, non dimenticherò facilmente.
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