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Recensione: Pavlov's Dogs. L'Armata dei lupi

Da Flautodipan @miriammas
Recensione: Pavlov's Dogs. L'Armata dei lupi Titolo: Pavlov's Dogs. L'armata dei lupi Autori: D. L. Snell, Thom Brannan Editore: Dunwich edizioni Collana: Ritorno a Dunwich Dati: 2015, 241 p., brossura Prezzo di copertina: 9, 90 euro Prezzo e-book: 3,99 euro Descrizione:

LUPI MANNARI
Il dottor Crispin ha creato i salvatori dell’umanità: i Cani di Pavlov, un team di soldati in grado di trasformarsi in bestie spaventose. Ma quando il dottore e i suoi collaboratori danno il benvenuto al nuovo neuroscienziato si rendono conto di aver messo il loro lavoro nella mani di un uomo di cui non si fidano completamente.
ZOMBIE
Ken Bishop e il suo miglior amico Jorge restano bloccati nel traffico mentre stanno tornando a casa dal lavoro. C’è un incidente poco più avanti. E qualcosa di peggio. Sono i primi segni di un’epidemia. Ken e Jorge sono proprio a un punto morto. Non devono solo fuggire, ma anche salvare il maggior numero di persone.
ARMAGEDDON
Ora Crispin e i suoi devono prendere una decisione difficile: mandare i Cani nel bel mezzo dell’apocalisse zombie per salvare i sopravvissuti o seguire i consigli del neuroscienziato che suggerisce loro di risparmiare le risorse e usare i soldati-bestia come guardie dell’isola?

 

Gli autori:

Thom Brannan. È stato marinaio di sottomarini, operatore nucleare ed elettricista. Attualmente lavora presso una piattaforma petrolifera a largo della costa. Vive ad Austin, Texas, con la sua adorabile moglie Kitty, un figlio, una figlia, un cane e un gatto.
D.L. Snell. È un acclamato scrittore di romanzi del Nord-Ovest Pacifico. Le sue antologie comprendo la serie di libri tascabili Blood Lite, edita dall’autore best-seller Kevin J. Anderson. Il primo romanzo di Snell, Roses Of Blood On Barbwire Vines ha attirato l’attenzione di scrittori popolari come Jonathan Maberry.

 

La recensione di Sara:

Pavlov’s Dogs apre il sipario su un mondo apocalittico, la sopravvivenza è la protaginista della scena. Gli zombie hanno invaso le città, non è rimasta molta gente “viva”, non è facile uscire di casa, non lo è neppure restarci. Certo, ci sono i Cani a cercare di tenere a bada la situazione ma, nonostante siano soldati creati appositamente in laboratorio per combattere contro gli zombie, restano comnque delle macchine da guerra. Tenerli sotto controllo non è semplice, sono delle vere e proprie creature sanguinarie. Lupi mannari. E se, all’improvviso, spuntasse fuori un’isola dove potersi rifugiare e sfuggire all’apocalisse? La scelta più difficile non è solo quella di riuscire a trovare il coraggio di mettere piede fuori di casa e tuffarsi nell’inferno ma, è anche quella di decidere cosa fare dei Cani. Disporli a mezzo dei sopravvissuti per salvarli o usarli come guardiani dell’isola felice? Ma le domande sono tante, la disperazione spinge all’orrore più puro. Non esiste amicizia, non esiste amore, esiste solo la legge del più forte. Chi decide di restare deve essere pronto a lottare con le unghie e con i denti, deve essere pronto al sangue, a guardare la Morte negli occhi senza batter ciglio. Pavlov’s Dog è no dei romanzi horror più geniali che siano stati scritti negli ultimi tempi. Il ritmo è serrato, frenetico, a tratti si ha la sensazione di sudare, di essere rincorsi. Si ha la sensazione che il tempo sia la cosa più preziosa che esista e che non ci sia un solo secondo da perdere. Si percepisce il buio, la paura, il tanfo del sangue. L’incubo è tangibile e la tensione si taglia a fette. Qui, quello che spaventa davvero non sono i non-morti ma i vivi. Sono i Cani, esperimenti scientifici che danno vita a uno dei personaggi più celebri della letteratura e della cinematografia del brivido. Quello che spaventa è il cinismo, la tendenza all’asocialità dell’essere umano. Non esiste uomo sulla terra che, di fronte alla morte, metta a repentaglio se stesso per salvare qualcun altro. È una lotta a chi ha il coraggio e la forza di resistere, senza preoccuparsi dell’orrore intorno, senza preoccuparsi se quello accanto è vivo o no. Non c’è tempo per pensare e neppure per i sensi di colpa, solo quello di scappare più lontano possibile.


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