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[Recensione] Perché non parli? di Marti Leimbach

Creato il 06 settembre 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Perché non parli? di Marti LeimbachTitolo: Perché non parli?
Autore:
Marti Leimbach
Editore:
Salani
ISBN:
9788884517258
Numero pagine:
261
Prezzo:
€ 14,50
Voto: [Recensione] Perché non parli? di Marti Leimbach

Trama:
Un matrimonio felice, quello tra Melanie e Stephen, che va in pezzi di fronte a una drammatica realtà: Daniel, il più piccolo dei loro due figli, è autistico. Stephen sceglie la fuga dalle responsabilità e abbandona la famiglia. Sola, Melanie, nella disperata ricerca di un aiuto, incontra Andy O’Connor, un terapeuta dai metodi non tradizionali. Un ciarlatano capace solo di alimentare false speranze, come dicono alcuni, o la persona giusta per Daniel? A Melanie basta assistere al primo incontro tra Andy e Daniel, vederli giocare insieme: “Lui lo renderà un ragazzino che s’infila i jeans da solo e corre a torso nudo in giardino con una mazza da cricket e una pallina. Troverà amici con cui farà gare giù per i pendii e battaglie ai giardinetti; sognerà di guidare auto da corsa e pilotare mongolfiere. Sarà normale, o quasi. E sarà felice”. Quello che Melanie ancora non sa è che Andy cambierà completamente la sua vita… Una storia commovente e ironica sulla forza dell’amore materno, sulla lotta quotidiana che molte donne conoscono: fare la cosa giusta per i propri figli, ma anche per se stesse.

Recensione:
Le indagini e le testimonianze che hanno come tema l’autismo sono sempre un’arma a doppio taglio: l’argomento è ancora nebuloso e in corso di studi, e di conseguenza se viene a mancare una solida base scientifica è facile arrivare a tentativi e congetture che scantonano nella superstizione.
È questa l’impressione che ho avuto leggendo questo libro.
Il punto di vista è quello, in prima persona, di una madre disperata che dopo la diagnosi di autismo al secondogenito si vede abbandonata dal marito e ridotta sul lastrico per provare tutte le cure possibili. Certo, potrebbe essere un grande esempio di abnegazione genitoriale, di amore materno, nonché una carrellata di tutte le analisi esistenti applicabili a un bambino che a quasi tre anni non parla, sembra sordo, rifugge il contatto fisico e visivo e vive di movimenti stereotipati e atti incomprensibili. Fin qui, tutto come da copione.
Il problema arriva verso un terzo del libro:

[…] mi ritrovo sempre a mercanteggiare una via d’uscita dalla diagnosi fatta a Daniel, nella speranza che qualcuno mi dica che ha la sindrome di Asperger invece dell’autismo vero e proprio, che ha disturbi del linguaggio, ma non l’autismo.

Da questo momento, la figura di Melanie diventa colossale, si impone sui più piccoli risvolti della narrazione. Il piccolo Daniel non è più un bambino, ma un elenco vivente di sintomi riconducibili a tutte le molteplici sfaccettature di un disturbo tuttora poco conosciuto. Con le conseguenti sperimentazioni. Al centro di tutto c’è la madre con tutti i suoi sacrifici, ostentati e sbandierati al limite del sopportabile.
Il peggio arriva però quando, esauriti neurologi e logopedisti, cominciano le teorie astratte vere e proprie. Prima tra tutte, il fatto che Daniel sia diventato autistico subito dopo una vaccinazione. È un argomento di attualità scottante, questo non è l’ambito adatto per discussioni di questo genere ma basta andare su Google per trovare decine di siti che osteggiano le vaccinazioni sostenendo che provocano non solo l’autismo, ma anche una serie di gravi patologie. Nello stesso tempo entra in gioco anche Andy, il ciarlatano di turno, che contro qualsiasi teoria medica compie il miracolo di insegnare a un bambino gravemente disturbato a parlare ed esprimersi, addestrandolo con pezzetti di cioccolata. Sì, addestrandolo esattamente come un animale da circo.
Sono arrivato alle ultime pagine del romanzo curioso di sapere come si sarebbe concluso il tutto, ma sono rimasto spiazzato: non c’è un finale. Daniel apparentemente fa progressi, anche se non è spiegato in alcun modo come ci riesca, e la storia finisce.
Sarebbe stato più credibile come fiaba psichiatrica, con una fata che scioglie l’incantesimo e trasforma un bambino autistico in uno perfettamente uguale ai suoi coetanei. Libri così sono una mina vagante per genitori che hanno questo genere di difficoltà e per specialisti che cercano di far loro accettare la situazione: promettono false speranze, buttano lì dottrine e superstizioni senza fondamento. Ed è facile illudere genitori di bambini in un certo senso “difficili”.


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