Il film, magnifico, che ha rivelato al mondo Villeneuve.Un Elephant in bianco e nero di rara forza e potenza.
Le studentesse stanno facendo fotocopie.Scherzano, ridono.Ad un certo punto degli spari. Tutti scappano, c'è sangue, qualcuno è stato colpito a morte.E magari quel qualcuno vorrebbe disperatamente attaccarsi a quelle fotocopiatrici e riuscire a fare, proprio all'ultimo istante prima di morire, una copia della propria vita, così, per restare ancora.Ma la vita è solo una, non replicabile, tantomeno con una fotocopiatrice, e quel giorno un uomo ha deciso che la tua doveva aver fine.Il film che ha rivelato al mondo la grandezza di Villeneuve è il resoconto terribile di quel 6 Dicembre 1989, giorno in cui un pazzo misogino decise di ripulire il mondo da quante più donne possibile, che le donne erano tutte femministe per lui, figuriamoci ste ragazze che studiano per lavori da uomini.Figuriamoci.
O.k, diciamolo subito tanto nessuna rece di questo film può non parlare di Elephant.Polytechnique ricorda il, per me grandissimo, film di Van Sant?Moltissimo, talmente tanto che sembra quasi omaggiarlo a volte.
Lo ricorda, ovviamente, nel contenuto, lo ricorda nello stile di regia (ad esempio nel seguire di spalle gli studenti), lo ricorda in una sceneggiatura che va avanti e indietro nel tempo e che segue prima uno e poi un altro personaggio. Lo ricorda persino in quella che forse è una delle più belle cose di Elephant, ovvero il vedere la stessa scena da due punti di vista differenti e in due diversi momenti (del montaggio ovviamente, non della diegesi).Ma questo è un grandissimo film a prescindere, con una propria forza e una propria originalità.L'inizio mi ha richiamato un altro enorme film francese (lo so, questo è canada ma di lingua e anima francese), quel Seul contre tous che è forse film manifesto della misantropia.Qui l'odio del protagonista è più circoscritto, riguarda "solo" le donne, esseri considerati meschini, approfittatori, cannibali dell'uomo.La stessa voce fuori campo del film di Noè, lo stesso odio sputato al mondo, e quella sensazione che anche qua, come nel caso di tutte queste menti malate e criminali, siamo davanti a un "solo contro tutti" che può avere un solo epilogo, la morte.Lui col suo look da beatles, lui che scarafaggio forse si sente veramente, nero, nascosto e schiacciato dal femminismo.Un fucile in spalla e nel freddo di Dicembre si parte verso la propria missione.Dopo aver rifatto perfettamente il letto e ripulito ogni piatto sporco.Lucidità, metodo, che si mischiano alla follia, al caos.Ma questa non è la storia di un assassino, se non all'inizio.
Questa è la storia di un ragazzo la cui anima probabilmente era troppo grande per trovarsi costretta in un mondo che l'orrore di ciò che aveva visto e il senso di colpa di ciò che non aveva fatto gli avevano così rimpicciolito.Se mai quel ragazzo è esistito veramente, se mai quella è stata la sua fine, è soltanto uno dei tanti esempi per cui l'uomo, tante volte, andrebbe amato, non odiato.E questa è la storia di una sopravvissuta, non una sopravvissuta come gli altri, casuali vite salvate dalle parabole di una scheggia impazzita, ma una sopravvissuta vera, una di quelle che 9 possibilità su 10 dovevi esser morta.Perchè tutte le altre lì, stese vicino a te, lo sono.Villeneuve ancora una volta usa le scienze e le conoscenze umane. E se in Incendies era la matematica ad essere protagonista, non solo all'inizio, ma specie alla fine con quell'operazione dal risultato impossibile, se in Prisoners il tema era quello del labirinto, qua invece c'è il concetto di entropia al centro di tutto. Quello stava spiegando il professore nella classe dove ci sarà il massacro più grande, inumano, terribile.L'entropia, il disordine, a volte può avere la forma di un fucile e il viso di un uomo che odia.Questo è un film grandissimo, visivamente ineccepibile, freddo ma con una macchina da presa che si sa muovere in maniera magnifica, come Villeneuve dimostrerà sempre di più nei film successivi.C'è tensione, paura, empatia, pietà disperazione e un pizzico di speranza.
Ed è splendida la costruzione temporale (del resto anche ne La Donna che Canta Villeneuve usa magnificamente i piani temporali. A proposito, entrambi i film finiscono con una lettera), abilissima, tra le altre cose, nell'inserire quell' umanamente terribile post-massacro di quel ragazzo, una mente che finge di rispondere al Natale ma che già è altrove, magari, per chi ci crede, già con la testa nel regno di chi quel Natale ha fatto nascere suo figlio.Ho trovato usata in maniera perfetta la già sopracitata tecnica delle stessa scena mostrata in due momenti diversi, specie quella nella classe del massacro, con prima lo sguardo di lui, poi quello di lei.Chi esce per sopravvivere, chi rimane per morire.E quel "Sta tornando, fingiamoci morte" mentre in realtà chi tornava non era colui che quella morte voleva, l'ho trovato come momento di scrittura più alto del film.Poi l'ennesima cosa bella che ci regala la sceneggiatura, una ragazza che si è tinta i capelli che ricorda qualcosa che non vorrebbe più ricordare.E un lavoro che una società maschilista non voleva darle.Un lavoro che è come una fucilata in pieno volto a quell'uomo che quella fucilata se la diede davvero.Ma è dura, durissima, roba a volte da non volerne più.Ma oggi è diverso, oggi sta nascendo qualcuno a cui il mio dolore potrà insegnare cose.