Titolo: Qualcosa di scritto
Autore: Emanuele Trevi
Editore: Ponte Alle Grazie
Anno: 2012
ISBN: 9788862209646
Pagine: 245
Prezzo: € 16,80
Voto:
Premessa: Maggio è stato il mese dedicato alla distopia. Non posso quindi passar sotto silenzio un cenno – sia pure fugace – in cui mi sono imbattuto leggendo il bel libro di Emanuele Trevi su Pier Paolo Pasolini, dedicato a Petrolio, opera postuma pubblicata nel 1992. Petrolio, saggio, o semplicemente qualcosa di scritto che sia, sembra provenire da un’altra dimensione se non addirittura da un mondo parallelo, tanto che Emanuele Trevi compie un accostamento inverosimile (ma non troppo) tra il mondo di Pasolini e gli universi distopici di Philip Dick:
“Come un personaggio di un libro di fantascienza catastrofica, di un incubo di Philip Dick, Pier Paolo Pasolini ha scoperto l’orrenda verità che si nasconde dietro le apparenze, e bussa alle porte dei suoi simili per comunicare le sue scoperte prima che arrivi qualcuno a farlo fuori… Entrambi manifestano orrore nel potere in qualsiasi forma esso si manifesti”, combattendo una battaglia senza speranza contro “il gioco delle forze nascoste che governano il mondo”.
Non è tutto. Più avanti si legge:
“Alla vecchia umanità si è andata sostituendo rapidamente una specie mai vista, demente e mostruosa. Come un popolo di alieni che sotto le sembianze umane covi solo i suoi oscuri propositi di distruzione e dominio.”
Eppure, all’inizio, le cose non sembravano così disperate, anche se già si scorgeva una velata minaccia:
“Ma in quel maggio del 1960 il Neo-capitalismo era ancora una novità troppo nuova, era il termine di un sapere ancora troppo privilegiato per cambiare il sentimento della realtà” (Petrolio, appunto 2).
Il sapere privilegiato di cui si parla (all’origine comune a pochi) fa sì che l’individuo si sdoppi, si divida, si spezzi:
“Abbastanza intellettuale per vivere le contraddizioni sociali e politiche del nostro tempo, non lo è abbastanza per viverle attraverso quella coscienza che assicura l’unità dell’individuo facendo dello stato schizoide uno stato naturale e dell’ambiguità un modo di essere” (Petrolio, appunto 4)
Il prezzo pagato è salato, è la contaminazione, la corruzione. Ma di chi?
Contenuto: Emanuele Trevi è un testimone privilegiato di Pier Paolo Pasolini. Non l’ha incontrato personalmente, ne ha tuttavia percepito la presenza frequentando Laura Betti (1934-2004), cantante, attrice e infine curatrice del Fondo Pasolini.
Non è stata una passeggiata, ma di sicuro qualcosa di profondo e di prezioso:“Le uniche scuole davvero degne di essere frequentate sono quelle che non ci scegliamo e delle quali imbocchiamo la porta per caso”.
Alle difficoltà incontrate e al caratteraccio di Laura, il giovane Emanuele ha opposto una quieta impassibilità, un genere di indifferenza (vera o simulata che fosse) da mettere di fronte alle “minacce provenienti dal mondo”. Questo e non altro, in fondo, sono i dardi che riempiono le faretre delle persone non aggressive, dei timidi. Se essi sono immuni dalla rabbia, la inoculano in coloro che li preferiscono, li seguono o ne fanno la propria anima gemella. E’ il caso di Laura Betti, depositaria di una rabbia (che non ha mai il sapore di vero rancore) che ha trovato in Pier Paolo Pasolini il giusto incastro, la fonte di ispirazione, il senso compiuto.
Durante questa esperienza (1992) esce in volume Petrolio,“un grosso frammento, quello che resta di un’opera folle e visionaria, fuori dai codici, rivelatrice”. Come si è anticipato nella premessa, sembra provenire da un’altra dimensione (da un mondo parallelo) e non solo dal passato.
Per intenderci: se Petrolio fosse stato scritto oggi e non da Pasolini, cosa ne sarebbe stato? E’ come domandarsi: se il Don Chisciotte fosse stato scritto oggi e non da Cervantes, che significato si dovrebbe trarre dalla storia dell’hidalgo? Si tratterebbe di due opere completamente diverse, come suggerisce un illuminante racconto di Borges (Pierre Menard, autore del Chisciotte).
In quindici-vent’anni (tra il 1975 e il 1992) tutto è cambiato, il mestiere di scrittore è mutato radicalmente. La massima aspirazione di alcuni autori è quella di “essere amati da genitori e bambini, come Babbo Natale”, di essere politically correct, col rischio e la certezza di affossare il valore letterario di qualsiasi componimento, prosa o poesia che sia:
“Quella del poi è una letteratura che non pensa più nulla… dove l’eccellenza letteraria coincide sempre più con l’abilità a intrattenere”.
Non basta infatti il bello scrivere. Nel calamaio non si possono solo attingere la grammatica, la sintassi e il giusto ritmo. Quel che occorre sono gli “innominabili fanghi dove pullulano desideri e aspirazioni, ricordi più vasti e oscuri di ogni parola, di ogni convenzione”. In sostanza si esige la capacità di guardarsi dentro ed essere onesti nel portare in superficie quanto vi troviamo.
Lo scrittore non deve rincorrere e assecondare eccessivamente il lettore, deve piuttosto gettare un sasso e attirarne l’attenzione verso la parte dove di solito non guarda.
Perché i migliori lettori sono proprio quelli che frequentano i margini (che sono poi un punto privilegiato di osservazione per cogliere una totalità nel suo insieme) e portano in sé il germe di quella sana follia che li distrae dalla massa. Essi soli sanno aggrapparsi a un’immagine, a una parola, a uno scrittore che a loro somigli, e sia
“… qualcuno che costringe i suoi lettori a confrontarsi con la loro viltà, la loro paura della vita, il loro asservimento”.
D’altro canto i migliori scrittori risiedono in un luogo lontano dai più dove ciascuno, se sollecitato, può tuttavia posare lo sguardo. La loro funzione è quella di sviare l’attenzione, essere “un fattore di squilibrio”. Tutto questo ha ben poco a che vedere con il bailamme di premi letterari e luci della ribalta. Non devono sostare dove ci si aspetta di trovarli. Solo così possono incontrare il loro destinatario privilegiato, l’anima gemella (come una Laura Betti e lo stesso Emanuele Trevi): si tratta sempre di un colpo di fulmine cui seguono “contraccolpi interiori”.
Emiliano Trevi a proposito non sbaglia nell’assimilare Pasolini a Lucignolo, considerando il compito di condurre qualsiasi Pinocchio nel Paese dei Balocchi. Perché il destino di Pinocchio, senza Lucignolo, non avrebbe trovato il suo compimento. Pinocchio si salva (il lettore che coglie il senso dell’opera, i suoi richiami, i suoi ammonimenti). Non necessariamente lo scrittore (esiliato, contestato, se non ucciso).
Tornando a noi, cos’è esattamente Petrolio? Un insieme di frammenti, un romanzo, un saggio? Sicuramente è “qualcosa di scritto”:
“… la mia decisione è quella non di scrivere una storia, ma di costruire una forma… una forma consistente semplicemente in qualcosa di scritto” (Petrolio, appunto 37).
Il romanzo raccontala storia di Carlo, del suo sdoppiamento. Entrambi i personaggi, (Carlo I o semplicemente Carlo e Carlo II o semplicemente Karl), sono destinati a una metamorfosi reversibile: entrambi diventano donne, e da donne torneranno uomini, cioè
nella condizione di partenza, quasi a voler far rivivere su altre basi il mito di Tiresia – raccontato anche nelle Metamorfosi di Ovidio – nel quale, per l’appunto, l’androginia implica “un vertiginoso aumento di conoscenza attraverso la metamorfosi, l’iniziazione a un superiore regime di verità”:“Se ogni metamorfosi è conoscenza, il cambio di sesso è la conoscenza perfetta”.
Un modo forte per sottolineare come la conoscenza più intima e profonda sia quella sensoriale, fisica, corporea. Le elucubrazioni intellettuali rappresentano in sé una forma limitata di conoscenza, potendo essere, come spesso accade, foriere di malintesi e, nel gioco dei sillogismi, di qui pro quo assurdi.
In questo senso, chiarisce l’autore, Petrolio va letto per quello che è: una iniziazione che, attraverso il gioco delle metamorfosi, porta a una rivelazione altrimenti irraggiungibile: la quale è tutt’altro che propizia, di fatto apocalittica, concludendosi in un grido d’allarme, come evidenziato già in premessa. Lo scrittore che si pone ai margini tira sassi all’umanità, con le sue opere non si stanca di gridare: “tornate indietro”, pur sapendo che nessuno gli presterà ascolto.
Si impone ora una domanda cruciale: come comprendere senza equivoci il contenuto di quest’opera? E’ necessario in primo luogo dismettere la veste del critico letterario tout court o del moralista. Un’opera del genere o la si capisce o non la si capisce. Perché questo sia possibile c’è solo una strada, il coraggio dell’immedesimazione. Occorre acquisire la capacità (e la sensibilità) di osservare la realtà con gli occhi degli altri e non solamente con i propri (chi può farlo non avrà che bearsi di una condizione privilegiata ed elitaria). L’alternativa è unicamente il fraintendimento.
Possiamo ora tentare di rispondere alla questione lasciata in sospeso:
le contraddizioni del nostro tempo esigono un prezzo assai salato che è la contaminazione, la corruzione. Ma di chi?
Chiave di volta di Petrolio sembra essere l’appunto 34 bis dove si dice:
“Il Male non è che un’esperienza transitoria, non sta né nel Principio, né nella fine. Bisogna passarci in mezzo, ecco tutto”
Quello che segue sembra essere una chiave di lettura: “Dovevo usare il peggiore per farlo diventare il migliore e di una arbitraria contraddizione di termini per far trionfare l’assenza di contraddizione…”
L’ambiguità vera è la santità (dono del diavolo), la verità (conquistata attraverso la menzogna), la rivelazione avvenuta attraverso i peggiori sentimenti.
Da una parte vi è lo spirito piccolo borghese che su tutto aleggia e ogni cosa possiede con voglia rapace e avida. Esso avvolge le proprie antinomie in un velo di perbenismo e moralismo, volendo di santità e di verità; dall’altra vi è il controverso Pasolini, i controversi suoi personaggi che in superficie vengono additati come ambigui e tuttavia rimangono intatti, incontaminati nel loro possedere nulla e non appartenere a niente.
Se lo scandalo c’è, questo sussiste altrove, non certo all’interno delle pagine di Petrolio. E’ questo il messaggio che instancabilmente è espresso dai curatori e dai gestori del Fondo Pasolini:
“L’unica realtà che pulsava col ritmo e l’affanno della verità era quella - spiegata – della produzione, della difesa della moneta, della manutenzione delle istituzioni essenziali al nuovo potere, e non erano certamente le scuole, né gli ospedali.” (Enzo Siciliano, Vita di Pasolini) .
Nel frattempo ben pochi scrittori o intellettuali avevano il coraggio di alzare la voce, di protestare, puntare il dito su quello che aveva spaventato uomini come Pasolini e, perché no, Philip Dick.
Nota bibliografica:
1. Pier Paolo Pasolini, Petrolio, Einaudi, Torino 1992
2. Enzo Siciliano, Un appunto su petrolio (2003) in Vita di Pasolini, Mondadori, Milano 2005
Interviste e interventi:
- Intervista a Pasolini (1971) http://www.youtube.com/watch?v=LFgmN7O0i30
- Pasolini e l’omologazione: http://www.youtube.com/watch?v=2b_Jr3z3LUI