Recensione: Requiem for the Indifferent - Epica

Da Luciferkitty @MicheleAFGreco

  • Genere principale:
    Symphonic metal
  • Influenze maggiori
    Progressive metal,
    Progressive death metal,
    Symphonic black metal,
    Progressive thrash metal.
  • Influenze minori:
    Musica araba,
    Hard rock,
    Musica elettronica,
    Pop (solo per alcune linee vocali).

Qui trovate le mie valutazioni degli album precedenti.


Ho diviso la recensione di Requiem for the Indifferent in tre parti:
  1. Analisi e valutazione generale
  2. Analisi e pagelle track-by-track  
  3. Testi e argomenti
Continuate a leggere dopo il saltino!
Analisi e valutazione generaleA due anni e mezzo dal capolavoroDesign Your Universe, gli Epica ritornano con il loro quinto album: Requiem for the Indifferent.
Le aspettative erano altissime e tutti si chiedevano se gli Epica sarebbero riusciti a superare DYU. Rispondo subito: no, non ci sono riusciti. RftI è inferiore al precedente album e rappresenta un passo indietro a livello qualitativo, ma si prende comunque un ottimo secondo posto. 

In molti temevano che gli Epica potessero riciclarsi e perdere originalità, ma ciò non è successo. Non siamo certo di fronte a una rivoluzione, ma a un'evoluzione sì: RftI segue il percorso del predecessore e riprende anche qualche sfumatura dei primi tre album, ma vengono anche inseriti elementi nuovi. In particolare, sono state aumentate le influenze progressive.
È difficile fare un confronto con i due album precedenti e dire se questo sia più o meno estremo: le canzoni di Requiem for the Indifferent sono molto varie al loro interno e alternano parti tranquille e acustiche con parti aggressive e violente. Sembra di essere sulle montagne russe! I cambi di tempo e umore rendono più ostiche le canzoni, ma aumentano anche la varietà e l'imprevedibilità dell'album. 
Ad amplificare quest'effetto ci pensa il contrasto voce-musica: ci sono blast-beat e sfuriate death, black e thrash, ma di contro le linee vocali si sono fatte più melodiche e orecchiabili e il growl è stato diminuito. Il dinamismo creato dalla contrapposizione voce-musica è reso ancora più evidente dall'alternarsi eccentrico di growl, voce pulita e cori: sembra quasi che si interrompano bruscamente a vicenda. 

Ma non sono solo le voci e guidare le canzoni. Anzi, tutt'altro: stavolta sono gli stupendi riff di chitarra a condurre le danze (l'album è decisamente guitar-oriented). 
Vanno anche sottolineati i miglioramenti tecnici di tutti i membri della band, sia per quanto riguarda il comparto strumentale (chitarre in primis) che vocale. Parlando di quest'ultimo, non solo Mark Jansen ha perfezionato il suo growl, ma anche Simone Simons è migliorata. La rossa frontwoman è diventata ancora più espressiva, versatile, padrona del proprio timbro e in grado di plasmarlo a piacimento. E questo vale sia per le parti moderne/leggere che per quelle liriche.
C'è da notare, però, che Simone 
si mantiene per quasi tutto l'album su un registro medio, con qualche nota grave e pochi acuti. Considerando la sua notevole estensione, non si capisce il perché di questa scelta. Non fraintendete: gli acuti ci sono eccome, specie quando Simone canta col coro e quando usa il registro lirico. Però sono stati numericamente ridotti rispetto al passato. 

Requiem for the Indifferent è un diamante grezzo: sarebbe potuto essere un capolavoro, ma si perde in errori stupidi e facilmente evitabili. Le canzoni sono quasi tutte di livello eccelso e prese da sole funzionano alla grande, ma è il quadro generale a stridere. Questo accade per la poca coesione generata dalle intro slegate dalla canzone successiva, ma anche da alcuni finali bruscamente troncati. Inoltre, alcune soluzioni vengono sfruttate in troppe occasioni. L'impressione è che ogni singola canzone voglia dire tutto e riassumere tutti gli elementi dell'album, ma così facendo si rischia di essere ripetitivi e prolissi. 

Riassumendo, Requiem for the Indifferent è molto complesso e richiede molti ascolti per essere capito e digerito, ma ne vale la pena. Purtroppo gli ascolti non fanno sparire i difetti, però rendono più evidenti i pregi. Non siamo al livello di Design Your Universe, ma questo è comunque un album notevole.  

    Analisi e pagelle track-by-track
  1. Karma (Prelude) [Musica: Jansen, Janssen, Simons / Testo: Jansen] - 1:32
    I tamburi e i flauti immergono in un'atmosfera apocalittica che, con l'arrivo del coro, diventa prima lieve e poi maestosa. Le voci si intersecano con eleganza (un applauso al coro!) e l'orchestra crea un clima onirico e surreale.
    Questa è una delle migliori intro degli Epica, superata solo da Indigo. Peccato però che Karma sia completamente slegata dalla traccia successiva.
  2. Monopoly on Truth [Musica: Delahaye, Jansen, Simons  / Testo: Jansen, Simons] - 7:11
    Voto: 9
    I blast-beat e i cori irrompono violenti prima dell'entrata in scena di Mark e Simone. Quest'ultima colpisce l'ascoltatore con linee vocali moderne e diverse dal solito, alternate alle parti violente in cui domina Mark.
    Nei primi quattro minuti la canzone segue una struttura canonica e ripetitiva, ma sorprende nella seconda metà. Dopo un beve interludio elettronico, prima arrivano dei riff  che ricordano un po' il bridge di The Obsessive Devotion, poi i cori iniziano a duettare con una Simone catchy e al limite del pop. L'orgasmo uditivo arriva quando la cantante viene lasciata da sola con gli archi e scatena la sua espressività. Infine, l'assolo di chitarra (un palese omaggio a quello di Stairway to Heaven dei Led Zeppelin) chiude in bellezza la traccia.
  3. Storm the Sorrow [Musica: Janssen, Simons  / Testo: Simons] - 5:12
    Voto: 7+
    Il primo singolo estratto dall'album fa davvero bene il suo lavoro: è orecchiabile, catchy, con un ritornello che entra in testa e non esce più. Insomma, il singolo perfetto! Considerando questa canzone come traccia dell'album, però, risulta leggermente fuori contesto e monotona. Unleashed, il primo singolo dell'album precedente, era decisamente superiore per qualità e utilità.
    Ad ogni modo, Storm the Sorrow è una traccia godibile e carina, anche grazie alle tentazioni elettroniche e al bellissimo bridge.
  4. Delirium [Musica: Janssen, Delahaye, Simons  / Testo: Simons] - 6:07
    Voto: 7,5
    Un suggestivo coro muto ci introduce in un'atmosfera mistica, spezzata solo dall'arrivo del pianoforte. Simone, incredibilmente espressiva, tesse linee vocali dolci e delicate, ma anche davvero orecchiabili ed emozionanti. Quasi scappa una lacrima durante l'ascolto di questa ballad!
    Simone dà vita a un'ottima prova vocale, soprattutto per via delle note basse (ce n'è una molto bassa, anche se lei la canta sussurrando).
    Il problema della canzone è che manca un climax vocale, un'esplosione di acuti ed emozioni. Neppure l'assolo di chitarra riesce a renderla meno moscia. Tides of Time non è stata superata e rimane la ballad definitiva degli Epica.
  5. Internal Warfare [Musica: Jansen, Delahaye, Janssen / Testo: Simons] - 5:12
    Voto: 9
    La precedente ballad era la calma prima della tempesta, perché Internal Warfare risveglia violentemente l'ascoltatore. Le orchestrazioni apocalittiche, assieme alle chitarre marziali e alla batteria devastante, creano dei passaggi degni dei Dimmu Borgir.
    In questo contesto, le melodie vocali al limite del pop di Simone creano un contrasto davvero geniale.
    I riff death del bridge accompagnano l'alternarsi di coro e growl, che culmina nel duetto di chitarre e tastiere prog dell'assolo. 
  6. Requiem for the Indifferent [Musica: Jansen, Delahaye / Testo: Jansen] - 8:34
    Voto: 9-
    Ed eccoci arrivati alla title-track, che è anche la traccia più complessa dell'album. Si apre con delle chitarre southern rock e dei gorgheggi vocali dal sapore arabeggiante, che avanzano in un climax fino all'intervento del growl. Nelle strofe, dei riff di chitarra ipnotici sostengono una Simone cadenzata e spezzata ritmicamente da delle parti parlate (di Ariën van Weesenbeek). Il ritornello è un'esplosione di cori con un botta e risposta tra voci maschili e femminili.
    Questa canzone è davvero varia e ricca di elementi: accelerazioni death con tanto di growl, orchestrazioni diaboliche, parti ambient, break acustico in stile Opeth e un uso dei cori vagamente alla Therion.
    Insomma, questa canzone è devastante! Ha solo un difetto: il finale è stato troncato in modo innaturale.
  7. Anima (Interlude)  [Musica: Jansen] - 1:24
    Si tratta di un malinconico interludio di piano. Domanda: che c'azzecca? Non solo quest'interludio è completamente slegato dalla traccia successiva, ma non c'entra proprio nulla con l'album. Anima è un pugno in un occhio, la ciliegina sulle lasagne. 
  8. Guilty Demeanor [Musica: Jansen / Testo: Jansen] - 3:22
    Voto: 3
    L'inizio cadenzato e maestoso ricorda le tentazioni gotiche dei primi After Forever. Questo ritorno di fiamma anacronistico e fine a se stesso non fa che peggiorare nel resto della canzone, che è una delle più brutte mai composte dagli Epica. Come si fa a ripetere sei volte il ritornello in tre minuti di canzone? Che noia! Che nausea! Neppure lo strano e particolare cantato di Simone riesce a risollevare la canzone. 
  9. Deep Water Horizon [Musica: Jansen, Delahaye, Janssen / Testo: Simons] - 6:31
    Voto: 8,5
    Un delicato arpeggio di chitarra acustica introduce questa semi-ballad in cui Simone mette ancora alla prova la sua incredibile espressività. La canzone parte lenta e poi accelera, alternando parti melodiche con sfuriate violente.
    Il ritornello è geniale nella sua potenza melodica e catchy. A rovinare l'idillio ci pensa il finale che, come nella title-track, risulta forzato. 
  10. Stay the Course [Musica: Jansen, Delahaye, Janssen / Testo: Jansen] - 4:25
    Voto: 9
    Fin dall'inizio di questa canzone, è evidente l'influenza dei MaYaN. I riff death e il growl predominano sulle cattivissime orchestrazioni, che rimangono sullo sfondo.
    Il ritornello, cantato da Simone, stupisce con la sua forza melodica che non fa altro che accentuare l'aggressività che la circonda. Lo stesso avviene nel bridge, in cui, dopo una delicata parte cantata da Simone, il growl e le chitarre si scatenano in una prova di violenza. Questa canzone è davvero aggressiva e cattiva, arricchita da riff di chitarra molto belli. Inoltre, c'è pure una trovata geniale: nelle strofe Simone spezza il growl in un modo suadente e ipnotico, come una sirena che incanta i marinai. 
  11. Deter the Tyrant [Musica: Jansen, Delahaye / Testo: Jansen] - 6:37
    Voto: 9
    Un riff di chitarra davvero ispirato apre una canzone che rimanda ai Dream Theatre, ma in versione arabeggiante. Le linee vocali di Simone sono moderne e accattivanti, il ritornello fa venire voglia di cantare a squarciagola e a metà canzone c'è una parte molto incisiva destinata a stamparsi nella mente dell'ascoltatore.
    L'atmosfera della canzone viene resa più tesa dagli ottimi cori e dale campionature prese da un discorso di Gheddafi. Infine, vanno sottolineate la bellezza del break orientaleggiante e la spettacolarità dell'assolo di chitarra.
  12. Avalanche  [Musica: Jansen, Delahaye, Janssen / Testo: Simons] - 6:52
    Voto: 9+
    Un inizio cupo e minaccioso, tra note di tastiera e sprazzi elettronici, potrebbe far pensare a una ballad. Be', non lo è. Questa canzone cresce tra le melodie catchy di Simone e le sfuriate in growl, alternate con dei cambi di tempo e umore molto prog.
    Il bridge di Avalanche è il momento più alto dell'album: tra cori e chitarre dissonanti con un riff da brivido, Simone dà sfogo al suo registro lirico con delle linee vocali geniali. E poi ancora cambi improvvisi, variazioni, aggressività alternata a calma.
    Dopo l'ottimo assolo, esplode una sfuriata simil-black per poi lasciare il posto a un finale delicato e mistico.
  13. Serenade of Self-Destruction [Musica: Jansen, Delahaye, Janssen / Testo: Simons] - 9:51
    Voto: 9-
    Un malinconico pianoforte e dei vocalizzi delicati: così inizia la traccia di chiusura dell'album. Ma l'atmosfera non attarda a surriscaldarsi, scatenandosi in un'accelerazione da cardiopalma di blast-beat,  orchestrazioni e chitarre. La prima strofa, quasi solo in growl, viene spezzata da Simone che, dopo un pezzo molto moderno, libera il suo registro lirico nell'emozionante ritornello. La seconda strofa si mostra invertita rispetto alla prima e le melodie moderne di Simone prendono il sopravvento sul growl. Dopo il secondo ritornello, la situazione si calma sfociando in un break arabeggiante in stile Myrath, roba da Prince of Persia o danza del ventre. Da brividi il cantato orientaleggiante di Simone prima dei cori. Da qui in poi è tutto un susseguirsi di accelerazioni, parti melodiche alternate a parti cattivissime. L'esplosione vocale finale termina all'improvviso, lasciando il posto a una chiusura morbida ed elegante.
  14. Twin Flames (soundtrack version) - bonus track  [Musica: Jansen / Testo: Jansen] - 5:02
    Voto: 8+
    La prima bonus track dell'album è una ballad molto in stile Disney (in senso buono). L'argomento amoroso è trattato con un testo dolcissimo, quasi smielato. L'atmosfera è delicata, soffusa, romantica, spezzata solo dai vocalizzi piuttosto acuti di Simone. Dopo una crescita vocale, la canzone sfuma in una chiusura soffice. 
  15. Nostalgia - bonus track [Musica: Jansen / Testo: Jansen] - 3:26
    Voto: 6,5
    Dei violini accattivanti introducono la seconda bonus track dell'album. Si tratta di una mid-tempo molto ritmata, cadenzata, quasi ipnotica. Tutto sommato è una traccia carina, ma nulla di spettacolare. Insomma, si sente che è una b-side!
    Da sottolineare, però, l'ottima prova di Simone, sia come espressività che vocalmente (ci sono delle interessanti parti in lirico).
  16. Twin Flames (regular version) - bonus track  [Musica: Jansen / Testo: Jansen] - 4:47
    Voto: 4
    La terza b-side dell'album è Twin Flames in una versione meno soffusa e più orchestrale. Be', la soundtrack version è di gran lunga preferibile! La versione regular è eccessiva e l'atmosfera viene deturpata da un organetto da pianobar. 

Testi e argomentiIn quest'album, gli Epica hanno deciso di trattare: la primavera araba, il disastro petrolifero del Golfo del Messico, gli attentati in Norvegia, la crisi economica, il fondamentalismo religioso e la libertà d'informazione. Ci sono anche testi più intimi e psicologici, tra cui uno sullo stato d'animo durante la malattia fisica, uno sull'affrontare le critiche, uno sull'essere se stessi e il non omologarsi alla massa. Infine, c'è anche una canzone che parla del suicidio visto attraverso varie culture, mentre le bonus track sono a tema sentimentale/amoroso.

  • I testi di Mark Jansen sono un po' asettici e scontati.
  • I testi di Simone Simons, invece, sono da applausi sia nelle parti più introspettive che in quelle più politico-sociali. La rossa frontwoman, mai scontata e mai banale, ha trovato delle metafore suggestive e delle riflessioni argute e interessanti. Lei non ti guarda dall'alto in basso, non vuole insegnarti nulla, ma si mette al tuo stesso livello e cerca di ragionare insieme a te.  
Formazione: 
  • Simone Simons – voce
  • Mark Jansen – chitarra ritmica, scream & growl
  • Isaac Delahaye – chitarra solista
  • Coen Janssen – tastiere
  • Yves Huts – basso
  • Ariën van Weesenbeek – batteria, growl & grunt e parlato

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