Mi sto stupendo di me stessa e della velocità con la quale scrivo recensioni in questi giorni. Non che sia lontanamente soddisfatta del risultato, ma tant’è: mi sono imposta di mettermi in pari con gli arretrati e sto rileggendo vari romanzi, giusto per scriverne qualcosa e perché mi va, e perciò mi accontento di quel che viene fuori. Quello di oggi, in particolare, è uno di quei libri che ho amato dal primo istante e che mi è arrivato in piena faccia, e stomaco, nel momento giusto.
Resta sempre qui
di Gayle Forman
TITOLO ORIGINALE: Where she went
EDITORE: Inedito in Italia
TRADUTTORE: Maurizio Bartocci
ANNO: 2014
PAGINE: 265
La serie If I stay è così composta:
#1 Resta anche domani (If I say) | #2 Resta sempre qui (Where she went)
Sono passati tre anni dall’incidente che ha cambiato per sempre la vita di Mia e Adam e che li ha separati. Solo la musica ha ricucito lo strappo che si è aperto nelle loro esistenze. Mia è un astro nascente della musica classica. Adam è una rockstar, inseguita e acclamata dai fan di tutto il mondo. I loro occhi tornano a incrociarsi per caso una sera a New York, durante un concerto di Mia alla Carnegie Hall. Mia, l’unico volto che Adam abbia mai cercato in quelli delle sue fan, e nei suoi ricordi. La musica fa vibrare il passato, risveglia emozioni perdute, colma i vuoti nel cuore di Adam. Quando le loro dita tornano a sfiorarsi, tutte le inquietudini si placano: l’alba svelerà a entrambi che la promessa che Adam ha fatto a Mia – il suo segreto, la sua vergogna – in realtà è la loro unica salvezza.
· Recensione ·
La sapete la storia di quel cane che ha passato la vita a inseguire le macchine e quando alla fine ne ha presa una non sapeva cosa farci?
Quel cane sono io.
Ho letto questo romanzo, credo, tre volte. La prima in inglese, non appena terminato il primo volume della duologia, incapace di attendere l’uscita italiana per sapere cosa ne sarebbe stato di Mia una volta aperti gli occhi. La seconda l’anno scorso quando è arrivato finalmente anche sui nostri scaffali mentre la terza ieri sera, quando, be’, non so, un strana angoscia mi ha preso allo stomaco e sapevo che Adam avrebbe capito e aiutato. Perché, sì, questa più che di Mia è la storia di Adam e di quel che è diventato, o di quel che di lui è rimasto, dopo che lei se n’è andata e non l’ha più cercato. Ora, tre anni dopo, Adam è un affermata rockstar, i suoi sogni hanno preso vita e ha accanto una delle attrici più famose del momento; ma non tutto è come ha sempre immaginato: la band gli sta stretta, tutti i suoi silenzi non vengono più compresi, la sua relazione vede la presenza costante di un fantasma, la musica sta cominciando a essere un peso e una fonte d’ansia, e più che vivere manda avanti le giornate imbottito di pillole e nicotina nella speranza che i giorni passino uno dopo l’altro senza la minima voglia di renderli importanti. Finché una sera, alla vigilia della partenza per Londra, per caso, si imbatte in un cartellone che annuncia un concerto di Mia. Resistere è impossibile, la decisione è presa prima ancora che abbia la capacità di comprenderla: assisterà al concerto, ma in disparte, nella speranza di non essere notato da nessuno, specialmente da lei. Nella speranza di mettere un punto, chiudere un discorso in cui non ha mai avuto possibilità di parola. Di ritrovare, anche, se stesso e rimettere insieme i cocci di sé che Mia ha rotto inevitabilmente sparendo nel vuoto.
Ma non tutto va come aveva previsto. Né questo è il seguito che ci si poteva attendere da Forman. È semmai un romanzo che spiazza. Se lo stile rimane quello del primo romanzo, pieno di flashback che aggiornano su quel che è successo nel frattempo e ci danno conto delle vicende che sono accadute negli ultimi tre anni, cambia il sentimento di fondo. Per me Resta anche domani era un inno alla vita, ai sopravvissuti che nonostante tutto non solo tiravano avanti ma avevano anche il coraggio di riprendere a vivere; Resta anche domani, al contrario, è duro, privo di speranza, marchiato indelebilmente del dolore che Adam non sa dire, sopportare né superare, permeato da un senso profondo di disagio verso l’esistenza che a tratti toglie il fiato, perché fa davvero male leggere i pensieri del suo narratore, vedere com’è ridotto e quanta poca fiducia abbia nel domani. Ma credo che proprio per questo suo tono più intimistico e di sicuro pessimistico sia molto più vero, di impatto maggiore: non c’è delicatezza nel dolore, non ci sono buoni sentimenti quando stai annegando ma solo l’istinto di sopravvivenza e i meccanismi di difesa che tengono alla larga chiunque possa ferirti. Adam è spietato coi compagni, meschino persino coi giornalisti, arrabbiato col mondo intero perché l’unica persona con cui è arrabbiato e con cui dovrebbe fare i conti non c’è. E lo si comprende. Si sente quel senso di inadeguatezza nel vivere nella propria pelle, quell’angoscia di scoprire che è di nuovo mattina e ci sono degli impegni da rispettare nonostante tutta la voglia di rimanere a letto, quel senso anche di masochismo che lo spinge a entrare in una sala concerti solo per poterla sentire suonare. E si percepisce l’angoscia del trovarsi di fronte chi ha infestato i propri incubi, distrutto la tua vita e mandato in fiamme tutto quello che significava stare assieme. Si sente l’amore, quello vero, l’altra faccia della medaglia di cui in pochi sanno parlare così bene e così a fondo. Quello che ti toglie il fiato per la sua improvvisa assenza, rende le giornate vuote e che, sì, può persino far perdere la voglia di dar colore alla vita. Ma di cui nonostante tutto non sai fare a meno né vuoi. E quando ad Adam si presenta l’opportunità di trascorrere le ore che gli restano prima della partenza in giro per la città con Mia, anche lei pronta a lasciare New York per il Giappone, accetta.
E qui entra in scena l’imponente capacità di un’autrice di dilatare il tempo e rendere ogni istante pregnante. Tutto si svolge in una sola notte, in cui paradossalmente si ricostruiscono macerie, si abbattono dighe e si tirano su nuove mura di protezione, ma ogni singolo attimo è così intenso, carico di significato e ricco di promesse da rendere questo romanzo, anche per questo motivo, decisamente superiore al precedente. E consigliatissimo a chi non ha paura di scavare dentro all’amore per scoprire quanto fa male, e bene al tempo stesso. Un libro catartico, insomma.
«All’inizio non potevo telefonarti.»
«Perché?» grido. «Perché no?»
Adesso mi guarda in faccia. Il vento le sferza i capelli spingendoli verso di me, facendola sembrare una specie di strega mistica, bella, potente, temibile allo stesso tempo. Scuote la testa e fa per distogliere lo sguardo.
Oh, no! Siamo arrivati fino a qui. Può mandare tutto all’aria, se vuole, ma non senza dirmi niente. La afferro e la faccio voltare.
«Perché no? Dimmelo. Me lo devi!»
Mi guarda dritto gli occhi. Prende la mira. Poi preme il grilletto. «Perché ti odiavo.»
Il vento, il rumore, tutto tace per un momento, e nelle orecchie mi resta solo un fischio, come dopo un concerto, o dopo che l’elettrocardiogramma sul monitor diventa una linea piatta.
«Mi odiavi? Perché?»
«Tu mi hai fatto restare!» dice con un filo di voce che si perde quasi nel vento e nel traffico, e non sono sicuro di aver capito. Ma poi lo ripete a voce più alta. «Mi hai fatto restare!»
5/5
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