Titolo: Rosso Placebo
Autore: Federica Forlini
Editore: Narcissus.me
Genere: Urban fantasy-sentimentale
ISBN: 9788868856281
Data di pubblicazione: 14-01-2014
Num. Pagine: 111
Prezzo: 0,99€
Dove trovarlo: Itunes Hoepli inMondadori Amazon
Voto:
Trama: Tordemma non è una città come le altre; nuove forze oscure minacciano i precari equilibri tra esseri umani e demoni, portando entrambi verso un inevitabile baratro.
In un mondo tetro, freddo, che non ha molto da offrire salvo una tiepida speranza, Violet, da sempre alla ricerca dell'amore incontrerà Alan: un maledetto, un vampiro. Guidata da un sentimento annientante, travolgente, dilaniante, la ragazza gli darà il suo sangue per salvarlo, per strapparlo alla morte certa che minaccia costantemente ogni singola creatura, in attesa che si compia la profezia.
Che ruolo avrà La Madre negli inquietanti avvenimenti accaduti a Tordemma? Chi scamperà alla furia del giustiziere e del suo flagello? E soprattutto: quale sarà il significato del ciondolo a farfalla, così vicino a Violet da illuminarsi ogni volta che si lascia succhiare dal vampiro?
Recensione: In Rosso Placebo è presente una notevole corrispondenza tra l'ambiente (Tordemma) e il modo di essere, di sentire della protagonista quindicenne.
Violet Grey assomiglia in tutto e per tutto a una comune adolescente. Alle prese con i turbamenti della sua età, si pone sin da subito ai margini di una vita sociale alla quale stenta ad appartenere. Tuttavia c'è qualcosa in più: il suo modo di vestire, il colore rosso che predilige insieme al nero, costruiscono intorno un ruolo che la fa apparire più figlia di Tordemma (sulla quale imperversa un fosco vaticinio prossimo a realizzarsi) che dei suoi genitori. Nella cittadina scura e grigia si mimetizza, fa propri i suoi colori e il gelo di sottofondo, lo stesso da cui uscirebbe volentieri se incontrasse la persona giusta. Ecco che abbonda il nero della matita sotto l'occhio e prosegue la simmetria tra lei e il mondo esterno.
Insomma, la storia potrebbe in sé dar l'idea di un copione già visto innumerevoli volte, se non fosse per qualche elemento illuminante e degno di interesse. In sé, ben costruita, segue meticolosamente il canone, gli ingredienti ci sono tutti; è chiaro che non bastano questi per dare sostanza e consistenza a un romanzo che si innesta in un certo filone narrativo. Ci deve essere di più. Di seguito racconto quel che ci ho trovato.
Tordemma è simile a un guscio enorme, Violet sembra l'unica a rendersene conto. Denuncia la sua condizione di detenuta, che non è dissimile a quella degli altri.
Le alternative, se vi sono, non sembrano praticabili. La strada facile che vorrebbe percorrere, quella dei più, è gremita, affollata come non mai. Non vi è spazio per lei, nemmeno a incontrare la persona giusta, l'altra metà con la quale condividere il cuore. Per il momento è una farfalla nel bruco, rara, nera, come quella che le volteggia intorno e si posa tra le dita, o terrà al collo nella forma di un medaglione da lì a poco:
"Una farfalla nera..." Fatico a dirlo, con la voce rotta, mozzata da sorpresa ed entusiasmo. La Madre me la porge con calma, facendovi infrangere addosso i raggi del sole. Lucida, quasi brilla. Unica, magnifica.
In ciò c'è molto di più di una ragazzina che segue le suggestioni della filosofia nerd o di altre sottoculture giovanili ( dark, goth/punk), contenitori che spingono verso le medesime classificazioni da cui si vuole fuggire. [Un paradosso quello di distinguersi, separarsi per poi venire schedati con facilità].
Il destino della protagonista è quello della chiave di volta che, architettonicamente, regge su di sé (sulle spalle, di fatto, sul collo) il peso di tutta la costruzione prima di scaricarlo altrove. Senza la chiave di volta il tutto collasserebbe su se stesso.
Recupera in questo modo un'inconsapevole e alternativa centralità che collima poco con la posizione (ai margini) che crede di occupare. Conquista una nuova dimensione e, in fondo, anche un amore diverso da quello che vivono le sue compagne di scuola. E non sto parlando di un rapporto (quello con Alan) che segue la scia tracciata da Twilight et similia, ma di qualcosa che assume via via una consistenza particolare.
Vi è, tra l'altro, un'intensa introspezione che si accende come un faro su tutto quello che le sta intorno. Violet è un occhio che guarda un quadro, un mondo che non le appartiene. Misura, scandaglia ma è occhio che non è guardato, non è considerato. E di questo stare ai margini soffre fino a un certo punto, perché assume in sé la consistenza dei mostri, degli spettri che adora e, al pari di loro, diviene presenza-assenza.
"Dimmi, mia cara: perché mai un'anima bianca se ne va in giro vestita di nero?" [...]"Per sopravvivere in un mondo sporco a cui non appartiene."
In questo modo si è mantenuta intatta, non si è lasciata travolgere dalle trappole che hanno invischiato i suoi coetanei, gli insegnanti, i genitori stessi alle prese con una difficile separazione. L'amore di cui va in cerca, come si è ricordato, ha un significato diverso rispetto a quello vissuto e ostentato dalle sue coetanee. L'idea di libertà che ha chiara in testa è qualcosa di vivo, materico e palpabile, per definizione, sfuggente.
Violet vuole socializzare, desidera far parte della combriccola di amici che si scatena nelle feste, ma allo stesso tempo sa di entrare in spazi più angusti e soffocanti:
Forse non sarei dovuta uscire, visto che si fa tanto per trasgredire e poi ci si trova lo stesso con gli occhi verso l'alto in cerca del cambiamento, visto che l'unica cosa che mi soddisfa è possedere l'infinito, e qui non c'è. Dalla stanza di casa mia, la luna si vede meglio che da qui.
Quando Violet incontra Alan accade un piccolo miracolo. Prende finalmente coscienza di sé e afferra un altro metro di misura. Certo, il suo comportamento appare assurdo e incomprensibile se non si tiene conto di quanto si è detto fino a ora. Violet ha trovato il proprio spazio, il fiume o il mare in cui nuotare, con Alan è al di fuori da ciò che la imprigiona, anche se viene irretita da un placebo che attenua la spaventosa e terribile nuova condizione: quella di essere entrata nelle grinfie di un vampiro, nel senso terminologico di "sfruttatore senza scrupoli" (privo di anima).
Tra i placebi, il suo è più perfetto perché mischia in uno solo i colori preferiti: il nero della notte e il rosso del sangue di cui Alan si nutre suo malgrado. Ad alimentare il suo spirito è l'amore, ma non nel senso svenevole o dolciastro. La nuova dimensione è terribile: dal punto in cui si trova il mondo che conosce dà segni di cedimento e lei, piccola chiave di volta, interviene come può. Violet non è nelle condizioni di giudicare la natura del peso che è chiamata a sostenere. Anzi, prende in mano il destino e l'inevitabilità di situazioni che rendono superfluo e impongono di sospendere qualsiasi giudizio (o pregiudizio che sia). Accetta il proprio ruolo e vi si dedica con una dedizione quasi assurda, colorata dell'amore che prova per Alan che non ammette condizioni, fino a spingersi verso il delirio e la follia (nel senso di amour fou).
Insomma: Alan e Violet innescano un meccanismo di cui non conoscono la portata (salvo un cenno a Romeo e Giulietta di Shakespeare), e che sarà perno delle vicende fino alla conclusione.