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[Recensione] Scrittura civile – Studi sull’opera di Dacia Maraini, a cura di Juan Carlos de Miguel y Canuto

Creato il 02 agosto 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

Scrittura civile. Studi sull'opera di Dacia MarainiAutore: AA.VV
Titolo: Scrittura Civile – Studi sull’opera di Dacia Maraini
A cura di: Juan Carlos de Miguel Y Canuto
Editore: Giulio Perrone Editore
Anno: 2010
ISBN: 9788860041678
Pagine: 397
Prezzo: € 21,00
Voto: [Recensione] Scrittura civile – Studi sull’opera di Dacia Maraini, a cura di Juan Carlos de Miguel y Canuto

Premessa: Si tratta di una raccolta di interventi di varia natura, un pregevole ed esauriente invito alla lettura di una scrittrice che vale la pena di conoscere e di incontrare. A lettura ultimata ho raccolto gli spunti che seguono, gli aspetti che mi hanno maggiormente colpito.

Contenuto: Di Dacia Maraini affascinano la militanza letteraria e civile, il voler avere esperienza diretta e mai mediata di ciò che si scrive, la presenza assidua nella realtà quotidiana rappresentata nella pagina scritta, sotto forma di romanzo o poesia. Non mancano il giornalismo,  il viaggio, la materia prima e viva del teatro. L’amata scrittura non emerge quindi dal chiuso di una torre eburnea, ma in prima linea, all’aperto.

Memorie di una ladra
Dacia Maraini ha partecipato attivamente alle lotte femministe, culminate nelle “Memorie di una Ladra” del 1972, dalle quali è stato tratto il film con Monica Vitti e nel quale l’autrice si è fatta carico  “della difficile esperienza di una donna vissuta ai margini della società”, dentro un guscio (la prigione) che tuttavia non è un guscio, perché al suo interno pare liberarsi dai malefici di un mondo  soggiogante. Come uscire da una prigione (ad esempio la torre eburnea di Marianna Ucrìa) evitando di entrare in un’altra, in che modo arginare “la sopraffazione del mondo paterno e il vuoto del corpo materno” da cui tutto è iniziato e, volendo, ricomincerà di nuovo? (La vacanza 1962, L’età del malessere, 1963). Perché anche la famiglia può rappresentare (e rappresenta) un luogo di solitudine.  

La strada è un’altra, quella di ritrovarsi sola, sì, ma almeno avere nelle mani un mondo da ricostruire, più simmetrico di quello in cui si è nate.

La questione femminile è tutta qui: nella mancata simmetria dei rapporti, nella mancata reciprocità tra dimensione maschile e femminile, questione più profonda e meno impalpabile della parità tra i sessi. E’ fondamentalmente questo che si ripercuote nel bisogno di Anna (La vacanza) di trovare nell’immediato una risposta a quanto vorrebbe e si rifiuta di domandare. Anna preferisce dissociarsi, chiudersi in spazi ancora più angusti, però suoi (non di altri), quindi sacri e inviolabili. Evade dal guscio rinchiudendosi in un altro.

Questa mancata reciprocità poteva riguardare anche il rapporto tra donna e donna, se è vero che ognuna tendeva a riconoscere nell’altra l’oggetto che era destinata a diventare. Il guscio è talmente assorbente che manca un proprio metro, l’occhio che guarda, di riflesso è sempre quello maschile. Non so se è chiaro. La donna raccontata da Dacia Maraini è assente a se stessa. E se è assente a se stessa paradossalmente corre il rischio di reagire facendo il verso all’uomo, perpetuando su altra scala gli errori di questo. Il rischio del femminismo era, tra le righe, una competizione senza soluzione di continuità con gli uomini, un modo come un altro per non risolvere nulla. Piuttosto se qualcosa doveva cambiare non era la donna, ma il termine stesso di paragone, cioè l’uomo. La strada da indicare è un’altra.

Potrebbe essere anche questo, alla fine, il senso della discussa canzone “Voglio una donna” di Vecchioni, di una ventina d’anni fa.

[Recensione] Scrittura civile – Studi sull’opera di Dacia Maraini, a cura di Juan Carlos de Miguel y Canuto

Accade forse questo a un certo tipo di “femminismo”: le donne tentano di uscire dal guscio  che separa le une dalle altre (per intenderci le figlie dalle loro madri), rinchiudendosi in uno più grande, perpetrando altrove l’asimmetria dei rapporti, la mancata reciprocità, l’incomunicabilità tra l’universo femminile e quello maschile, deleterio per entrambi.

L’idea di Dacia Maraini è stata sperimentata appieno nella sua vita, le donne dovranno alla fine romperlo questo guscio e uscirne, acquisendo  una nuova libertà, una rinnovata identità, nuovi spazi: l’incontro, il viaggio, magari la militanza civile oltre che letteraria.

Il primo rapporto recuperato in questa rinnovata libertà è quello genitoriale, alla base di tutti gli altri, come è ben rappresentato ne“La lunga vita di Mariana Ucrìa”: un rapporto che si pone per definizione e sostanza fuori dalle pieghe delle convenzioni, degli spazi precostituiti da altri, trattandosi di  “un amore profondo, autoalimentato e volutamente assente ai richiami sociali”, ciascuno dentro un guscio che unisce, simulacro dell’originaria placenta e per questo entrambi pesci fuor d’acqua, diversi perché distinti e distinguibili.

Marianna Ucrìa, come Dacia Maraini, sposerà il viaggio, non solo spirituale ma reale e cioè “fatto di navi, mantelli e cappelli”. Il rapporto con le altre donne muta di prospettiva e subentra “la complicità, la muta comprensione”.


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