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Titolo: Seppellitemi in cielo Autore: Stefano Ferri Editore: Robin Edizioni Numero di pagine: 240 Prezzo: € 14,00 Sinossi: Patrizia Mondelli, rampolla di una ricca famiglia, viene trovata morta suicida nell'abitacolo della sua auto. L'ispettore Giorgio Bonomi, prima di chiudere l'inchiesta di prassi, tenta di decifrare il messaggio, "Seppellitemi in cielo", che la ragazza ha lasciato accanto a sé. Un penoso colloquio col padre di Patrizia e il successivo esame dei diari diranno solo che la ragazza era appassionata di astrofisica e ancora innamorata dell'ex fidanzato Luca Giordani. Bonomi convoca in questura Luca, ma questi non riesce a far luce sul biglietto. Al termine dell'interrogatorio Luca si reca da un amico, Davide Rompani, e lo mette a parte di ciò che è emerso in commissariato. Quando gli cita il testo del messaggio, Davide viene folgorato da un ricordo capace di chiarirgliene il significato, e svela che Patrizia, negli ultimi mesi di vita, aveva mostrato interesse per un'agenzia di Houston (Texas) specializzata nello spedire in orbita le ceneri dei morti. Questo sarà soltanto l'inizio di una misteriosa e straordinaria serie di scoperte... La recensione
Seppellitemi in cielo. E' stato quel titolo diretto e poetico, scritto in stampatello su una copertina dai toni misteriosi e cupi - che ricorda molto lo stile ricercato di quelle della collana di thriller dalla Piemme, Linea Rossa – a incuriosirmi alla prima occhiata. Non conoscevo quest'autore che stava cercando un parere sincero sul suo romanzo d'esordio, e che con mio grande piacere aveva pensato a me, né conoscevo i temi presenti nel suo libro, edito dalla Robin Edizioni: una casa editrice che ha confezionato, almeno in quest'occasione, un volumetto in brossura comodo e pratico, senza nessun refuso o sbavatura, supportato da un ottimo lavoro di editing. Ormai a lettura ultimata, premetto che parlarne non sarà facilissimo. Quando si tratta di giudicare il lavoro di autori italiani mi trovo sempre in grande difficoltà, e sempre rimango un po' deluso. Tuttavia, mentre sul recente Atipico Vampiro di Giacomo Lucarini non avevo potuto esprimere un giudizio complessivo data la brevità del racconto, che mi aveva permesso di dare al libro un giudizio vago e intriso di una diplomazia tutta mia, per Seppellitemi in cielo vale un discorso a parte, anche se le conclusioni saranno all'incirca simili, immagino: con le sue 240 pagine, infatti, è un romanzo a tutti gli effetti e l'autore, il disponibilissimo Stefano Ferri, con il suo lavoro di pubblicitario e giornalista, ha fatto già una lunga gavetta in questo mondo che, certamente, conoscerà meglio di altri suoi più giovani colleghi. Partiamo dal nucleo delle vicende che, come quel bel titolo, intriga a colpo d'occhio: il suicidio inspiegabile di Patrizia Mondelli, una giovana con una famiglia esageratamente in vista e una passione smisurata per le parole segrete delle stelle. Si toglie la vita nella sua macchina dai vetri appannati e ricoperti da spessi strati di nastro adesivo, che hanno permesso ai gas di scarico di rimanere all'interno, mentre lei si addormentava per l'ultima volta con il cuore spezzato e un foglio di carta accanto. Una frase enigmatica che è un estremo desiderio. Un ricatto per un fidanzato cattivo, un tormento per un padre dilaniato dai sensi di colpa, un mistero da risolvere per l'ispettore Bonomi. La risposta sembrano conoscerla solo gli astri... Ho pensato immediatamente al “grande forse” di Cercando Alaska, a Uomini che odiano le donne e all'ossessione del vecchio zio di Harriet per i fiori secchi, all'aspetto che avrebbe avuto LoStrano mondo di Alex Woods secolorato di dramma e morte, ho pensato male. Ho pensato troppo. Questo è uno di quei romanzi che non regalano novità o colpi di scena che le poche righe della sinossi non abbiano già svelato in precedenza. Nelle prime cento pagine accade quello che la quarta di copertina svela; le altre cento sono uno stanco e lento trascinarsi sugli stessi argomenti. Non ho percepito il dolore, il pathos, i vari tipi d'amore. I personaggi, schivi e scialbi, non mi hanno parlato di loro e dei loro sentimenti, in attesa che la voce autoriale venisse a raccontarmi chi fossero, cosa facessero, da quali intenzioni fossero mossi. Mi ha lasciato indifferente; solo urtato – di tanto in tanto – per la discutibilità di alcune scelte sintattiche, più adatte a un articolo di giornale che a un'opera di narrativa. Tutto è asciutto, troppo. Un'aridità di sentimenti e sensazioni, a cui nemmeno le lacrime dei personaggi possono rimediare. Lacrime fasulle, per personaggi legati da un'unica cosa: l'ossessione per Patrizia. Una figlia adorata, una fidanzata oppressiva e dispettosa, un enigma continuo. Il personaggio più interessante, forse, ma che, per via della maniera antitetica e opposta con cui molti comprimari la percepivano in vita, è poco incisivo. Sbiadito, per il rigor mortis e le pene d'amor perduto. Tutti gli altri dovrebbero brillare della luce riflessa di lei, ma in Patrizia è stata riposta troppa fiducia – da parte mia e dello stesso autore. Lei è un buco nero; gli uomini intorno a lei vivono nel buio della sua scomparsa. Non hanno luce che illumini i loro poco convinti gesti; non hanno quella peculiare scintilla che li rende persone, non fantocci di carta.
Il fidanzato, il padre, il migliore amico e l'investigatore, che – dopo quell'ultimo caso – ha abbandonato il suo lavoro, hanno reazioni iperboliche, spropositate. Il signor Mondelli prova una riconoscenza ingiustificata nei confronti dell'ex poliziotto, come se avesse risolto chissà quale grande caso. Il suicidio della ragazza non ha nulla di inspiegabile e il suo ultimo messaggio viene chiarito da un amico che è sempre stato innamorato di Patrizia, complice inconsapevole del suicidio della giovane e delle sue ultime volontà, non da Bonomi. Inoltre, come non spendere qualche parola sulla mancanza di sensibilità di Luca, che, poco dopo il suicidio della sua ex, tutt'altro che sconvolto o rattristato, a un amico che gli chiede di Patrizia risponde: “Patrizia chi?!”. Nel suo corpo, sensi di colpa e neuroni sono presenti in quantità uguale: l'antipatia abbonda. La splendida e originale idea di base, poi, che vedeva coinvolta una società texana addetta a inviare le urne dei nostri cari nello spazio, scade banalmente con la comparsa di voluminosi manuali di astronomia, convocazioni dalla Nasa, riunioni alla Casa Bianca sotto lo sguardo del presidente degli Stati Uniti. Al lettore, semplicemente cascano le braccia, proprio come cascano all'investigatore Bonomi, che per ore e ore – e per noi che leggiamo, per pagine e pagine – deve assistere alle farneticazioni di un vecchio folle. Ma sarà vera follia, la sua? Seppellitemi in cielo poteva raccontare una storia ad ampio raggio, che è tutto tranne che superata in partenza: un tema tristemente attuale – il suicidio tra i giovani – e una procedura fantascientifica e lontana. Tuttavia il romanzo è di una maturità che, paradossalmente, lo rende acerbo. Ogni frase è pesante, densa di cose, con termini desueti, perifrasi abbondanti, uso e abuso di lunghe parentesi e punti esclamativi. Il linguaggio è antiquato, retorico, referenziale, artefatto: a “devo” si preferisce “debbo”, a “direttamente” è sostituito “brevi manu”, al posto di “poveraccio” è usato “tapino”, per riportare qualche esempio. Le descrizioni di luoghi e persone sono scarsissime, ma prolisse e minuziose sono quelle di dettagli astronomici che al lettore possono interessare fino a un certo punto. A me, personalmente, poco e niente. Due, tre pagine per spiegare come realizzare un fotomontaggio, ipotesi di follia e domande retoriche dall'utilità discutibile, l'inseguire a rotta di collo un mistero che effettivamente non c'è. In Seppellitemi in cielo, e lo dico con immenso dispiacere, ho trovato gli stessi difetti che riscontro nel cinema italiano e nella narrativa contemporanea, anche di un certo livello: la pretenziosità dilagante per mettere una toppa sulla poca efficacia di fondo. Il libro oscilla tra il mistery e la fantascienza, tra un thriller psicologico e un thriller dei sentimenti, ma, tra quei milioni di stelle in cui la povera di Patrizia spera di incontrare l'amore della sua vita anche da morta, non riesce a trovare una strada che sia solo sua, in grado di portarlo in quel luogo (ir)ragiungibile dell'anima in cui scatta naturalmente qualcosa che è simile al feeling. Al riconoscimento. Al colpo di fulmine. L'autore è evidentemente una persona che sa scrivere, ma è solo sotto quello strato artificioso di paroloni, azzardate figure retoriche e termini superati che pulsa la sua vena creativa. Da giornalista, dovrebbe limare il superfluo e giungere al cuore vero delle cose, in profondità, dove dorme la verità. Forse, liberarsi di un preciso bagaglio culturale che, talvolta, lo fa viaggiare pesante. Semplice e noto il messaggio finale: la vita è un mistero; la morte lo è ancora di più. Seppellitemi in cielo si domanda il perché, ma non trova risposta alla domanda. Il mio voto:★★
Il mio consiglio musicale: Lamb - Gabriel (I can Fly)
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