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Ennesima conferma per i fratelli de Roma.
Sicuramente il loro film più ambizioso e "grande", almeno negli spazi e nella scrittura.
Ma, a differenza di quello che dicono quasi tutti, forse non il migliore.
E così abbiamo visto tutto dei fratelloni romani.
Come ho già detto più volte posso tranquillamente affermare di essere un loro piccolo fan.
Del resto come si fa a non essere fan di due che da 15 anni si barcamenano in questo mondo senza riuscire mai letteralmente ad esplodere, di due che hanno passione e mestiere infinito, di due che hanno sempre piccole ma allo stesso tempo grandi idee.
E poi che bello vederli affrontare, alakubrickdenoaltre, ogni volta un genere diverso, dall'inclassificabile Zora la vampira al thriller da camera Piano 17, dalla fantascienza da cucina de L'arrivo di Wang all'horror da scantinato di Paura.
Ecco, non è un caso se ho citato varie stanze.
Perchè questo era un pò il marchio di fabbrica (mezza scelta, mezza necessità) dei film dei Manetti.
Un'ascensore in Piano 17.
Una cantina in Paura.
Una stanza in un bunker ne L'Arrivo di Wang.
Sempre un piccolissimo spazio.
Di necessità (gran) virtù.
Ecco, Song'e Napule in tal senso è il loro film più film, quello con più spazi, quello più "complesso", anche in fase di sceneggiatura. Insomma, non una piccolissima idea allungata all'inverosimile come negli altri casi, ma una scrittura classica, piena di cose, piene di svolte e movimenti, meno imbrigliata.
E ancora un genere diverso, una specie di polizziottesco post litteram in salsa neomelodica.
Me ne avevano parlato come del loro capolavoro (ripeto, loro, non tout court).
Beh, ho le mie riserve nel dirlo, secondo me rimane Piano 17 il loro film più inattaccabile e L'arrivo di Wang quello più geniale.
Ma c'è di buono anche qua, eccome.
Innanzi tutto la coppia di attori protagonisti è ottima.
Morelli è uno vero eh, uno che alla recitazione gli dà del tu.
Ed ha un carisma inside che non glie levi mai, qualsiasi cosa faccia.
Sorprendente è stato invece il per me "nuovo" Roja (che leggo aver partecipato a Diaz ma non lo ricordo).
Il suo personaggio, buono, ingenuo, sognatore, tenero e stralunato è reso alla perfezione.
Per non parlare di Sassanelli che dopo Rosso come il cielo ritrovo, confermandolo, come attore di livello.
Bravissima e molto molto naturale anche lei, a quanto leggo conosciutissima nel piccolo schermo.
Il panesalamismo dei Manetti in questo film, forse come non mai (a parte l'esordio), flirta continuamente con il trash. Ma del resto mai scelta fu più voluta, il trash è più nei contenuti che in altro.
Il successo dei cantantelli neomelodici napoletani (tristezza infinita), lo sfarzo e la pacchianeria dei matrimoni (ma, in questo, Reality è 5 spanne sopra), la grossolanità di alcuni personaggi.
I Manetti prendono alcuni aspetti del peggio del napoletanismo e li riportano, magari stereotipati sì, ma in maniera molto efficace.
Eppure se è vero che Napoli e i napoletani sono l'anima del film è anche vero che la città non ne esce certo massacrata, i vizi e le virtù in qualche modo si equivalgono.
E a ben vedere sono più i personaggi positivi che quelli negativi nel film.
Ci si diverte (il colloquio, l'incontro con la cassiera, quello, il primo, tra Paco e Lollo Love, la battuta su Angela), a volte l'atmosfera si fa nerissima (le foto dei morti di camorra), c'è azione, c'è tensione, c'è, come detto, più di una finestra trash.
Insomma, un miscuglio di stili e tematiche che i Manetti sanno maneggiare. Del resto il loro umorismo, latente o no, è notorio.
A volte mi sembra che si perdi il senso della misura (ad esempio nel racconto, troppo lungo, della tournee e nello spazio in generale che si dà alle parti cantate).
Ma se c'è qualcosa che mi ha fatto arricciare il naso più volte è tutta l'ultima parte, piena di sequenze e scelte secondo me non felicissime.
Servillo (fratello) dovrebbe avere l'età del ladruncolo nel camion, improponibile.
La scena dell'assessore che scappa in macchina e poi a piedi senza avvertire i carabinieri ma comportandosi da vero e proprio criminale è vicina al non sense.
Servillo, boss freddo e sanguinario, che spara da 20 metri (sbagliando e commettendo un omicidio non voluto) quando la vittima era stata immobilizzata e, da buon camorrista, avrebbe potuto "giocarci" quanto voleva ha ancora meno senso.
E ancora peggio costruita è la risoluzione dei conti finale, davvero debole ed improbabile.
Eh, peccato, fino a quel momento il film non prestava il fianco a nessuna critica (al di là dei giudizi generali insomma).
C'era ritmo, c'era un buon climax (il film è giocato su un countdown), c'erano tante piccole scelte che dimostravano una sceneggiatura abbastanza elaborata, non troppo lineare.
E c'era Morelli che imperversava col suo Lollo Love, vero e proprio mattatore.
Credo che questa rimanga una prova superata a pieni voti dai Manetti, un allargamento dei propri spazi e confini che, hanno dimostrato, rientra assolutamente nelle loro corde.
Eppure qualche cazzatella ce la mettono sempre (anche in Piano 17, nel finale, ce n'era una gigantesca).
Io son convinto che il loro capolavoro debba ancora venire.
E io sarò là, al 100%, a vederlo e celebrarlo
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