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Recensione: "Sono nel tuo sogno" di Isabel Abedi

Creato il 26 settembre 2011 da Lauragiussani
Titolo: Sono nel tuo sognoAutore: Isabel AbediEditore: CorbaccioData uscita: 22 settembre 2011Pagine:448Prezzo: 17,60 euro
Aveva sentito come una lacrima, una lacrima insopprimibile, come se qualcuno le avesse strappato un capello con una pinzetta. Quel che resta a Rebecca, sedici anni, mamma ad Amburgo e papà a Los Angeles, è una strana sensazione di vuoto e di paura. Ma poi Lucian salta fuori dal nulla: un ragazzo senza un passato, uno che non sa chi è né ricorda da dove viene. Un tipo strano e bellissimo e che dà a Rebecca la rassicurante impressione di non essere più sola…
Non si allontana mai da Rebecca, Lucian, il ragazzo del mistero, senza passato e senza ricordi. Rebecca è il suo unico punto fermo. La sogna tutte le notti. E anche Rebecca prova per lui un’attrazione che non riesce a spiegarsi. Ed entrambi cercano disperatamente di stare vicini.
Ma prima che riescano a svelare il mistero che li avvolge, vengono bruscamente separati. Con conseguenze terribili per tutti e due. Perché ciò che li unisce è molto più dell’amore.



RECENSIONE: Un urban fantasy a tema pseudo-angelico che spicca per originalità, senza tralasciare però anche qualche difetto...
(Attenzione: Spoiler!)
Libro molto atteso, a lungo bramato e letto nell’arco di una sola giornata. Un young adult a tema angelico ambientato tra Amburgo e Los Angeles. Originale? Sorprendentemente sì. Pregi? Molti. Difetti? Qualcuno.
Questa, in sintesi, la mia opinione sul romanzo. Entrando nei dettagli, un libro di una certa mole (oltre quattrocento pagine, font normale-piccolo) che pone al centro della vicenda Rebecca, giovane protagonista quasi diciassettenne. Becks vive ad Amburgo con la madre Janne e la compagna di lei, Spatz: un quadro familiare certamente insolito, soprattutto per un young adult. Ho molto apprezzato la naturalezza e la maturità con la quale l’autrice ha introdotto e portato avanti questo tema (il padre di Rebecca , Alec – migliore amico di Janne – vive ormai da diversi anni in America con la nuova moglie Michelle e la piccola Val).
Gli angeli custodi di Isobel Abedi non sono propriamente angeli. Nessuna figura celestiale dalla tunica immacolata e munita di ali, per intenderci. Si tratta invece di “accompagnatori”, esseri invisibili che nascono insieme a ciascun umano che si limitano a seguirlo, sempre e ovunque, spettatori passivi di un’esistenza che osservano ma che fondamentalmente non riescono a comprendere appieno. Un legame che non si interrompe con la morte umana, ma che al contrario si trasforma: l’accompagnatore diventa una sorta di guida e conduce il proprio umano in un “dopo” non ben specificato.
Una versione del tema angelico – o pseudo angelico, in questo caso – sicuramente originale, che prende le distanze da molti romanzi (sempre più simili tra loro) appartenenti a questo genere. Interpretazione quindi singolare e interessante, ma anche un po’ nebulosa e poco spiegata. In parte ciò è dovuto al fatto che lo stesso Lucian ignora la sua particolare natura, e in questo il lettore riesce anche ad anticiparlo un poco, sebbene la relazione accompagnatore-umano venga spiegata solo nell’ultima parte del romanzo. Nel complesso ci sono comunque alcuni quesiti ai quali l’autrice non risponde, o che addirittura proprio non si pone. Le regole sono abbastanza chiare, ma non sembra esserci alcuna precisa motivazione alla base. Per la serie: “E’ così e basta”. Intendiamoci: il discorso fila, la trama regge e tutto il resto. Solo, sarebbe stato forse curioso poter scavare più a fondo, tutto lì.Un accompagnatore “nasce” insieme al corrispondente umano e lo segue da vicino per tutta la vita (e oltre). Non è un custode, non veglia premurosamente su di lui. E’ un semplice osservatore, freddo e distaccato. Può tuttavia capitare che un accompagnatore venga “contagiato” dalle emozioni umane, al punto da desiderare fortemente di diventare umano. Una cosa piuttosto rara, ma prontamente esaudita. E così l’accompagnatore si sveglia, il corpo nudo e straordinariamente umano, la memoria completamente resettata. Non sa chi è, non conosce il suo passato, ma il fatto di non possedere impronte digitali o linee sul palmo della mano diventa fonte di perplessità, smarrimento e preoccupazione. In più tende a sognare il proprio umano – che, causa “amnesia” corrisponde ora a un volto sconosciuto – tra momenti di vita passata e qualche frangente futuro. Perché un accompagnatore dovrebbe voler diventare umano? La Abedi spiega che molte possono essere le motivazioni in grado di far scattare la molla: dalla necessità di salvare la vita al proprio umano (magari intenzionato a suicidarsi), alla desiderio improvviso di assaporare le gioie del mondo reale (l’amore per il disegno, l’arte e la pittura, ad esempio).
Nel caso di Lucian, si tratta di un sentimento ancora più forte. L’amore per Rebecca. Così, di punto in bianco, Lucian sente nascere in sé un’emozione, un sentimento profondo nei confronti di quella ragazza che segue – quasi con noncuranza – da tutta la vita. Da lì al desiderio di divenire umano il passo è breve. Il legame accompagnatore-umano persiste anche nella nuova situazione, attirandoli inesorabilmente l’uno verso l’altra (la separazione fisica, al contrario, provoca in entrambi disagio e –quando eccessiva – anche dolore). Lucian si risveglia quindi umano e senza memoria, i sogni popolati da una Rebecca che spazia dall’infanzia all’età attuale. Il destino vuole che i due si incrocino più volte, in modo apparentemente casuale (mentre a guidarli è il legame): Lucian fissa senza capire quella ragazza di cui conosce tante, troppe cose (come era vestita il primo giorno di scuola elementare, la chiacchierata avuta con il padre anni prima, l’incisione sul retro del ciondolo che porta sempre al collo, e via dicendo). Dal canto suo Rebecca non riesce a spiegarsi come sia possibile che quel ragazzo sia al corrente dei suoi ricordi più cari, dei suoi segreti più intimi.
Mi è piaciuto davvero molto il rincorrersi tra sogno e realtà dei due protagonisti, entrambi ignari della verità che li unisce. Alcune pecche tendono tuttavia a rovinarne l’atmosfera. Le reazioni di Lucian – proprio per via del fatto che sembra non possedere memoria della sua vita passata - sono certamente più sensate e credibili rispetto a quelle di Becks, che crolla come una pera cotta ai suoi piedi dopo averlo intravisto un paio di volte. Prima lo scambia per un molestatore, poi per una creatura non ben identificata… E l’attimo dopo ecco i baci e gli abbracci. Un difetto “classico”, per questo genere di letture.
Nella storia troviamo poi le immancabili lezioni scolastiche (dove però il prof. Tyger si rivela essere un personaggio davvero da riscoprire); Suse, la migliore amica; Sebastian, l’ex ragazzo di Becks (il rapporto tra i due è altalenante, ma quanto meno non si tratta del solito, banalissimo triangolo); Michelle, la fredda matrigna; Val, quel piccolo terremoto della sorellastra; Faye, che non è semplicemente la bambinaia di Val, ma permette di far luce – in tutti i sensi – sull’intera vicenda. Vi è poi un singolare intreccio tra presente e passato, una vecchia storia di famiglia che collega in modo sorprendente alcuni dei personaggi già presentati dall’autrice.
Molto belli i sogni e le premonizioni di Lucian, tutti incentrati su Rebecca, ovviamente. Compreso un incubo angosciante che vede la ragazza in pericolo, ma senza chiarirne la dinamica o le motivazioni. Vedendosi presente in quello stesso sogno, sporco del sangue di Becks, Lucian si convince di essere la causa di tutto ciò, e – per proteggerla da quell’imminente ma indesiderato futuro – cercherà di allontanarla da sé con ogni mezzo possibile.
E’ qui che entra in gioco uno dei personaggi che meno mi hanno convinta: Janne, madre di Becks e psicologa alla quale – coincidenza delle coincidenze – Lucian decide di rivolgersi perché tormentato dai sogni su quella che, all’inizio del romanzo, è per lui una perfetta sconosciuta. Ricordo dopo ricordo, dettaglio dopo dettaglio, Janne realizza con sgomento che la ragazza misteriosa altri non è che Rebecca, sua figlia. Spaventata dall’incubo che angoscia anche il ragazzo, arriverà a mettere una recalcitrante Becks su un volo diretto a Los Angeles pur di tenerla al sicuro, mandandola a vivere con il padre. Un gesto improvviso e un po’ troppo estremo, che consuma la già poca credibilità di Janne, pronta a passare dalla modalità “psicologa intelligente” a “ottusa prevenuta” in un batter d’occhio.
L’arrivo a Los Angeles è descritto benissimo, complici una manciata di pagine nelle quali si susseguono preoccupate email (da parte di Sebastian, Suse, Janne, Spatz, etc.) alle quali Becks non risponde, precipitata nel vortice nero di una depressione che la porterà a rifiutare il cibo, al punto da rendere necessario il ricovero in una clinica specializzata.
La seconda parte del racconto segnala la lenta ripresa della ragazza, mentre nuove e piccole verità si fanno strada nei modi più impensati e le permettono – gradualmente – di ricomporre l’intricato puzzle che riguarda lei e Lucian.
Il finale riserva molti colpi di scena, risolve il mistero del tanto angosciante incubo in un modo davvero poco prevedibile ma al tempo stesso estremamente logico e credibile. Tanto di cappello quindi all’autrice, che non si lascia sfuggire di mano la situazione, finendo per abusare dell’aspetto fantastico del racconto e che trova poi il coraggio di mettere la parola “fine” nell’unico modo veramente possibile.
Una lettura certo non priva di difetti, ma che vanta un’originalità pressoché inesistente nella maggior parte dei romanzi appartenenti a questo filone. Quattro stelline, arrotondate per eccesso.

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