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Recensione: Still life

Creato il 14 febbraio 2014 da Mattiabertaina

locandina

Genere: drammatico

Regia: Uberto Pasolini

Cast: Eddie Marsan, Joanne Froggatt

Durata: 87 minuti

Distribuzione: BIM

Metodica, precisa, ordinata. Così trascorre la vita di John May, funzionario comunale che ha il compito di ricercare parenti di cittadini passati a miglior vita in totale solitudine. Passa le sue giornate a indagare, catalogare, archiviare i casi che passano dal suo ufficio, in un lavoro portato avanti con lentezza ma con indubbia sicurezza. Un lavoro tutto tondo: John May scrive discorsi celebrativi e sceglie le musiche per coloro che non sono pianti da nessuno, presenziando alle esequie e custodendo un album di ricordi con le foto dei suoi “casi”. Una pellicola che tocca con estrema sensibilità i temi della morte e della solitudine, con una forte contrapposizione tra il trapasso fisico vero e proprio (quello dei defunti) ed una morte in vita (quella del protagonista, in mezzo al mondo, ma straniato e solo). Il regista Uberto Pasolini, giunto al suo secondo lungometraggio, riesce a dedicare uno sguardo compassionevole, delicato, portando sullo schermo una vera e propria pietas tra John May e coloro che dovrebbero semplicemente essere il suo lavoro. Il suo ultimo caso si chiama Billy Stoke, ricordato negli ultimi anni come un alcolista, ma che si rivelerà essere molto di più per il metodico funzionario comunale. Uno stile asciutto e lineare; una natura morta del titolo che si riflette nelle inquadrature e nei non movimenti di macchina che ricordano da vicino i quadri di Cezanne o di Van Dick. Una narrazione dal ritmo disteso, che lascia spazio, gradualmente, al movimento, alla scoperta dell’alterità e alla curiosità della bellezza del vivere. Un prodotto apprezzabile, presentato alla scorsa Mostra di Venezia nella sezione orizzonti, che ha colpito positivamente critica e pubblico. Un film, a parere di chi scrive, da vedere con attenzione.

Voto: 4 su 5

Il trailer del film:


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