Non ho idea di quanto tempo sia passato dall’ultima recensione sul blog e francamente me ne vergogno un bel po’. Ad ogni modo, credo di esser riuscita a trovare un discreto equilibrio in questi ultimi giorni, cosa che mi ha concesso tempo per scrivere la recensione di questo libro, letto due mesetti fa. Se ho divorato Still star-crossed è perché ho letto che Shonda Rhimes ne ha comprato i diritti per farci un telefilm e, siccome morivo dalla voglia di sapere di cosa trattava per farmi un’idea su come potrebbe esser reso, non ho saputo proprio resistere.
Still star-crossed
di Melinda Taub
EDITORE: inedito in Italia
ANNO: 2013
PAGINE: 352
Romeo e Giulietta sono morti. L’amore sopravvivrà? Nonostante la triste pace che si respira a Verona dopo la recente tragedia, i Montecchi e i Capuleti si azzuffano per strada. Trovandosi di fronte a battaglia ancora più sanguinose, il Principe Escalus ritiene che l’unico modo per unire i destini delle due famiglie è di farli letteralmente sposare. Tutti sono scettici, ma nessuno più della coppia prescelta, perché lo scapolo più idoneo dei Montecchi è Benvolio, il miglior amico di Romeo, che ancora si tormenta per la perdita dei suoi amici, e la nubile Capuleti scelta è la cugina maggiore di Giulietta, Rosaline, la ragazza che Romeo amava prima e il cui rifiuto ha aperto la strada all’eccidio. Al contrario dei compianti cugini, non c’è amore tra Benvolio e Rosaline, eppure formano un legame per porre fine alla rinnovata faida non solo per sfuggire al fidanzamento obbligato ma anche per salvare le loro vite e la città di Verona.
· Recensione ·
Per quanto fosse dispiaciuta per la morte di Romeo, era ancora sollevata dal fatto che lei e Livia fossero uscite indenni dagli eventi di quest’estate. Tutto avrebbe potuto essere diverso, se avesse incoraggiato i sentimenti di Romeo. Era proprio questo tipo di disastro che temeva quando aveva respinto la corte di Romeo. Evidentemente la cugina Giulietta non aveva avuto la sua stessa cautela (…) Come doveva essere amare qualcuno in maniera così disperata da non aver interesse per quel che la tua morte potrebbe significare per la tua famiglia? Per quanto i poeti lo lodassero, non sognava proprio quell’amore.
Sono rimasta piacevolmente stupita da questo romanzo, davvero tanto. Non mi aspettavo di non riuscire a staccare gli occhi dalle sue pagine né che mi sarei ritrovata quasi a perdere la fermata del treno perché dovevo assolutamente sapere come continuava. È stato inaspettato, e forse per questo ancora più bello. Perché bello lo è tanto, quello che Taub scrive, e pure bene. Con una prosa degna di nota, ricercata al punto giusto, tanto da apparire difficile per chi è a digiuno di early modern English (la prima fase moderna dell’inglese che da Shakespeare giunge fino al ‘700 circa) e in generale di prosa alta inglese ma capace di scorrere velocemente tanto è adattata a orecchie e occhi moderni, l’autrice riesce a prendere personaggi che pensavamo non avessero più niente da dire, reinventarli e dar loro nuova voce, nuove storie da raccontare per mostrare la Verona che Romeo e Giulietta lasciano alla loro morte. Davvero è possibile seppellire l’ascia di guerra dopo decenni d’odio? La morte di due figli può riparare al male di genitori e famiglie che han sempre e solo conosciuto una sola via? Ecco, io mi sono sempre chiesta se il finale dell’autore fosse abbastanza, se lasciasse presagire la pace come sembrava o se in qualche modo intendesse futuri sviluppi d’odio fomentati da un dolore ancora più cocente e forte e questo libro, a modo suo, la risposta la dà ed è un no: chi ha vissuto una vita d’odio è restio a metterlo da parte e può reagire con ancora più odio per la perdita subita. Sono queste, quindi, le premesse da cui prendono avvio le vicende a poche settimane dalla morte dei giovani amanti, settimane in cui i Capuleti e Montecchi – su ordine del Principe – mantengono apparentemente la pace, anche se in città qualcuno si diverte a fomentare l’astio tormentando la statua di Giulietta e brancolando nel buio per attaccare i membri dell’una o dell’altra casata. Esasperato da una situazione che sembra senza via d’uscita, al Principe sembra l’unica soluzione chiedere alle due famiglie di unirsi con un legame matrimoniale, diventandone così una sola e legando le proprie sorti a quelle dell’altra. Peccato che non ne vogliamo sapere né Benvolio, migliore amico di Romeo e parte razionale del trio che formavano assieme a Mercuzio, né Rosalina, colei che tante volte viene nominata e mai appare in scena, quell’idea di primo amore di Romeo destinato a esser offuscato rapidamente dalla sgargiante forza totalizzante dell’amore vero che è Giulietta. Pedine di una lotta più grande di loro e che loro malgrado li tira in mezzo costantemente, sono due ragazzi macerati dal dolore che non riescono ad accettare né a scrollarsi di dosso, sentendosi colpevoli, lei, d’aver dato avvio a una serie di morti inimmaginabili con un rifiuto, lui, di non aver saputo capire cosa stava per accadere e d’esser sopravvissuto a quelli che considerava fratelli. Tuttavia, se Benvolio per ragion di Stato a malincuore sa accettare di legarsi a vita a colei che ritiene responsabile di tutto, non sono dello stesso avviso la testardaggine e il senso d’orgoglio di Rosaline, da anni messa al bando dai Capuleti in seguito alla morte dei genitori e richiamata improvvisamente a salvarne le sorti. E se la ragione per cui Rosaline dice sì è semplicemente legata all’opportunità di liberarsi dal vincolo una volta scoperto chi trama alle spalle di tutti, quella per cui si ritrovano entrambi invischiati totalmente in qualcosa che li unisce sempre più è un sentimento che nessuno dei due è disposto a nominare, figuriamoci ad accettare, oltre che un immane casino che potrebbe porre fine a tutte e due le dinastie.
Testardi, maledettamente così contemporanei pur essendo calati in un ipotetico sedicesimo secolo, giovani come i loro predecessori ma ben più svegli e lungimiranti, i protagonisti di Taub potrebbero benissimo esser usciti dalla penna di colui che dette loro la prima vita. E se, di fondo, aggiungiamo un rispetto assoluto per l’opera omnia di Shakespeare, che fa buttare qua e là, quasi casualmente e senza clamore, riferimenti ad altre opere del Bardo, visibili solo a chi sa coglierli e mia pedanti o dimostrativi, ma piuttosto omaggi a chi ha saputo emozionare pubblici di ogni età e tempo, capirete che ci sono tutti gli ingredienti per cui da questa ricetta esca qualcosa di ottimo.
Romeo e Gulietta non è l’opera di Shakespeare che più amo. Se dovessi fare una classifica, non rientrerebbe nemmeno tra le prime cinque. Altre sono le sue tragedie che davvero reputo capolavori in ogni loro aspetto – e non sto dicendo che la sua più famosa non lo sia, anzi. L’aver fuso commedia e tragedia, alto e basso, ricchezza e povertà è un tratto geniale che nessuno si sarebbe mai sognato di fare, non certamente come lui. Ma, appunto, spesso penso che si osanni quest’amore che tale non è, che si travisi quel che c’è scritto che non è per niente un messaggio romantico ma piuttosto la messa in guardia sulla frettolosità della gioventù, il suo non vedere le sfumature di colore ma soltanto il bianco o il nero e su quanto la tempistica sia fatale alle volte. Ecco, Taub riesce a mescolare di nuovo queste carte, dando loro altre inesplorate sfumature, giocando e talvolta ironizzando tramite i suoi stessi personaggi, dotandoli di vita autonoma rispetto ai loro precedenti, ed è questa la cosa che più mi ha affascinata. Non starò perciò qui a narrarvi ulteriormente quel che accade o come, ma vi dirò semplicemente che vale la pena metter da parte la cautela e lasciarsi di nuovo coinvolgere da Verona e i suoi abitanti, quasi dimenticando di averli già incontrati. Perché, sì, a un certo punto si dimentica persino la fonte e si inizia a godere una lettura davvero intrigante e capace di stupire. Per me questo è stato e spero possiate anche voi darle una possibilità. Che non ve ne pentirete è garantito.
Se Benvolio avesse sposato una donna Capuleti, non avrebbe mai avuto un attimo di pace, da lei o da qualsiasi altro. Il Principe e suo zio erano folli a pensarla diversamente. Eppure che sarebbe successo se fossero riusciti a rompere il fidanzamento? L’idea di vederla sparire dalla sua vita gli causava uno strano dolore nel petto.
Benvolio non era mai stato innamorato, ed era sicuro di non esserlo nemmeno ora. Quando paragonava il tumulto che Rosaline provocava in lui con l’ardore poetico, sussurrante di Romeo, si rendeva conto che avevano poco in comune. Non sentiva il bisogno di scrivere sonetti, né di gemere il suo nome e piangere. Quello era amore. Questo era… irritante.
4/5
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