Salve a tutti pelatini! Oggi inizia per me una nuova avventura in quest’allegra e folle brigata dove la passione per le serie tv regna sovrana. Sono contenta di far parte di questa community, che seguo come lettrice da un anno e che appaga il notevole bisogno che ho di sublimare la mia pazzia sotto forma di passione per i telefilm. Quindi, un grande urrà per me! Scrivere le intro non è il mio forte. troppa ansia. Moving on.
Ho scelto di recensire per voi The Affair, la novità di punta di Showtime. Un drama dove l’intreccio amoroso si affianca all’introspezione, al mistero, ai salti temporali e alla relatività delle percezioni, tutte cose che una mente caotica come la mia non può che amare. E poi Joshua Jackson signori. Devo aggiungere altro?
Se volete leggere cos’ho avuto da dire riguardo al pilota, potete leggerlo qui.
Devo dire che questo terzo episodio mi ha lasciata un po’ interdetta. Non dico che non mi sia piaciuto, anzi. Questa volta gli autori ci hanno mostrato palesemente come due persone possano ricordare in maniera diversa gli stessi eventi e come una persona ricordi fatti che l’altra ha totalmente rimosso. Insomma, studio psicologia: tutto ciò per me è goduria intelletturale! In più, questo episodio ci dice cose molto importanti, che non sapevamo. Guardare questo telefilm è un po’ come ricostruire un puzzle mentale molto complicato di cui non si conosce il numero dei pezzi.
Tuttavia, l’episodio è un po’ meno accattivante dei precedenti, specialmente rispetto al pilota. L’ho trovato molto “descrittivo”, nel senso che insiste su dinamiche famigliari apparentemente banali ma proprio per questo importanti nella costruzione dei personaggi. Mi riferisco alla prima parte, dedicata a Noah, in cui ci si è soffermati a lungo – forse un po’ troppo? – sulle fisse della nonna, sulla figlia tiratele uno schiaffo a cui fissano sempre le natiche e chissà perché? e così via. Tutto questo materiale ci serve a capire – o forse non capire – perché Noah fa ciò che fa.
Buona parte della puntata sembra un po’ sottolineare come Noah non sia il classico marito frustrato e arrabbiato che tradisce la moglie perché non ne può più. Al contrario, Noah sembra innamorato della moglie, la quale ricambia anche. I figli non gli danno poi così tanti problemi e poi ehi, chi non ha dei suoceri fastidiosi? Anche quando questi ultimi lo attaccano, con la subdola sottigliezza tipica dei genitori malcontenti, lui sembra accettare tranquillamente la situazione: in fondo, non gliene frega granché. Eppure? Eppure scappa da Alison.
Alison, che nel ricordo di Noah ha una voce – oltre che una personalità – completamente diversa rispetto al ricordo di lei stessa. Sono questi dettagli a rendere il telefilm sorprendente: è vero, anche una voce cambia, a seconda di chi la ricorda.
Se in questo episodio impariamo a riconoscere le piccole mediocrità della vita di Noah, d’altro canto ci viene mostrato fino a che punto i demoni di Alison la perseguitano. Questo passaggio è fondamentale, così come la scena che lo accompagna:
- Do you have a secret, detective?
- What kind of secret?
- Something you don’t want to even tell yourself.
- How would i know if I did?
- I think you do. I think everybody does. Every single person in the world.”
Scopriamo dunque che Alison era un’infermiera in Pediatria, prima di perdere il figlio. La delicatezza con cui gli sceneggiatori, in una breve scena, hanno raccontato il dramma della malattia terminale nell’infanzia e l’intensità dello sguardo di Alison nel rendersi conto di non farcela ad affrontare quel dolore sono stati impeccabili e straordinari. La reazione di Alison al soverchiante senso di impotenza di fronte ad un dolore che conosce troppo bene è solo una: scappare e farsi male. Quando Alison si trova a tagliarsi, il suo volto sembra rassegnato alla “procedura”. Forse è l’unico tipo di sofferenza che è ancora in grado di percepire.
In merito al racconto degli eventi, questo episodio ci mostra delle discrepanze quasi inverosimili. La scena nella biblioteca è molto più breve per Noah, più dettagliata ed intima per Alison. Persino il modo in cui arrivano a rimanere solo amici e la grande capacità di contenersi è diverso. Qual è la verità? La sapremo mai? Gli autori non hanno voluto precisare se vedremo mai il “vero” corso degli eventi, ma a questo punto è irrilevante: il nocciolo sta proprio nella relatività della verità. La verità sta in chi la racconta. Quanta filosofia per un telefilm alla terza puntata eh?
Infine c’è Cole, il personaggio che ancora non riesco ad inquadrare. Un po’ bifolco, un po’ dolce, sicuramente testardo ed orgoglioso, non fa trasparire niente dei suoi sentimenti. Ah, uomini. Però sicuramente si aggrappa a ciò che gli è rimasto: la sua città, che non sopporta di veder cambiare; il sesso leggermente disfunzionale con la moglie.
La grande domanda quante domande questo telefilm! che percorre tutto l’episodio è: quanto tempo è passato dall’estate raccontata e il colloquio col detective? Ma soprattutto: cosa è successo nel frattempo?
Alla fine della puntata vediamo una Alison che parla di una baby sitter. Questa cosa mi ha spiazzata incredibilmente! Così come mi ha colpito il modo circolare in cui si chiude la puntata: a inizio puntata Noah sveglia Helen per averla all’improvviso; a fine puntata è Alison a fare lo stesso con Cole. Don’t wake up. Le contraddizioni umane vanno via come se non ci fosse un domani. Agli sceneggiatori piace parecchio giocare col concetto di tempo. E a noi piace giocare con loro.
Per ora è tutto ragazzi, spero che come prima recensione vi piaccia! Vi lascio il promo della prossima puntata, che in base alle anticipazioni rilasciate dal network mi sembra mooooolto decisiva!