Magazine Cinema
Ps. Mi devo decidere ad inaugurare una rubrica dedicata alle recensioni cinematografiche! Ho l'impressione che, visti i titoli bellissimi di quest'anno, ne scriverò moltissime da Gennaio in poi :) Niente è più potente dell'animo umano. Ormai lo sapete, vi parlo di film soltanto in casi molto, molto rari. Per i confronti tra un libro e la sua rispettiva trasposizione cinematografica. Per farvi avere il mio parere su film che, insieme, abbiamo tanto atteso. Per parlarvi di titoli che, universalmente, amiamo o abbiamo amato. Il film su cui vorrei spendere qualche parola oggi non ha avuto un post tutto suo sul mio blog. Errore madornale, non era tra i più attesi.Era saltato fuori, però, durante la recensione di Forte come l'onda è il mio amore, come un relitto in una mareggiata di parole e frasi. The Impossible. Il secondo film di un regista che, con il suo esordio nel mondo del cinema spagnolo, già era un nome in grassetto nella cerchia dei miei cineasti preferiti. Una produzione europea interamente girata in lingua inglese.
La commovente rievocazione di una delle tragedie più grandi del nostro tempo: lo tsunami che, con la sua potenza distruttiva, colpì lo Sri Lanka il 26 Dicembre del 2004. Interpretata da Naomi Watts (The Ring) e Ewan McGregor (Moulin Rouge), la pellicola racconta l'incredibile ed emozionante storia vera di una famiglia che visse in prima persona l'orrore e la devastazione del disastro, ma che, miracolosamente, riuscì a ritrovarsi e sopravvivere. A raccontarcela.
Maria ed Henry, coniugi sulla soglia dei quarant'anni, decidono di trascorrere le feste con i loro tre bambini in un lussuoso resort sulla costa tailandese. Un Paradiso in terra. Dopo tanti anni di matrimonio, si amano ancora, e i piccoli Lucas, Thomas e Simon sono la gioia dei loro occhi mai stanchi. Hanno passato il Natale in spiaggia, con le maniche corte, un pallone da calciare sul bagnasciuga, tuffi nell'acqua più limpida e rinfrescante di questo mondo e il sole ad arrossare i loro volti delicati e pallidi. Hanno salutato il nuovo giorno guardando una flotta volante di lanterne cinesi solcare poeticamente e silenziosamente il cielo notturno. Ma nessuno poteva prepararli al peggio. All'inevitabile. All'impossibile. Il giorno successivo, mentre noi, forse, stavamo facendo gli auguri a tutti gli Stefano della nostra rubrica telefonica, loro, sempre vicini e sorridenti, sono a bordo piscina. Maria, lontana dalle chiacchiere, immersa nella lettura di un libro; Henry ed i bambini alle prese con tuffi acrobatici e giochi interminabili.Improvvisamente, il silenzio. Il loro sangue si gela nelle vene, assieme a quello dell'inerme e tremante spettatore. Le palme rigogliose cadono come tessere di domino, i vetri si infrangono, i palazzi crollano. Loro sono inghiottiti dalle onde e dal fango. L'acqua li allontana, li tira a fondo, nasconde nella spuma sporca e gelida tremendi pericoli. Lamiere che lacerano, macchine che diventano scatole mortali, rami e foglie che graffiano, grattano e imprigionano. La gente del posto non era preparata a quella catastrofe e, nel profondo, non lo è nemmeno lo spettatore, che, tuttavia, ne ha sentito parlare per la prima volta ai telegiornali quasi dieci anni fa. Dopo pochi minuti dall'inizio del film ne conoscevo già precisamente lo sviluppo. Eppure niente ha potuto fare a meno che io pregassi per una svolta alternativa. Niente ha potuto trattenere le lacrime, che, copiose e inarrestabili come una cascata, sono affiorate dall'inizio alla fine. Il dolore mi è piombato semplicemente addosso, ed io non potevo scappare da nessuna parte. L'impossibile è fuggire via da quelle lacrime; cercare di ignorare quei corpi – piccoli e grandi – che emergono dalle acque. Io odio i telegiornali. La realtà mi spaventa e so che se la conoscessi davvero perderei anche il sonno. La voce di nessun giornalista è riuscita mai a spiegarla così. Oltre al grande Clint Eastwood in Hereafter, mai nessun regista ha provato a mostrarcela.
Dopo l'indimenticabile The Orphanage, l'unico film horror in grado perfino di commuovermi, ci prova Juan Antonio Bayona, avvalendosi di effetti speciali inquietantemente verisimili e di un cast formidabile.Il suo film, lontano dalla spettacolarizzazione del dolore e dei drammi umani, è una forza della natura. Spaventoso, forte, indistruttibile come l'anima del mondo e degli uomini. E' pelle d'oca, dal primo fotogramma all'ultimo nome dei titoli di coda. Magnifico e struggente, risulta costellato di momenti preziosi e pieni di familiarità, che lubrificano i nostri occhi e i nostri cuori oltre ogni aspettativa. Ewan McGregor è un papà che, suo malgrado, non può più essere il cardine della sua adorata famiglia. I suoi figli lo vogliono forte e impavido, ma davanti alla catastrofe non può fare altro che piangere e tentare. Da impegnato uomo d'affari, a più piccolo degli uomini. Maria, sua moglie, lontana miglia e miglia da lui, è aggrappata al tronco di un albero assieme a Lucas, il suo primogenito.Lui, interpretato dal bravissimo Tom Holland, è solo un bambino che, sulla soglia dell'adolescenza, gioca a sentirsi grande. Non le dice “ti voglio bene” da anni, sfugge ai suoi baci e dalle sue carezze, si ribella. Ma, attaccato a quella zattera di fortuna, sarà gli occhi, le braccia e le gambe della sua mamma. La sua unica forza.
Naomi Watts, sanguinante, sporca, nuda e ferita, è la diretta colpevole di un buon settanta per cento delle nostre lacrime. Magnificamente, interpreta un personaggio pieno di dignità e speranza, fiaccato gravemente nel corpo ma non nello spirito, che mi ha ricordato a tratti quello portato sullo schermo dall'immensa Marion Cotillard in Un sapore di ruggine e ossa (film, candidato ai Golden Globe tra i titoli stranieri, che vi consiglio vivamente!). Vederla in balia, come una bambola rotta, in un fiume innaturale, che sbatte brutalmente su sterpi e frammenti di vetro, ferisce noi e il suo corpo piccolo e longilineo, che abbiamo sempre trovato tanto perfetto. Sentirla confessare a suo figlio, impotente, che ha paura anche lei fa male più di qualsiasi altra cosa.Essendo in lizza per l'Oscar come “Migliore attrice protagonista”, spero di vederla gloriosamente trionfare, nonostante l'abbia sempre troppo sottovalutata. Lei e Anne Hathaway - Fantine in Les Miserables - hanno il mio assoluto sostegno.Non mi spiego, d'altro canto, la mancata candidatura del piccolo Tom Holland. A mio parere, un'ingiustizia. Ancora di più del sempre convincente Ewan McGregor, è lui il vero cardine della famiglia. Sono sue le piccole e sanguinati spalle che portano coraggiosamente il peso di due genitori che, da guide, sono diventati bambini sperduti. Lui e i 114 minuti del film mi hanno dato una forza immensa, facendo apparire i miei problemi microscopici e il mio animo più grande di qualsiasi onda. Consigliatissimo! Nei cinema italiani, dal 31 Gennaio :)
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