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Recensione: "The Raid"

Creato il 03 febbraio 2015 da Giuseppe Armellini
Non mi piacciono gli action movie. Davvero poco.
Non mi piacciono i film di arti marziali. Ma zero proprio.
Figuratevi quanto mai potrà piacermi un action movie di arti marziali.
Sì, ma un annetto fa ero romasto folgorato da un episodio del discreto collage horror V/H/S 2, in particolare quello della troupe televisiva che andava ad intervistare il guru di una setta.
Allucinante, debordante, inquietante, un episodio davvero magnifico.
Alla regia c'era un gallese, Gareth Evans.
Scopro poi che questo ragazzone britannico oltre a quell'episodio aveva diretto soltanto film di arti marziali indonesiane (girati in loco con attori locali poi). E scopro anche che il suo secondo film, The Raid, è considerato come un vero e proprio capolavoro di genere.
Decido di vederlo.
E sì, non c'è proprio niente da dire, The Raid per gli amanti del genere credo sia davvero un film strepitoso, così strepitoso che è piaciuto anche a me che di solito al terzo urlo da karateki e al quarto salto inizio a diventare scemo ed innervosirmi.
The Raid parte da un'idea di soggetto talmente semplice da risultar geniale.
C'è un palazzo fatiscente, un magnifico palazzo fatiscente direi, talmente affascinante da diventar protagonista più degli stessi personaggi.
Nel palazzo vive un criminale, un Signore della droga con un intero impero sotto di sè. Tutto lo stesso palazzo, altissimo, è abitato praticamente solo da suoi scagnozzi o clienti.
Il palazzo va bonificato, un manipolo di poliziotti stile Teste di Cuoio lo assalta, da qui il titolo.
(che poi buffissimo come un famoso prodotto anni 80, un insetticida, nella sua pubblicità dicesse "Raid, li ammazza stecchiti". Beh, sarebbe perfetto come slogan del film).
Gareth Evans si conferma un regista pazzesco, maestro d'azione e di tensione, esagerato, dirompente.
E' un regista che non conosce la sottrazione, tutto è esasperato al massimo.
La prima parte è degna dei migliori polizieschi recenti, sporca, tesa e verosimile. Evans usa la location in maniera divina, alternando fughe e momenti stealth, corridoi a stanze. Sembra di essere nei migliori polar francesi. A livello narrativo si ha la sensazione di essere in un videogame platform verticale, dove invece di saltare da una piattaforma all'altra si va sempre più in alto.
Poi però la maggior parte degli agenti viene uccisa (splendide alcune sequenze di cecchini) e ne rimangono solo 5. Parte un altro film, una specie di survival in cui i protagonisti invece di scappare per sopravvivere però vogliono comunque andare avanti ed arrivare a lui, Tama, il sanguinario signore della droga (ottima a tal proposito una scena nel prologo).
Ed è qui, nella parte centrale e in quella appena successiva, che Evans si perde in lunghissimi combattimenti di arti marziali (ma anche di pistole e macheti) che fanno perdere al film gran parte della sua verosimiglianza con, ad esempio,  il solito fenomeno che riesce a menarli tutti anche 1 contro 10. Per mezz'ora si sentono solo urla, nessuno parla più, sono solo botte da orbi.
The Raid non è più quella salita agli inferi così ben raccontata ma un vero e proprio film di arti marziali. Il "problema"è che questi scontri sono coreografati, ripresi e montati così bene che c'è da restarne a bocca aperta. A livello visivo c'è di tutto, colpi tremendi, salti impressionanti, macheti che tagliano, pistole che sparano, sangue ovunque, corpi che volano per le scale o fuori dal palazzo, frigoriferi che scoppiano, gente agonizzante, uno spettacolo di violenza assurdo.
Anche se le due scene più intense, per me, rimangono le due più "ferme", ossia quella del cattivo con machete che percorre il corridoio e quella con lo stesso cattivo che infilza lo stesso machete nel muro dove sono nascosti i due.
Poi a livello di sceneggiatura c'è un doppio colpo di scena, niente di che, ma importante perchè serviva qualcosa che desse una svolta al racconto. Nei buoni c'è un amico dei cattivi e nei cattivi un amico dei buoni, tutto molto credibile e ben fatto.
Prima del finale (ottimo) l'ennesimo interminabile scontro tra la guardia del corpo di Tama ed i due fratelli, uno scontro che nella realtà avrebbe provocato almeno 57 morti (le ho contate) ma che invece qua si risolve solo con qualche lieve contusione. Ma, anche questo, girato da Dio.
Mi piace anche sottolineare una frase bellissima: "Gli schermi non hanno conflitti di coscienza" davvero perefetta per come e dove è inserita.
Insomma, una grandissimo film di genere che per gran parte della sua durata piacerà anche a chi quel genere non lo ama, come me.
Complimenti.

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