Il clacson è una di quelle cose che suscita, imprescindibilmente, sempre e solo due domande:
“che cacchio suoni?”
“chi cacchio suona?”
Ciò vale in ogni circostanza. Che si sia bloccati nel traffico cittadino all’ora di punta, che si sia impegnati con la transumanza di venti triliardi di zombie, appena si ode il suono del clacson non ci si può fare a meno di chiedere “che cacchio suoni?” e “chi cacchio suona?”.
Per rispondere alla prima domanda: a causa di incidente. Un camion si è schiantato contro il muro, e il clacson è rimasto bloccato.
Per rispondere alla seconda domanda: i lupi. Alla guida del camion c’era uno di quegli squilibrati che vanno in giro con la W in fronte.
Ed è proprio l’attacco di questi lupi il clou di questo tragico episodio.
Amore mio non devi stare in pena / questa vita è una catena / qualche volta fa un po’ male / guarda come son tranquilla io / anche se attraverso il bosco / con l’aiuto del buon Dio / stando sempre attenta al lupo, / attenti al lupo
(la citazione di Lucio Dalla ci stava, suvvia)
L’inizio della puntata è sereno e tranquillo, esattamente come le teorie retoriche medievali prescrivevano per i componimenti tragici, e tutto il resto è disastroso, terribile, esattamente come le teorie retoriche medievali prescrivevano per i componimenti tragici (insomma, per farla breve, la tragedia inizia bene e finisce male). Perché chi se lo aspettava, così all’improvviso, un attacco all’interno delle mura di Alexandria? E per giunta, un attacco così efferato.
Durante le cinque precedenti stagioni di questo telefilm ne abbiamo incontrata di gente cattiva tanto per essere cattiva, ma mai avevo provato un senso di fastidio come l’ho provato guardando questo episodio. Sarà che Alexandria è la cosa più simile alla civiltà che i nostri personaggi abbiano avuto modo di sperimentare dall’inizio dell’epidemia (Woodbury non conta, erano dei bei squinternati quelli di Woodbury), e quindi questo attacco l’ho quasi preso sul personale. Insomma, ci sono rimasta veramente male. E per questo non vedo l’ora di vedere tutti morti. Tutti, dal primo all’ultimo.
(anche perché basta, dai! Perché la gente deve andare in giro a far fuori altra gente random? Ma non potete starvene buoni? E perdindirindina!)
Insomma, dicevo, quella gente c’ha da morì. Ed ecco allora che veniamo al succo di tutto il discorso, Morgan.
Vi dirò, a me questo atteggiamento mezzo zen di Morgan non convince affatto. Anzi, mi disturba pure parecchio. Non so cosa gli sia capitato, spero di scoprirlo al più presto, perché devo capire com’è che è tanto restio ad uccidere la gente (anche se è gente che conosci, perché a quanto pare lui e i lupi hanno dei trascorsi, che probabilmente vanno ben oltre all’incontro che hanno avuto nell’episodio 5×16). Che poi, voglio dire, sì, come concetto di fondo è pure giusto, ma in situazioni come quelle dell’attacco ad Alexandria, non ci si può certo permettere di fare gli etici schizzinosi. Mors tua vita mea, no? Il problema, poi, non è solo limitato a questo particolare episodio, ma già nel precedente avevo storto il naso nei suoi confronti.
Carter era stato morso dritto in faccia e Rick non ha potuto fare altro che ucciderlo, per due ragioni: 1) era la cosa etica da fare, dargli una morte veloce e dignitosa, al posto di quella non solo inevitabile, ma anche orribile a cui ormai era stato condannato; 2) il rumore delle sue urla stava attirando gli zombie e rischiava di mandare a monte il piano.
Ecco, Morgan ha fatto un’espressione come a dire che non era d’accordo con la decisione di Rick. Questa cosa non l’ho proprio capita: valutata la situazione, Rick non poteva fare a meno di ucciderlo, non c’era proprio nessunissima altra soluzione (che doveva fare, amputargli la faccia?). Perché Morgan ha reagito in quel modo? (E in effetti anche Michonne non sembrava tanto convinta, la qual cosa mi ha veramente stupita).
Non so veramente che pensare. Attualmente, Morgan è un mistero insondabile. E, comunque, un tipo sospetto.
Ma per fortuna che c’è Carol. Carol, sempre sia lodata. Eugene e Tara discutevano del fatto che lì ad Alexandria si volesse fare una chiesa. Ecco, fatela e dedicatela a Santa Carol.
Tra l’altro, bello il contrasto tra Morgan, che roteava il bastone che neanche Yoda (visto che tanto ormai è zen quanto il verde maestro Jedi), e Carol che con precisione chirurgica e vestita come Ezio Auditore, ha piantato una pallottola nelle cervella di ogni lupo che gli è capitato a tiro. Comunque, niente, io amo, amo, AMO questo personaggio. E se penso a quanta strada ha fatto, lei che da donna abusata è diventata uno dei motivi principali per cui il gruppo è sopravvissuto tanto. E a proposito di abusi, ho trovato estremamente potente la scena in cui dice a Sam di farsi una ragione del fatto che il padre – che picchiava lui, suo fratello e sua madre – sia morto:
Tuo papà ti picchiava e poi si è fatto ammazzare. Ormai è successo e non puoi farci niente. O lo accetti o ti consumerà.
Diretta, caustica, senza nessuna traccia di quello spirito materno che la contraddistingueva nelle prime stagioni (anche se in effetti con questa frase, per quanto ruvida sia, si sta prendendo cura del bambino – o almeno della sua salute psicologica). Quindi, niente: Carol spacca.
Trivia: il titolo dell’episodio, “JSS”, è l’acronimo per “Just survive somehow” (sopravvivi in qualche modo), il mantra che Enid si ripeteva per farsi forza.
Il promo del prossimo episodio, Thank You:
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