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Recensione TRE CAMERE A MANHATTAN di George Simeon

Creato il 18 febbraio 2013 da Diegothriller
Recensione TRE CAMERE A MANHATTAN di George Simeon Questo è il mio terzo Simenon; ho letto 'I due complici', 'Lettera al mio giudice' e in ultimo 'Tre camere a Manhattan'.
Simenon è intenso, sanguigno, passionale. E' feroce, aggressivo e brutale. Lo è stato in tutti e tre i libri che ho letto e inevitabilmente non ho potuto non collegare 'Lettera al mio giudice' con le prime 50 pagine di 'Tre camere a Manhattan'.
Un uomo solo, un uomo depresso, annoiato, con un passato che lo tormenta. Una vita che non lo soddisfa, che lo rende inquieto tanto da farlo vagabondare incontro a questa donna. Lui è Combe lei è Kay, si incrociano in una nottata Newyorkese e, semplicemente, passeggiano entrando e uscendo dai locali, con l'inquietudine, l'ansia, l'emozione, il dubbio di chi si è appena conosciuto; uniti però alla complicità di due anime affini.

Combe, come Alavoine di 'Lettera al mio giudice' oscilla tra l'odio e l'amore verso questa donna. La trova eccessiva, i suoi comportamenti a tratti lo nauseano e lo fanno ribollire di rabbia. La gelosia è un tema che Simenon affronta con una ferocia pazzesca, la fa sfociare sempre in atti aberranti, violenti, estremi. Qualsiasi gesto della donna gli fa sorgere anche il più banale dei dubbi, se propone di andare a passeggiare a Central Park, lui pensa:"Chissà con chi è già stata..." se accenna al passato, lui teme che parli di un uomo.
“Alla fine le si piantò davanti, fissandola con volto imperturbabile. Poi, a fior di labbra, mormorò: “Tu...”. E ripeté, alzando via via il tono della voce fino a urlare disperatamente: “Tu!...Tu!...Tu!...”. Era rimasto con il pugno sospeso a mezz’aria, e per un attimo sembrò che riuscisse ancora a padroneggiarsi. “Tu!...”. Ma la voce gli era diventata rauca, e il suo pugno si abbatté, colpendo con forza il volto della donna, una, due, tre volte...”.
(pag. 95)
Lei è attratta dalla solitudine di lui, è intenerita dalla condizione dell'uomo, da come si è trovato a vivere. Inizia a scoprire parti del suo passato e si fa sempre più vicina, più 'familiare', e i dubbi, le incertezze, i momenti d'ira iniziano a dissiparsi mano a mano che Combe si trova a conoscere nel dettaglio ciò che realmente ha fatto parte della vita di Kay. Quando i suoi precedenti diventano banali, quando alcune presenze da lei menzionate si fanno grottesche, allora lui inizia ad ammorbidirsi, il passato prende forma e viene spazzato via con una scrollata di spalle.
"Lui la guardò. Era ancora senza trucco, senza alcun segno di civetteria, indifferente a quella vestaglia da uomo che la infagottava tutta, a quelle pantofole che doveva riacchiappare continuamente con la punta del piede. E fu proprio lì, sul pianerottolo, davanti a quelle porte anonime, in quella specie di no man's land, che si diedero il bacio della giornata, forse il loro primo vero bacio d'amore; e, consapevoli entrambi delle tante cose che esso doveva racchiudere, lo fecero durare a lungo, dolcemente, teneramente, come se non dovesse finire mai, e ci volle lo sbattere di una porta per separare le loro labbra. Allora, lei disse semplicemente: "Va'". E lui scese, con la sensazione di essere un altro uomo.
(pag. 77)
Ed è a questo punto che uno potrebbe dire: Quando tutto sembra andare per il verso giusto... in effetti, dopo giorni convulsi di rabbia, dubbio, passione, succede qualcosa che può consacrare la loro felicità o distruggerli senza nemmeno averli visti nascere.
‘Tre camere a Manhattan’ è molto delicato nella sua collera. E’ un romanzo elegante ma arrabbiato, lo leggi con il dubbio - almeno per quanto mi riguarda - che lui perda del tutto il lume della ragione e passi dalla rabbia alla furia omicida. Vivi passo passo ogni istante di Combe, è al suo fianco, non accanto a Kay, che ho letto queste 181 pagine in cui è racchiusa una storia che non sai, se vorresti rivivere sulla tua pelle o meno. 

O forse tutto sommato sì... vorresti.

Curioso il fatto che questo romanzo sia fortemente ispirato al primi incontri clandestini avuti da Simenon con la sua amante. Nel 1945, Simenon, la moglie e il figlio arrivarono a New York per aver come meta finale il Canada. Assunse come segretaria Denyse Ouimet che divenne poi appunto la sua amante, quindi la moglie, quindi ex moglie.
Dal romanzo è stato tratto anche un film, del 1965, diretto da Marcel Carné. Il film segna l'esordio di Robert De Niro, seppur come semplice comparsa.

Recensione a cura di Marta Zelioli
TitoloTre camere a Manhattan AutoreSimenon Georges Prezzo di copertina € 16,00 Dati1998, 181 p., 16 ed. TraduttoreFrausin Guarino L. EditoreAdelphi  (collana Biblioteca Adelphi)


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