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Recensione: Tutte le speranze di Paolo Di Paolo

Creato il 19 aprile 2015 da Coilibriinparadiso @daliciampa

Buona Domenica: torno dopo una settimana in cui sono stata un po’ assente, ma torno con un regalo di scuse, che è queste recensione! Ho finito il libro da un po’, e ora finalmente posso parlarne, in maniera del tutto positiva, con voi <3"><3"><3

Tutte le speranze

  • Titolo: Tutte le speranze

  • Autore: Paolo  Di Paolo

  • Casa Editrice: Rizzoli
  • Data pubblicazione: Maggio 2014
  • Pagine: 416
  • Genere: Giornalismo letterario
  • Trama: Un ragazzino di quindici anni, di “un Midwest intorno a Roma”, tutte le mattine compra il giornale e ne conserva ogni copia con cura religiosa. Perché su quel giornale scrive qualcuno, un signore ormai ottantenne, che ammira come il suo personale Grande Gatsby. Il ragazzino ruba la macchina da scrivere del nonno e inizia a mandargli lettere firmandosi una volta Alessandro Manzoni, un’altra volta Karl Marx. E quando la penna più prestigiosa del “Corriere della Sera” gli risponde pubblicamente nella sua rubrica, il ragazzino – che si chiama Paolo Di Paolo – non crede ai propri occhi. Poi un giorno squilla il telefono di casa, e una voce profonda e imperiosa dice: “Sono Montanelli”. È soltanto uno degli episodi raccontati in questo libro che è il sentito omaggio a un maestro del Novecento. Ma cosa ci può insegnare, oggi? Che le speranze nascono dalle idee, innanzitutto. Che la libertà è solitudine, perché l’indipendenza e il successo dipendono sempre dalle proprie scelte. Che per guadagnarsi spazio nel mondo serve essere ostinati e, mentre il mondo cambia, cambiare rimanendo se stessi. Che si può sbagliare idea, accusare il colpo e ripartire da zero. Nella scrittura precisa e avvolgente di Di Paolo, la vita inimitabile di Montanelli diventa un film di cui godersi ogni scena: quelle più eroiche, quelle che strappano sorrisi, ma anche quelle che fanno discutere. Con un’unica certezza: Montanelli non ha mai voluto mettere d’accordo nessuno.

Opinione personale:

  Tutte le speranze è la storia di Montanelli. Non la biografia, ma, molto più propriamente, la storia. Tutto comincia dal giorno della sua morte, per cont

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rosenso, o meglio dai giorni della sua morte. Di Paolo comincia a parlare del G8 di Genova, evoca atmosfere, ambienti e situazioni. E poi c’è Indro Montanelli, che sul letto di morte detta a sua nipote il proprio necrologio. All’inizio ho pensato che l’autore avrebbe proceduto con un lungo flashback, ma mi sbagliavo. L’indice elenca i capitoli, dal primo all’ultimo, in questo modo: 2001, 2000, 1998, 1997… E già, si procede al contrario: ho amato questo particolare, l’ho trovato fantastico sin dall’inizio. L’ultimo capitolo è il 1909, anno della sua nascita.
Indro Montanelli nasce nel 1909 e muore nel 2001. Vive un secolo di storia, in questo libro diventa il suo secolo. Combatte per il diritto ad una morte dignitosa, parla di Berlusconi il più liberamente possibile, fonda un giornale ad 85 anni, segue una battaglia dopo l’altra. Lascia il giornale che ha fondato. Ah, ovviamente sto raccontando al contrario.

-C’è qualcosa, della tua vita, che vorresti rivivere?
-Tutto.

Non è una biografia quindi, è un ritratto, di una persona dai forti ideali (anticomunista sotto ogni aspetto), ma che sa scendere a compromessi; che ama l’Italia in un modo disincantato, che vive per raccontare agli altri, per fare informazione, satira, opinione. È un personaggio complesso, uno che non giudica, ma si basa sull’esperienza, uno che su basta cercarlo su internet per capire quante sfaccettature abbia, e quanto siano difficile da afferrare. Montanelli è quello fascista (precisiamolo, a 20 anni, quando lo erano anche tantissimi personaggi di spicco italiani, che come lui si sono poi pentiti) che ha combattuto in Etiopia, ma è anche quello arrestato per antifascismo; è quello che ha lavorato con Berlusconi per 20 anni, al suo giornale, ma è anche quello che lo ha definito “una malattia”; è il laico, l’ateo, che ha intervistato e ammirato i papi, facendosi a sua volta ammirare. È sicuramente, in tutto ciò, forte e passionale, perché ci vuole più forza a fare un passo indietro che in avanti. Non che questo lo classifichi come indeciso, anzi: è granitico, irremovibile sotto certi aspetti, sembra quasi statico nella sua immagine con la macchina da scrivere, ma un secolo, un secolo come il 900, vuol dire che troppe cose cambiano, e non è possibile restare fermi solo per prudenza, e lui ci riesce anche a 90 anni, a mettersi in discussione, a seguire la sua testa e il suo cuore.

Comunque, ricordatevelo: per giudicare degli uomini, bisogna essere uomini. Mi auguro che lo diventiate.

Adesso, torniamo a noi: non devo parlare di un personaggio, devo parlare di un libro, ma è difficile scindere le due cose. Preciso che tutto ciò che ho scritto l’ho imparato dalle pagine lette, l’ho conosciuto pagina dopo

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pagina, dall’inizio alla fine, o dalla fine all’inizio. Il ritratto che emerge è completo, ma non definitivo: Paolo Di Paolo ammira profondamente Montanelli, lo si legge da subito nella trama. Ma non vuole consacrarlo, vuole raccontarlo a chi non lo conosce, presentarlo anche grazie alle citazioni di chi lo ha criticato. Vorrebbe parlare con Berlusconi, il suo unico scopo è quello di scavare e comprendere. Poi sa essere ironico, anche sul protagonista stesso, ma sempre con quello sfondo di rispetto/affetto.
Riguardo al secolo che si evolve, quello che dicevo prima, credo che anche l’autore abbia provato a fare qualcosa di simile: inserire gli eventi della vita di Montanelli, negli eventi della storia. Così come nel primo capitolo parla del G8, per poi fare uno zoom sul giornalista, farò lo stesso con il muro di Berlino, le elezioni politiche, gli eventi che sconvolgono il mondo e l’Italia. Cerca di inquadrare la sua figura e le sue scelte in un panorama vasto, perché lui non era una persona fuori dal mondo, anzi: ci stava dentro, si immergeva, scavava in ogni cosa. 

…se Dio gli avesse chiesto conto della mancanza di fede, lui avrebbe saputo come rispondere. Sarò io, diceva, a chiedere conto a Lui dell’avermi lasciato senza.

Leggendo la trama avevo immaginato una storia di un’amicizia tra i due, non avevo fatto neanche caso alla giovane età dell’autore (su cui adesso mi sono informata un po’ di più): non è così, vi m

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etto in guardia, o vi rassicuro. La storia delle lettere firmate con nomi originali c’è, è uno degli aneddoti che raccontano Montanelli, è un pezzo che si inserisce in una sola delle mille sfaccettature, ma Di Paolo poi si tira indietro, fa posto a un titano. Fa posto a qualcuno che probabilmente troverete antipatico, non sorridente, gentile, generoso, buono. Ma neanche cattivo. Ma intelligente, geniale. Forte e passionale (scusate se lo dico di nuovo); indipendente, nelle idee e nei comportamenti.
La seconda parte della trama invece è veritiera: possiamo imparare tanto, soprattutto noi giovani da uno come lui, oltre a tutto quello che ho già detto, oltre alla forza e all’umiltà unite indissolubilmente, c’è anche quel non arrendersi mai, quella convinzione perenne delle proprie scelte, dei propri obiettivi, talmente forte, da permetterci di non abbandonarli mai, pur cambiando opinione.
Forse vi chiederete perché non abbia dato il massimo del punteggio, visto che ho solo parole positive, ma quei cinque cuori, mio malgrado, riesco a darli quasi esclusivamente a romanzi, perché le emozioni che ci sono dentro mi piacciono proprio da cinque cuori. Quindi se siete appassionati del genere più giornalistico, vi dico che per voi sarebbe un libro da cinque cuori!
Vale la pena conoscerlo, perché ha segnato la storia, filtrandola, passandola al setaccio. Non ho mai letto altri libri su di lui, anche se probabilmente lo farò, così come leggerò altro dell’autore, ma vi assicuro che conoscerlo così, per me, è stato fantastico.
Quindi vi consiglio questo libro, per un excursus di un secolo e di un uomo che lo ha Vissuto, con la v maiuscola

“Credi forse che gli uomini, e specialmente quelli di forte personalità, siano riassumibili in un giudizio solo?” scrisse in risposta a una mia lettera. Gli chiedevo di farmi luce fra i giudizi contrastanti a proposito di un direttore del “Corriere” negli anni Cinquanta. “Se così fosse” proseguiva, “ti sfiderei a formulare quello su Giulio Cesare. Cosa fu Cesare: il più grande generale e statista, o la più grande canaglia di tutti i tempi? Fu, credi a me, entrambe le cose. Gli uomini, te ne accorgerai, sono, anzi, siamo sempre un coacervo di contraddizioni”

Il mio voto:

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L’autore:
Paolo Di Paolo: Nasce a Roma nel 1983. Nel 2003 entra in finale al Premio Italo Calvino per l’inedito, con i racconti Nuovi cieli, nuove carte. Ha pubblicato libri-intervista con vari scrittori italiani e ha lavorato anche per la televisione e per il teatro. Nel 2011 pubblica Dove eravate tutti (Feltrinelli, vincitore del premio Mondello, Superpremio Vittorini e finalista al premio Zocca Giovani). Nel 2013 con Mandami tanta vita (Feltrinelli), è finalista al Premio Strega 2013.


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