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Recensione: “Un sorso di arsenico” di Adriana Assini

Creato il 12 maggio 2014 da Francescarossi
“Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo”. Così cantava Fabrizio De André nella sua famosa canzone “Città Vecchia”. In apparenza questi versi sono perfetti per descrivere Giulia Tofana, la volitiva e audace protagonista del romanzo “Un sorso di arsenico” della bravissima Adriana Assini
In realtà le parole suddette possono risultare riduttive per un personaggio del genere; Giulia è una prostituta e avvelenatrice nella Palermo del Seicento. Nessuno resiste alla sua bellezza e, a dirla tutta, neppure al suo veleno fatale. Una strega dalle fattezze candide e pure come quelle di un giglio. In parte, perché neppure questa definizione è del tutto corretta. Giulia è, prima di tutto, una donna libera e, come tale, non etichettabile. 
Non una femminista ante litteram, perché già questo vorrebbe dire costringere il personaggio in una categoria non corrispondente né dal punto di vista storico, né da quello sociale. Non un’eroina, in quanto la sua mancanza di scrupoli è evidente e le sue azioni, in genere, quando non palesemente negative hanno solo una patina di vaga bontà. 
Allora un’antieroina? Neanche, perché la figura di donna indipendente si scontra col tempo in cui deve vivere, la costringe a sacrifici d’amore, a desiderare, tradendo la sua vera natura, una rispettabilità che il mondo le nega e che perfino lei non vuole. O, almeno, vorrebbe modellare tale rispettabilità su se stessa, in parte inconsapevole che la linfa di cui si nutre una certa società per esistere, inevitabilmente, cristallizza entro limiti circoscritti tutti quegli elementi (status, prestigio e così via) che ne rappresentano l’essenza. 
Giulia, direi, è una donna che ha imparato a sopravvivere. Non importa se in modo lecito o illecito. La sua non è una ribellione del tutto cosciente, ma istinto di sopravvivenza che, comunque, non la giustifica né la assolve. E’ proprio qui il punto: Giulia Tofana non è un personaggio con cui ci si può identificare del tutto. Sfugge perfino al lettore. Forse è una “vittima di questo mondo”, ma col tempo ha imparato a trarre insegnamenti da ogni tipo di svantaggio, fino a vivere l’ambivalenza di ruoli, vittima/carnefice. 
La sua libertà ha un costo altissimo, non conosce limiti e proprio questa, insieme al bisogno di sopravvivere, la porta a fuggire da Palermo, ad abbandonare il suo grande amore, Manfredi, per ritrovarsi nella Roma della Controriforma e tentare di ricostruirsi una vita. 
Giulia non sa, o forse non vuole accettare il fatto che il passato è parte dell’essere umano e che il veleno, oggetto malefico della sua “arte” è il simbolo dei giorni che lei crede (e spera) ormai lontani per sempre. Il veleno è, infatti, l’emblema della sua natura: in certi casi, se assunto in piccole dosi può curare o proteggere da altre sostanze dannose (questo in genere, rimanendo a un livello molto superficiale). 
Se assunto in dosi massicce o comunque errate può uccidere, spesso con dolore. Così è Giulia Tofana, la quale mostra un’apparenza di se stessa pronta a redimersi, piccole gocce della sua personalità che affiorano davanti agli occhi del lettore, quasi rassicurandolo, ma la sostanza intera del suo essere non è fatta solo di quelle gocce, è più torbida, intensa, da “usare con cautela” anzi, da “leggere e comprendere” come se si stessero studiando le proprietà di un medicinale pericoloso: la donna fiera e indipendente, in questo caso anche avvelenatrice. 
Le donne, in passato, erano considerate “veleno” pur senza essere giudicate streghe e, ampliando il discorso, qualcuno, ahimè, lo pensa anche oggi e senza scomodare la (per fortuna) tramontata Inquisizione. 
Dunque Giulia è un personaggio positivo o negativo? La sua libertà è buona o cattiva?Queste domande non possono avere una risposta assoluta ed è proprio questo il bello. La Assini, con una scrittura raffinata e semplice (termine che, ribadisco, non ha mai nulla a che vedere con “facile”), forgia con maestria l’animo di una donna inquieta, è vero, ma anche sfumata e complessa come siamo tutti nella nostra umana natura, al di là del mestiere che facciamo per vivere o degli scrupoli che condizionano o meno i nostri giorni. In realtà le domande sulla presunta bontà o malvagità della protagonista non hanno motivo di esistere. 
O meglio, non dovrebbero essere poste in modo così semplicistico. Non si tratta di assolvere o condannare, ma di spingersi più in là “nell’attraversare” questa figura che non chiede comprensione, né giudizio, bensì “ascolto”. 
In ciò sta la bellezza di questo personaggio, nell’incessante oscillazione tra bene e male che, talvolta, si fondono persino, spiazzando con un finale a sorpresa sostenuto da una narrazione compatta, vivace, diretta, di alto livello che non si perde in digressioni ma punta all’azione. Giulia Tofana si guarda nello specchio delle contraddizioni in cui vive e non può vedervi riflesso il suo amato, nobile e ricco Manfredi, così lontano da lei, bello e coraggioso ma pur sempre figlio del suo tempo, in cui le disparità sociali contano e l’amore si può confondere con la passione pur rimanendo un sentimento vero, reale e puro. Giulia può vedere, in quello specchio, solo il frate Nicodemo
Un personaggio, questo, che amo proprio per il suo modo di (soprav)vivere in precario equilibrio tra convinzioni personali e dogmi, cinismo e religione, fede e ragione, realtà e utopia. E’ una sorta di camaleonte, ha imparato a minare il “sistema” religioso dall’interno, a insinuare la sua personalità fra le crepe delle statue dei santi, tra gli spazi vuoti che neppure un Dio adorato, ma lontano dalle miserie del mondo, può colmare. 
Giulia è la personificazione di una Palermo libera, caotica ma, nello stesso tempo, anche di una Roma stupenda, di impareggiabile bellezza, ma imprigionata nella gabbia dorata della Chiesa, controllata a vista da una subdola carceriera, l’Inquisizione. 
“Un sorso di arsenico” è un romanzo imperdibile, in grado di offrire molti spunti di riflessione che hanno a che vedere con l’attualità (lo sguardo alle strategia politiche dell’epoca, ad esempio). 
E’ la storia di una donna coraggiosa ma non “buona”, piena di debolezze, con l’anima più incandescente del magma che si forma tra i recessi oscuri dell’Etna, ovvero dell’io che non solo pensa il male, ma arriva a compierlo pur tendendo al bene. 
Il Libro
Recensione: “Un sorso di arsenico” di Adriana AssiniTitolo: Un sorso di arsenico 
Autore: Adriana Assini 
Casa editrice: Scrittura & Scritture 
Pagine: 227 
Data di Pubblicazione: 2009 
Prezzo: 11,50 euro 
Trama 
“Venere plebea scolpita in marmo pario..., Giulia Tofana fa illecito commercio della sua bellezza come del suo ingegno e mette a punto la formula di un micidiale veleno confezionato in fiaschette che “con fierezza allinea sulla cassapanca”. Ma trafficare coi veleni non è facile e quando delle fiale non ne viene fatto un uso sapiente e le morti cominciano a diventare scomode, si apre la caccia alle streghe e Giulia lascia la natia Palermo, dominata dai viceré spagnoli e dalla peste, per trasferirsi nella Roma barocca di papa Urbano VIII, dove alla maestosità delle feste si alterna la ferocia delle esecuzioni in piazza. All'ombra del cupolone, la bella siciliana veste alla moda, impara a scrivere e con l'aiuto di fra Nicodemo, l'appoggio dello speziale Aniceto, la connivenza di nobili e porporati, incrementa i suoi traffici di morte. Divisa tra l'amore di due uomini, sempre in bilico tra la voglia di obbedire soltanto ai suoi istinti e il desiderio di diventare una rispettabile dama, inseguirà a lungo e senza remore i suoi sogni, sfidando le leggi della Santa Inquisizione con un insolito epilogo. 
 L’Autrice

Recensione: “Un sorso di arsenico” di Adriana Assini

Foto tratta dal sito: http://ilibridimorfeo.blogspot.it/

Alla domanda “la verità è in un sogno solo o in molti sogni?" Adriana Assini risponde “in molti sogni”, che alla fine ne fanno uno solo: aver vissuto intensamente il proprio tempo, in un mondo a colori, dove contino i sentimenti, si insegua il sapere, non manchino i viaggi. La scrittura: solido veliero che la porta dove vuole, attraverso mari e secoli, per raccontare ad altri tante vecchie storie osservate con occhi nuovi. Di conoscere il giorno esatto in cui Cesare conquistò la Gallia, ad Adriana Assini importa poco, le interessa invece sapere, per esempio, chi e quando ha trapiantato gli esotici tulipani nella nordica Olanda. A caccia di odori e sapori lontani, sulla scia di passioni perdute, gesta dimenticate, vite fuori dal comune, Adriana Assini guarda al passato per capire meglio il presente e con quel che vede ci costruisce un romanzo, una piccola finestra aperta sul mondo di ieri. Dipinge. Soltanto acquarelli. E anche quando scrive si ha l’impressione che dalla sua penna, oltre alle parole, escano le ocre rosse, gli azzurri oltremare, i luccicanti vermigli in cui intinge i suoi pennelli. (Tratto dal sito di “Scrittura & Scritture”) 
Per saperne di più 
La pagina del sito della casa editrice “Scrittura & Scritture” dedicata al romanzo.
Il sito web di Adriana Assini.

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