Magazine Cultura
Titolo: Una donna
Autore: Sibilla Aleramo
Pagine: 272
Prezzo:€ 7,50
Editore: Feltrinelli
Trama
Questo romanzo di Sibilla Aleramo è del 1906. La sua immediata fortuna in Italia e nei paesi in cui fu tradotto segnalò una nuova scrittrice, che in seguito avrebbe fornito altre prove di valore, segnatamente nella poesia. Ma soprattutto esso richiamò l'attenzione per il suo tema: si tratta infatti di uno dei primi libri 'femmisti' apparsi da noi.
Mia recensione Questa mia riflessione è abbastanza difficile da esprimere perché questo libro ha provocato in me dei sentimenti contrastanti: da una parte la rabbia e l'indignazione per la situazione femminile così ben narrata da Sibilla, dall'altra la pietà e comprensione per quello che è accaduto.
Una donna di Sibilla Aleramo è considerato uno dei primi libri con tematiche femministe in Italia; questo in effetti non è un romanzo, ma è un vero e proprio diario dell'autrice che lo ha scritto per spiegare al suo adorato figlio le motivazioni che l'hanno allontanata da lui. La narrazione si apre con una veloce panoramica dell'infanzia e della pubertà di Sibilla che, dal nord Italia, per questioni lavorative del ricco padre, si trasferisce in una piccola cittadina del sud. Se all'inizio lei è spensierata e non fa caso alle dicerie e alle voci maliziose che girano nel paese, successivamente inizia a guardarsi realmente intorno e vede come la sua famiglia si stia disgregando: lei e il padre lavorano fianco a fianco in azienda, mentre sua madre cade in una profonda depressione trascurando la casa e i suoi figli. La svolta vera e propria si ha quando lei viene disonorata da uno dei più promettenti ragazzi del posto e, a soli 15 anni, è costretta a sposarsi. A partire da questo momento la sua vita diventa un vero inferno fatto di gelosie, violenza, solitudine e ricerca disperata d'amore. L'unico che ama veramente Sibilla è il suo bambino.
Questo libro mi ha davvero commosso e mi ha ricordato qual è stata, e qual è ancora, in alcune parti del mondo, la situazione delle donne che, prima del matrimonio appartengono al padre, dopo diventano proprietà esclusiva del marito. Gli anni di solitudine e depressione che Sibilla ha vissuto nella grande casa isolata, la violenza fisica e la costante pressione psicologica a cui è stata sottoposta per lungo tempo, sono certamente il tema principale del diario che si articola in fasi altalenanti strettamente legati ala fragile psiche della donna. Se nelle prime pagine lei è la cocca del papà, è la più intelligente e promettente dei suoi figli, dopo la sua ribellione e il suo avvicinamento a quello che sarà più o meno forzatamente suo marito, la situazione si ribalta completamente. L'uomo che decide di sposare è possessivo e geloso, la desidera fisicamente a non la ama, ciò che realmente agogna è la sua eredità, i soldi e i possedimenti di suo padre. Sibilla quindi si ritrova a 16 anni reclusa in casa, allontanata dalla sua famiglia e succube di un uomo prepotente. Gli unici spiragli di luce che per lunghi anni la terranno ancorata alla vita sono suo figlio e la scrittura, unica fonte di distrazione e sfogo. Un'altra cosa che mi ha particolarmente colpita è l'ambientazione descritta: questo paese del sud culturalmente e mentalmente arretrato e chiuso in cui tutti conoscono tutti e dove formulare malignità e cattiverie è uno dei passatempi preferiti. Si parla, si spettegola, si vocifera continuamente, le donne non hanno altro da fare perché sono quasi sempre chiuse in casa o in compagnia di altre donne. Tutto questo contribuisce a creare un ambiente ostile per la protagonista che, essendo "straniera" e figlia dell'uomo più ricco del paese, è sempre sotto costante osservazione, viene continuamente giudicata per la sua sfacciataggine. L'unica cosa che viene sempre taciuta è la violenza perché quella avviene solo dietro porte ben chiuse e sembra quasi normale.
Un libro davvero degno di essere letto a cui assegno tre stelline e mezzo.
Lya
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