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[Recensione] Viaggi a perdere di Rossana Vesnaver

Creato il 04 maggio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Viaggi a perdere di Rossana VesnaverTitolo: Viaggi a perdere
Autore: Rossana Vesnaver
Editore: L’Erudita
ISBN: 9788867700066
Anno: 2012
Lingua: italiana
Numero pagine: p.140
Prezzo: € 13,00
Genere: Sentimentale
Voto: [Recensione] Viaggi a perdere di Rossana Vesnaver

TramaUna casa accogliente, uno steccato dipinto di bianco, una tavola con tanti amici e un vociare allegro che riempie le stanze e il cuore. Solo un sogno però. Perché tra le fessure si nasconde una verità tagliente e brutale, che ferisce e lascia un senso di frustrazione e fallimento: un marito che tradisce, da sempre. E allora lei smette di mangiare riducendosi all’osso, passando le serate in bagno per liberarsi di tutto il male che si porta dentro. Poi arrivano i quarant’anni e decide che lei a questo gioco non vuole più giocare. Prende in mano la sua vita, di nuovo, e libera ricomincia il suo viaggio in cerca dell’amore. Anna, l’amica astrologa, l’ha avvertita: incontrerà l’uomo della sua vita su un mezzo in movimento. Da allora la ricerca si fa attenta, puntuale e tutto ciò che si muove può essere il posto giusto per incontrare il principe azzurro. Anche i pattini, uno skilift e persino un palazzo a Venezia, d’altronde è sull’acqua, magari vale anche quello. Una vita scandita da incontri a volte divertenti, altre preoccupanti. C’è chi dopo pochi appuntamenti compra case immaginando futuri avventati, chi è solo l’avventura di una notte e chi, invece, lascia il segno.

Recensione: Si può vivere impostando il proprio destino su un archetipo rincorso come un chiodo fisso, una fisima che diviene sogno angoscioso, causa di tormento e pena? L’eroina di questa storia identifica se stessa e il mondo con l’universo di Biancaneve, sottomessa alla suggestione del “C’era una volta” e del “vissero per sempre felici e contenti”. Pretende un finale che si addica al mito costruito su di sé, senza capire che prelude a un poi.

La protagonista – poco importa conoscere il suo nome –  è alla ricerca di un principe azzurro, di qualcuno che la ridesti. Da cosa, non lo comprende nemmeno lei. Al momento si fa abbindolare dal magico richiamo di una voce che sa di frasi sdolcinate senza seguito (Donna della mia vita), di declamazioni prive di fondamento, di bugie sussurrate da un marito spergiuro.

Sprazzi di ragione (l’avvertimento sparato dal suo neurone sano) la scuotono permettendole di chiamarsi fuori dall’inganno che la imprigiona: di avventura in avventura – e gliene capitano tra le più sfortunate e inverosimili – a poco a poco dismette il tratto ingenuo e quasi sempliciotto. Comincia a vedere chiaro, ma non cessa di tormentarsi:

Che ci posso fare. Io non posso smettere di sognare. Non posso smettere di pensare che prima o dopo il principe arriverà.

Non è facile muoversi con i piedi in due staffe diverse. Il tutto assume i toni di un nuovo diario di Bridget Jones, pervaso di una verve che ci fa sorridere, come le situazioni che non sai quali attira su di sé e quali rincorre lei stessa:

Perché io mi sono sempre comportata bene, come mi è stato insegnato da bambina e in cambio mi son presa un sacco di pedate nel sedere.

Il romanticismo della prima ora soccombe dinanzi a pieghe inaspettate, ai vari uomini della sua vita che d’incanto si dissolvono lasciando spazio a un fedifrago (quando va bene), a un novello Annibal Lecter, a un operaio edile invischiato in affari loschi:

Inizia così la storia della donna con la sporta di plastica alla stazione di Mestre. Quella che si imbelletta nella toilette del treno. Quella che non capisce più niente quando incontra l’uomo con la bocca e la camicia che sanno di tabacco. 
Una storia a cui sono collegate tutte le altre come in un castello di carte destinato a crollare.

Appunto.

Che senso hanno le storie vissute e descritte in queste pagine? Possibile che siano tutte dei viaggi a perdere? Forse no. Di esse rimane qualcosa, ricordi e soprattutto cicatrici, capelli spettinati, una illuminazione che, finalmente, metterà fine ai tormenti, ai deliri di un’anima in pena per motivi sbagliati.


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