Titolo: Vomitando il Novecento
Autore: Edoardo Pisani
Editore: goWare
Anno: 2013
ISBN: 9788867971077
Formato: eBook (epub)
Lingua: italiana
Dimensioni: 4,9 MB
Prezzo: € 2,99
Genere: Saggio
Voto:
Contenuto: “Vomitando il Novecento” è un percorso ribelle e immaginifico attraverso il ventesimo secolo. Capitolo dopo capitolo, il lettore dovrà fare i conti con teste mozzate e bocche vomitanti, con guerre, ideologie, bombe, fallimenti, neutrini ribelli, animali quantistici, vite non vissute e pose narcisistiche, inseguendo scrittori e opere e finalmente scoprendosi abbandonato in un territorio incerto, inquietante, in una sorta di terra nullius che lui stesso avrà contribuito a creare, leggendo, e che non saprà distruggere. “Vomitando il Novecento” è un pamphlet che affronta e rigetta ovunque l’arte, la storia, la scienza, gli uomini e il loro contrario, ovvero la morte e la sua mappa, la posterità. Perché alla fine non ci sarà nessuna salvezza oltre ai libri e alla letteratura, soltanto altri incubi e altri orrori, gabinetti, nausee, droghe, crisi concettuali, miserie fisiche e psichiche, estinzioni e tragedie umane. Il lettore di “Vomitando il Novecento” e l’autore: le due figure si fondono e si confondono, si equivalgono. Approderanno al nuovo millennio disastrato e sconfitto eppure consapevole, capace di immaginare altre vite e altre epoche e quindi di trasporsi in letteratura, narrativamente. Da ultimo occorrerà salvarsi e vomitarsi di nuovo, dunque, nelle opere dei grandi scrittori che ci hanno preceduto e a cui dovremo ribellarci ancora, per sempre, nel vomito e fra queste pagine, Vomitando il Novecento.
Recensione: Questo pamphlet sul Novecento ha un titolo provocatorio e dissacrante. È tuttavia indovinato giacché l’intento è raffigurare in pochi tratti lo spirito del secolo breve, fino a ingurgitarli, a digerirli, dando a essi una forma e una sintesi compiute.
Sono diversi i filoni nei quali l’autore si muove. Si tratta di temi in apparenza distanti o secondari, che a ben guardare condensano una storia che ci riguarda da vicino: quella di un Novecento che ha aperto la strada a grandi verità scientifiche, ma anche a quelle che confermano, certificano e intensificano la nostra caducità. Insomma: noi possiamo anche ritenerci padroni del mondo, ma lo saremo per poco, e per un caso fortuito.
È proprio la coscienza della caducità, della transitorietà del nostro esistere, il filo rosso di queste riflessioni, che coinvolge scienza (con il principio di indeterminazione di Heinsenberg), filosofia e letteratura.
Il primo capitolo è dedicato allo scrittore opinionista, chiamato a dire la sua sul tema del momento. In un paese in cui si legge pochissimo, egli appare in dibattiti, prende parte a polemiche e dispute, alla stregua di un giornalista, un esperto, un politico. L’esigenza di fondo è comunicare al pubblico la propria esistenza, prima ancora della propria produzione. Lo scrivere (e lo scrivere bene) passa in secondo piano. È vero che uno scrittore va prima letto, meditato, digerito, ma esso tutt’al più diventa prodotto mediatico, e come tale viene divorato.
La scrittura si separa dal suo autore, esiliata e incerta del suo ruolo. A essa spetterebbe l’ultima parola, quella da rivolgere ai posteri. L’opera deve sopravvivere al tempo. Altrimenti si alimenta un equivoco di fondo, che vuole unire l’opera letteraria alla persona fisica dell’autore. La responsabilità dell’opera è una cosa, quella dell’individuo è ben altra.
Il secondo capitolo continua il ragionamento intrapreso, concentrandosi sull’interscambio tra scienza e letteratura, il quale giunge a risultati paradossali. Se nella scrittura emergono l’inconscio, il nulla, l’indeterminato per eccellenza, da essi lo scrittore tenta di uscire, di emergere, come si è visto, esorcizzandoli in qualche modo. Il romanzo di Michel Houllebecq, Particelle elementari, è emblematico:
Se “gli scambi di elettroni tra neuroni e sinapsi all’interno del cervello sono per principio assoggettati all’imprevedibilità quantistica”, i personaggi di Houellebecq diventano particelle elementari, appunto, e l’umanità un ammasso di atomi che si scontrano e si schiantano.
E qual è la natura di questo ammasso di atomi, della materia organica di cui siamo composti, dei nervi e dei muscoli, delle ossa, del sangue che ci compone? La casualità?
La risposta risiede nel terzo capitolo, scandaloso ma solido per la verità che esprime: “Inter faeces et urinam nascimur” professava nientemeno che S. Agostino d’Ippona o, più probabilmente, dando retta a Wikipedia, Bernardo di Chiaravalle. Si tratta di un arduo problema teologico che, per dirla tutta, relativizza la centralità dell’uomo nella creazione stessa:
“O l’uno o l’altro: o l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e allora Dio ha gli intestini, oppure Dio non ha intestini e l’uomo non gli somiglia.” [Corrado Augias, Marco Vannini, Inchiesta su Maria, Milano 2013 p. 30].
In questo modo si esprime Marco Vannini, un eminente studioso di mistica e di tradizione spirituale cristiana. Basta questo per capire che ci si trova davanti a un tabù (le feci) impegnativo e tragico, perché sottintende al disfacimento biologico, avvertimento e previsione della mortalità e della precarietà:
D’altra parte anche una scrittrice raffinata quale Alice Munro spedisce spesso le sue protagoniste in bagno, davanti allo specchio o sulla tazza del water, come la Juliet di Fatalità, che a un tratto si sveglia stordita e bavosa su un treno canadese.
Si giunge così all’ultimo capitolo, quello che chiude il cerchio. Ebbene lo scrittore con la sua onnipresenza, con la sua voce, tra biografia e bibliografia, tenta invano di abbattere il muro del tempo per arrivare ai posteri, dimenticando tuttavia una verità fondamentale: che scripta manent sed verba volant. E se si pretende di essere ricordati più per le parole dette in un talk show piuttosto che nei propri libri, i libri stessi assumeranno la sostanza delle parole pronunciate: voleranno, saranno dilapidate, lasceranno ben poco da ingurgitare, da digerire, da espellere di nuovo.