Titolo: Wunderkind. Una lucida moneta d’argento
Autore: G. L. D’Andrea
Editore: Mondadori
ISBN: 9788804585008
Prezzo: € 17,00
Numero pagine: 390
Voto: ![[Recensione] Wunderkind. Una lucida moneta d’argento di G.L. D’Andrea [Recensione] Wunderkind. Una lucida moneta d’argento di G.L. D’Andrea](http://m2.paperblog.com/i/103/1032827/recensione-wunderkind-una-lucida-moneta-darge-L-TL_JN6.png)
Trama:
Il giovane Caius riceve in dono da un misterioso uomo che si professa suo zio una moneta d’argento, lucidissima ed estremamente fredda al tatto, e fin dal primo momento comprende che in quel regalo non si cela niente di buono. Nonostante tenti ripetutamente di liberarsene, infatti, la moneta continua a tornare da lui – Caius inizia a chiedersi se, in realtà, non stia invece impazzendo.
Ma non è così, non sta perdendo la propria lucidità né il proprio equilibrio mentale: sta iniziando qualcosa di nuovo a Parigi, qualcosa di indissolubilmente, fatalmente legato a lui, alla sua essenza, al suo destino. Qualcosa che è destinato a distruggere la sua vita come l’ha conosciuta fino ad allora. Creature rivoltanti e capaci di inusitate violenze si parano sul suo cammino, rispondenti al volere del Venditore; personaggi insoliti e stranamente assortiti lo circondano, forse perché devono difenderlo, forse perché vogliono, forse perché lo temono. Lo scontro sembra impari e senza fine; sullo sfondo, il Dent de Nuit, quasi invisibile zona di Parigi dove i Cambiavalute e le creature più disparate sono, per così dire, all’ordine del giorno.
Recensione:
Trattandosi del primo volume di una trilogia, suppongo sia logica una certa reticenza da parte della narrazione a svelare segreti che dovranno svelarsi in seguito e a dare spiegazioni che, si suppone, verranno centellinate secondo lo stesso sistema. C’è però un limite.
Le informazioni che il lettore riceve sono così poche da avvicinarsi pericolosamente al nulla. Si cade nel mezzo di questa storia – meccanismo sempre interessante, sempre molto utile per acquistare al protagonista la simpatia (in senso letterale) del lettore – ma l’impressione dominante che si ricava procedendo con la lettura è che, di fatto, non si proceda altrettanto con le conoscenze. Se in genere, infatti, il lettore “impara” insieme al protagonista ciò che sul contesto c’è da sapere, in questo libro ciò non accade. Caius non sembra progredire nella conoscenza di ciò che suo malgrado lo riguarda, e così il lettore – devo dire, purtroppo – rimane pressoché all’oscuro delle ragioni che muovono la vicenda.
Sempre ammesso che poi ci sia davvero, una vicenda, una volta rimossi dal testo gli interminabili ed apparentemente fini a loro stessi passaggi di puro, essenziale splatter. Splatter al quale, a scanso di equivoci, non sono per partito preso contraria, anzi, talvolta non lo disdegno – ma deve avere un senso, contribuire allo sviluppo della trama, essere un passaggio obbligato, in qualche modo, per il lettore che voglia andare avanti. Insomma, una dimensione splatter che serva a spingerci oltre, una dimensione senza la quale tutto ciò che verrà dopo rischiasse di essere male compreso. È così, in questo libro? Mi spiace, ma per il momento, considerando per forza di cose solo questa prima parte della trilogia, no, non è così. Il lettore è costretto ad indugiare lungamente su descrizioni (che per qualcuno potrebbero essere) rivoltanti le quali, pressoché ogni volta, si avvoltolano su se stesse, autocompiacendosi, ma non producono quasi mai scatti avanti nello svolgersi della storia.
Tolta questa che a mio parere è una carenza non da poco, il libro si lascia comunque leggere. Presenta spunti interessanti – che per la Permuta sia necessario l’impiego irreversibile di ricordi, ad esempio, invece della sempre gettonata, pura e semplice “energia”, è un’idea davvero affascinante, così come la descrizione della natura dei Manufatti –, così come si incontrano, strada facendo, pagine che definire ottimamente riuscite sarebbe un’approssimazione per difetto. La scrittura è gradevole, lineare, tranquillamente abbordabile.
Le descrizioni, lamentele sullo splatter a parte, sono molto evocative, in particolare quelle di realtà per così dire inanimate – il Dent de Nuit, ad esempio, è tratteggiato senza eccessiva insistenza, eppure sembra di aggirarsi per le sue vie; la vetrata del Giorni Perduti, così come la storia della sua realizzazione, rappresenta a mio avviso uno dei punti meglio riusciti del libro.
Come spesso accade, le storie dei personaggi secondari finiscono per diventare più interessanti e coinvolgenti di quella del protagonista, non fosse altro per il gran numero di ragazzini sfortunati rimasti improvvisamente orfani da cui muovono molti libri fantasy.
Nel complesso non è certo un libro da buttar via, ma non è riuscito a convincermi. Forse, a costo di ripetermi, è a causa del fatto di rappresentare solo una “prima parte” di una narrazione più ampia, ma l’impressione che a conti fatti non “succeda” granché è dura da togliersi di dosso. Sarà pur solo un “primo capitolo”, ma non è riuscito ad invogliarmi davvero a leggere il secondo.
