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Recensioni a basso costo: E finalmente ti dirò addio, di Lauren Oliver
Creato il 16 settembre 2012 da Mik_94Titolo: E finalmente ti dirò addioAutrice:Lauren Oliver Editore: Piemme Bestseller Numero di pagine: 430Prezzo:€ 11,00 (Sconto 15 %€ 9,35)Sinossi: Samantha Kingston ha tutto quello che un'adolescente potrebbe desiderare: il ragazzo più bello della scuola, tre amiche fantastiche, un'incredibile popolarità. Quel venerdì 12 febbraio si preannuncia come un altro giorno perfetto nella sua meravigliosa vita. Invece non andrà così, perché quella sera Sam morirà. Tornando con le sue amiche in macchina da una festa avrà un incidente. La mattina seguente, però, la ragazza si risveglia misteriosamente nel suo letto ed è ancora il 12 febbraio. Sospesa fra la vita e la morte, Sam continua a rivivere quella sua ultima giornata. Ogni volta si comporterà in modo diverso, cercando disperatamente di evitare l'incidente che la farà morire. Ma riuscirà a uscire da quell'incubo solo quando capirà che non è per salvare se stessa che continua a tornare. La recensione Una volta ho letto che chi muore di fame inizia ad avere fantasie a base di cibo, se ne sta lì per ore a sognare purè di patate e bistecche che colano sangue sui piatti. Ora capisco. Ho fame di un'altra luce, di un altro sole, di un altro cielo.Era bastato solo un romanzo per farmi innamorare irrimediabilmente di lei. Erano bastati il suo stile mellifluo all'ascolto e ruvido per il cuore, gli incubi e i sospiri che la sua penna mi aveva regalato, l'orrore e l'amore che aveva evocato, la dolorosa grazia con cui ci aveva fatto dire ciao a eroi di una realtà impregnata di cinico e freddo realismo perché Lauren Oliver e le sue storie diventassero un bisogno fisico. Per gli occhi e per la testa. Per la mente e per il cuore. Ho letto E finalmente ti dirò addio per ingannare me stesso e il tempo, per convincermi che nel romanzo d'esordio di una Oliver più giovane e acerba avrei trovato quell'emozione che solo il seguito di Delirium avrebbe risvegliato, tra pagine, vecchie conoscenze e scintille brucianti di passione e pericolo. Speravo di anestetizzare la mia curiosità e di mentire ai miei sensi, ma, svegli e scaltri, non si sono lasciati ingannare. Soprattutto, è stata l'autrice stessa a non volere che ci ingannassimo. I suoi lavori successivi non erano frutto del caso o di una maturazione progressiva, solo il consolidamento di una maestria che già in un'opera prima sapeva come farti ridere o soffrire, lottare o renderti una statuina di cera fusa, con i pugni stretti e i denti digrignati in una lotta persa già in partenza. La trilogia distopica che ha reso il suo nome celebre ha una trama innovativa, personaggi ai quali è impossibile non legarsi, un fascino che esplora sentieri ancora inesplorati del mondo young adult. Elementi innovativi che alimentano la gioia dei lettori e arricciano le labbra dei critici in calorosi elogi. Come il tipico degli esordi, E finalmente ti dirò addio è più ingenuo, meno elaborato dei romanzi che l'hanno seguito. Gioca a carte scoperte sin dall'inizio e non vuole sorprendere con colpi di scena improvvisi o sfoggiando assi nascosti. Ha una trama letta e riletta, un intreccio fitto ma che i libri di Guillaume Musso hanno già snodato per noi in passato, un'apparente leggerezza che potrebbe risultare un'arma letale pronta ad incenerire il romanzo nella sua interezza. Eppure il meccanismo non si inceppa; continua a scandire un limbo di giorni tutti uguali, ad intaccare la superficie con colpi secchi e ben innestati, a scavare nella dura corteccia per regalarci uno scorcio di linfa scintillante e di cuori che, rumorosi e veri, battono all'impazzata per un ultimo giorno lungo una vita intera.E' facile ed essenziale, inoltre, rendere il protagonista una persone in cui identificarsi, una voce alla quale ancorarsi. Un'adolescente introversa e persa dietro farfalle e primi baci sognati tra i colori di una storia di principi e principesse; un ragazzo con i pantaloni laceri, un sogno infrangibile e il mondo contro. Devono farsi volere bene, comprendere, renderci dipendenti degli intrecci che parlano di loro. Emarginati che non si arrendono. In caso contrario, il disastro, o quasi. E se leggere di abiti firmati e di mondi in cui tutto è etichettato come “perfetto” ci provoca una smorfia di amarezza, cosa succederebbe se ad accompagnarci per gran parte del romanzo fosse una rabbia incendiaria? Cosa succederebbe se, al posto delle ragazze acqua e sapone della porta accanto, ci trovassimo a leggere di stronze che credono di avere l'universo in pugno e la scuola ai loro piedi?E' come se la scuola superiore celasse due mondi diversi che girano uno intorno all'altro senza toccarsi mai: chi ha e chi non ha. Immagino che vada bene così. In fondo la scuola dovrebbe preparati alla vita reale.La Oliver ci pone in questa esatta situazione. Ci scoraggia immediatamente, prima con una storia che non promette lampi di innovazione, poi animandola con mostri di arroganza e egoismo. Samantha e le sue amiche sono odiose, detestabili, dei bulli in gonnella verso le quali non troviamo alcuna giustificazione. Non hanno famiglie disastrose alle spalle, non sono state cresciute da genitori separati che compravano il loro affetto, non hanno vissuto in una città in cui il denaro e la corruzione regnano indisturbate. Potrebbero essere le reginette di bellezza di un paesino di provincia qualsiasi. Fanno volontariato, spediscono curriculum per le università più prestigiose, affrontano la vita sorridendo. Sorridendo dinanzi alla sofferenza altrui, al dolore, alla solitudine, al vuoto che domina le loro esistenze vuote. Beffarde, sleali, cattive. Sono le protagoniste superficiali di uno di quei filmetti dell'orrore in cui, tra gli spettatori, partono scommesse sulla prima che, in un'allegra spedizione in una casa stregata, perderà il reggiseno o la testa. Le aguzzine che avevano spruzzato di sangue e risate di scherno il ballo scolastico della Carrie di Stephen King. I loro discorsi scorrono come un mare di chiacchiere insulse. Un bla-bla-bla continuo e assordante in cui la verginità è descritta come un cerotto ripugnante da buttare via, i ragazzi come pezzi di carne da addentare e le ragazze, invece, come vitellini candidi da portare al macello. Verrebbe da strappare le numerose pagine che danno spazio alla loro insensatezza; da ridurle in pezzi piccoli piccoli quanto lo sono i loro cervelli – annebbiati dall'alcol, confusi dalle luci stroboscopiche di un party, fusi sotto la suola di un paio di zeppe firmate o sul fondo di una costosa borsetta. A prevalere, infine, sarebbe un'altra esigenza. Quella di prendere quello che resta delle pagine e di ricomporle, per osservare il disegno finale di un puzzle composto a luci spente. Di sudare e imprecare dietro quei frammenti grandi un'unghia, perché sono unici, autentici ed imperdibili. Indimenticabili.Rabbrividisco pensando a quanto è facile sbagliarsi riguardo alle persone, vedere una parte minuscola e scambiarla per il tutto, vedere la causa e crederla l'effetto.Lauren Oliver non è una semplice autrice. E' una filantropa che ci rende partecipe dei suoi meravigliosi sogni. Una costruttrice di momenti perfetti. Una personal designer che abbozza i modelli delle nostre vite. In un romanzo che racchiude una coralità di voci, spesso snob e frivole, riesce a rubarti un coccio di cuore. A farti commuovere dinanzi alla storia di uno Scrooge al femminile che si trova protagonista di un Canto di Natale ripetuto all'infinito, ma che, a colpi di rivelazioni e redenzione, combatte la monotonia di una settimana bloccata per sempre alla nevosa giornata del 12 Febbraio e che, tra sbagli e rimpianti, darà all'amore il volto dell'impacciato Kent – occhi del color dell'erba, un cappello a cilindro, jeans sdruciti e Vans a quadretti – e ad un'anima afflitta un'occasione in più. E quando, finalmente, Samantha ci dirà addio, noi vorremmo non lasciarla andare. Trattenerla egoisticamente ancora con noi. Perché dirle addio significherebbe rinunciare alle pungenti e irresistibili battute tra lei e le sue amiche, ai rituali mattutini della sua famiglia, alla tenerezza verso la sua sorellina Izzy, a Juliet e al sensibile Kent. Significherebbe lasciarla, ma non dimenticarla. Lei è ovunque, attorno a noi. E' la ragazza più ammirata della scuola, la modella con un buco perenne nel petto e nello stomaco, l'arpia che ci ha attribuito il peggior soprannome e la bambina che ha voluto dire addio alla sua innocenza sulla scia delle mode. Una maschera apparentemente perfetta, cucita di attimi mancati e difetti, che ci ha mostrato l'impalcatura di fili rattoppati che mantiene alto il suo sorriso e segreta la sua verità.Il mio voto: ★★★★ +Il mio consiglio musicale: James Morrison - I won't let you go (Perfetta.)
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