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Titolo: The Giver – Il donatore Autrice: Lois Lowry Editore: Giunti Y Numero di pagine: 256 Prezzo: € 9,90 Sinossi: Jonas ha dodici anni e vive in un mondo perfetto. Nella sua Comunità non esistono più guerre, differenze sociali o sofferenze. Tutto quello che può causare dolore o disturbo è stato abolito, compresi gli impulsi sessuali, le stagioni e i colori. Le regole da rispettare sono ferree ma tutti i membri della Comunità si adeguano al modello di controllo governativo che non lascia spazio a scelte o profondità emotive, ma neppure a incertezze o rischi. Ogni unità familiare è formata da un uomo e una donna a cui vengono assegnati un figlio maschio e una femmina. Ogni membro della Comunità svolge la professione che gli viene affidata dal Consiglio degli Anziani nella Cerimonia annuale di dicembre. E per Jonas quel momento sta arrivando... La recensione Nel mondo di Jonas non c'è nulla che non vada; niente che sia lasciato al caso. Non esistono disparità sociali, razze differenti, guerre, divorzi: regna l'Uniformità. Non si hanno motivi per cui lottare o ribellarsi. Puri, anestetizzati, sognanti, si vive in un futuristico Eden che l'antico peccato di Adamo ed Eva non ci ha strappato del tutto dalle mani. Le famiglie hanno due figli a testa: un maschio e una femmina, a cui altri assegnano il nome. Non esistono gemelli, non esistono individui con lo stesso nome di battesimo. Si è unici. I neonati, partoriti da donne ai margini e assegnati secondo piani precisissimi, sono concepiti senza fare l'amore. I bambini, divisi per età, aspettano per tutto il tempo il sopraggiungere dei dodici anni: allora, piccoli ma già adulti, conosceranno lo scopo della loro esistenza. Anno per anno, una festosa celebrazione pubblica regala piccole soddisfazioni, e li ringrazia per la loro preziosa infanzia. Man mano che crescono, permette loro di tagliare i capelli, di indossare una divisa coi bottoni sul davanti, di inforcare una bicicletta e giocare, di avere un fratellino o una sorellina con cui crescere. Jonas è il ragazzino perfetto nella famiglia perfetta: non ha segreti. Deve raccontare a tavola le sue emozioni, le sue paure, i suoi sogni... perfino quando, una notte, emozionato, sogna di fare il bagno tutto nudo con l'amica di sempre, Fiona. Il desiderio lì ha un altro nome: Impulso. Ma niente paura: gli ormoni, i turbamenti, il calore nel petto si curano ingoiando un'innocua pillola giornaliera. Gli effetti collaterali – non detti – sono che ammazza l'amore: e che cos'è l'amore, tanto? Jonas impara quella e altre parole - “neve”, “sole”, “collina”, “gioia”; ma anche “guerra”, “abbandono”, “morte” - nel suo duro apprendistato presso il Donatore: un uomo vecchio e saggio, che gli regala millenni di ricordi passati. Per non dimenticare e non commettere gli stessi, crudeli errori. Il suo destino, da grande, sarà essere un contenitore di memorie: una biblioteca vivente, con libri fragili e impalpabili che nessuno può consultare. Ci sono cose che nessuno, a parte lui, dovrà sapere. Egoista, potrà serbare per lui la sensazione del gelo sulla punta del naso o sui polpastrelli sensibili. In silenzio, solo, potrà essere tormentato da rivelazioni che, com'è successo a una fanciulla di cui nessuno pronuncia più il nome, potrebbero spezzargli il cuore o, peggio, farlo morire dentro. The Giver è un romanzo stampato e ristampato, sotto altri nomi e altre vesti grafiche. Probabilmente, tanti ricollegheranno il titolo a un film di prossima uscita, con un cast in cui spiccano mostri sacri di Hollywood (la mia amata Meryl Streep; Jeff Bridges) e volti giovani e nuovi. Io, pur consapevole degli scandali e dei tagli, delle manomissioni della censura e delle controversie più disparate, mi ci sono avvicinato tardi, complice, al solito, l'uscita della trasposizione cinematografica che, per ragioni pienamente condivisibili, presenterà non poche differenze. Necessario, infatti, rinnovare un romanzo che invecchia indubbiamente bene, ma che porta i segni dell'età.
Mi avrebbe dato fastidio guardare il film senza sapere cosa c'era prima; il resto: l'approccio delicato e lieve di Lois Lowry, il colore degli occhi del Jonas che da vent'anni vive tra le pagine, le fattezze di un mondo distopico, forse, direttamente successivo a quello di Orwell e Bradbury. The Givery c'era prima, semplicemente. Prima che le mode spingessero esordienti di ogni dove a cimentarsi con il genere, e quando alcuni argomenti, esplosivi, non potevano essere trattati. Non in un libro per bambini. Non potrei definirlo diversamente, pur volendo: il primo volume di questa fortunata tetralogia, spacciato per young adult alla moda, per quello che non è, è pensato come un libro per l'infanzia. Una lettura che è un rito d'iniziazione, un'agrodolce perdita dell'innocenza. Una narrazione dai tempi stringati, vicina alla dimensione del racconto per via dei suoi capitoli brevi e delle strutture sintattiche quasi elementari, che – tirandoti per il bavero della giacca – ti porta in basso, alla sua altezza.
Per duecento pagine, ti ritrovi alto (o basso) come quando avevi dodici anni: alcune cose non le vedevi, certo, ma ne vedevi altre. Il romanzo, tra colpi di scena e brividi, è una riflessione dal sapore etico, incorniciata per bene in una prospettiva originale e vagamente spiazzante. L'unico problema del romanzo, ai nostri giorni, è trovarsi in presenza di un pubblico smaliziato, ormai assuefatto. Niente sembra nuovo, anche se il romanzo è attuale, bello, aperto a tante diverse interpretazioni e tutte giuste; il finale, frettoloso, è una pecca, anche se la sua totale incertezza lascia in pace con se stessi...
L'importanza delle dissonanze, il terrore della perfezione, perfino l'eco del nazismo. Il mio consiglio, quindi, è quello di leggerlo guardando alla linea del tempo; con il senso della prospettiva storica: uscito nel 1993, quando io non ero ancora nato, ha rappresentato il punto di partenza per saghe valide come quella di Matched, Divergent, Delirium. La Lowry, oggi anziana, è un'autrice che ha fatto scuola. Nel modo più velato possibile in cui si possa essere onesti con un bimbo ormai sulla soglia dell'adolescenza, in uno scenario da leggenda che inquieta, lei parla – tra le righe e non – di infanticidio, razzismo, fanatismo, eutanasia. Dove dovresti inziare a vedere il marcio, però, il mondo si riempie inaspettatamente di colore. E che cos'è il colore, chiederebbe un membro qualsiasi della Comunità? Quello che, da bianco e nero, fa diventare quel mondo cupo in Technicolor. Solo allora, alla luce spietata della conoscenza, vedi i pregi e i difetti; prima, a causa di quel basilare contrasto, tutto si limitava ad essere pura ombra. La verità rende liberi e, spesso, è necessario scappare via, per esserlo; quando nessuno ti è amico, i neonati difettosi hanno bisogno di una seconda opportunità, una casa non è una casa. Il mio voto: ★★★½ Il mio consiglio musicale: OneRepublic – Ordinary Human ("The Giver" Soundtrack)
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