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Recesione de “Il soffito di Claudia Piccinno” by Deborah Mega

Da Parolesemplici

ilsoffito-claudiapiccinno“Il soffitto” di Claudia Piccinno per le edizioni La Lettera Scarlatta costituisce una prova matura e convincente dell’autrice. Già il sottotitolo e la copertina dedicata a Gloria Swanson, grande star del cinema muto hollywoodiano, rimandano ad altri tempi, ad altre eroine, che, nonostante appartengano ad un passato lontano, non smettono di irradiare fascino per chiunque vi si accosti. Allo stesso… modo il soffitto è per la poetessa lo schermo su cui scorrono Cortometraggi d’altrove, il ricordo della terra d’origine, lontana nello spazio ma insita nel profondo, dei propri cari, quelli vicini e reali ma anche quelli dispersi. Il carattere dominante della silloge rivela senza dubbio l’urgenza del dire, un’emergenzialità che non di rado si fa poesia attraverso la trattazione di temi esistenziali, del viaggio proprio e altrui fino a dedicare un pensiero ai migranti, costretti a lasciare la propria terra con la speranza di una vita migliore.

Vi sono trattati anche l’amore negato, il rapporto con l’altro da sé, temi sociali come la violenza sulle donne, la prostituzione, l’attesa prima di un responso o di un viaggio, la follia, vera condanna dell’uomo contemporaneo. Altra presenza fondamentale è il tempo, quello dell’esistenza, che diviene nel racconto, coscienza del vissuto, esperienza da cui apprendere ogni giorno ed ecco che anche i sentimenti quotidiani come la gioia, la rabbia, l’orgoglio, il perdono, il coraggio, l’indifferenza o oggetti di uso comune diventano motivo di canto. Affiora una malinconia di fondo, la stessa che si può ritrovare anche nelle precedenti sillogi dell’autrice, laddove si parla di limiti che ostacolano il volo, di disamore, di carezze mai elargite, di immobilità e afasia. Da grande osservatrice qual è, Claudia Piccinno racconta una vita in azione, l’immanenza dei fenomeni, quell’insieme di azioni quotidiane, veri fotogrammi in realtà in successione, di cui se ne traccia la didascalia. Restano echi classicheggianti e rivisitazioni mitologiche quando si parla della rabbia che, come Medusa, pietrifica chi osi guardarla o di Caronte che traghettò “dalla guerra al naufragio”o ancora del disprezzo di Narciso per Eco, “eroina del disamore”. Dal punto di vista stilistico, è poesia comunicativa, espressiva, mai ambigua nè aspra o ridondante anche se non si disdegna talvolta il registro riflessivo-narrativo della prosa poetica.

Ritmo, emozione, riflessività si ritrovano nel corso della silloge: anche la chiarezza espressiva non deve trarre in inganno. Il lettore attento sente che oltre le parole c’è dell’altro, la nostalgia, il ricordo, la profondità dei sentimenti evidenti nei numerosi slanci lirici, nei versi incisivi e lucidi perché rivelano un’attenzione al mondo non comune e mai banale o prevedibile. E mentre la poetessa attinge al proprio ricco patrimonio interiore, procede alla ricerca “dell’azzurro del giorno / sepolto sotto coltri d’oblio” ma non meno desiderato o ambito come quando Saba in Meditazione, tratta dal Canzoniere, scriveva “Sfuma il turchino in un azzurro tutto stelle. Io siedo alla finestra e guardo. Guardo e ascolto; però che in questo è tutta la mia forza: guardare ed ascoltare.” Allo stesso modo in questo è tutta la forza dell’autrice: nel guardare e nell’ascoltare per dare voce a chi non ne ha e per riuscire un giorno a “riabbracciare il cielo”.


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