ripresa, con lo stato di depressione attuale, è un rischio che non ci si può permettere, data l’attuale governance europea. E il debito bisogna aggredirlo e ridurlo drasticamente. Il problema è quale ricetta usare: tassare di nuovo i già spremuti cittadini italiani oppure ricorrere da altre soluzioni? Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze all’Università Bicocca di Milano non ha dubbi al proposito.
Professore, che cosa occorre fare in circostanze come queste?
Pensare di spremere ancora i cittadini con altre tasse sarebbe il suicidio finale. Il problema che si pone è quello che affrontano tutti i debitori con minimo di sale in zucca: vendere quello che hai di valore in casa. Che cosa altro puoi fare se le tue entrate non riescono a pareggiare le uscite? E oggi lo Stato, con questo “governo di tecnici”, può fare questa scelta.
Dove sono questi “oggetti di valore”?
C’è un patrimonio immobiliare italiano pubblico che è calcolato, con una stima approssimativa, su un valore di 300-400 miliardi di euro. Se si riuscisse a valorizzarlo e venderlo, non svenderlo come stanno facendo adesso in Grecia, significherebbe abbattere il debito pubblico almeno del 20%. Probabilmente basterebbe cominciare a vendere qualche cosa, dare un segnale e già questo sarebbe utile. Il problema è che finora non si vende nulla.
Come mai si ha solo una stima?
Perché i grandi edifici pubblici e storici non sono catastalizzati. Ma si può rimediare. Poi si possono mettere in vendita anche le grandi imprese pubbliche. Insomma, per ripagare il debito bisogna ormai ricorrere al patrimonio, non andare a ricorrere sempre al conto economico per cercare di mettere nuove tasse. Questa era un’abitudine anche di Giulio Tremonti, il quale diceva che aveva un “vestito” dove in una tasca c’era la ricchezza privata e nell’altra il debito pubblico. Oli Rehn gli rispondeva che mancava la tasca della ricchezza pubblica. È sperabile che un “governo di tecnici” arrivi a una soluzione per trovare questa terza tasca del vestito italiano.
Possiamo fare qualche esempio di grandi palazzi italiani che vengono non valorizzati, ma quasi mortificati?
Senta, io capisco che Palazzo Chigi e il Quirinale sono dei simboli e come tali devono restare, ospitando il Presidente del Consiglio e la Presidenza della Repubblica. Ma vorrei comprendere perché tanti storici e imponenti edifici pubblici devono offrire il loro spazio al lavoro di Comuni, Province, Prefetture, Comandi di vigili urbani e dei pompieri. Perché un luogo come Palazzo Marino deve essere la sede degli uffici del Comune di Milano? Oppure Palazzo Isimbardi quello della Provincia? Perché il Comando dei vigili urbani deve stare in piazza Beccaria? Sono edifici storici di grande valore che sarebbero adatti a ben altra funzione. Palazzo Marino non potrebbe essere un museo? Poi c’è Brera che non è in grado di fare vedere tutti i quadri della pinacoteca. E sto facendo esempi solo piccoli, quelli che mi vengono in mente al volo.
Come si potrebbe mettere in vendita questo patrimonio?
Valorizzandolo e poi creare un “veicolo”. Si potrebbero emettere titoli, obbligazioni che sono garantite dal valore dello stesso immobile. Capisco che non è simpatico, ma se si vuole uscire da questa situazione quale altra strada esiste? Quella di rimettersi a tassare la gente? Siamo al limite, non è più possibile. Una manovra coraggiosa e creativa un “governo dei tecnici” potrebbe permettersela.
Questa è l’unica strada possibile?
Al momento è l’unica strada realistica, altrimenti si arriva sempre alle manovre e a nuove tasse. Insomma, se si vuole abbattere il debito si deve pur vendere parte del patrimonio. Che cosa hanno fatto gli aristocratici inglesi, quando erano a corto di quattrini, con le loro grandi dimore? Ne affittavano alcune ali e così risparmiavano. Al momento, altre ricette non ne vedo. fonte
Intervista di Gianluigi Da Rold a Ugo Arrigo