Charlie Chaplin usò immagini, suoni e simbologie tipiche del nazismo per dare un senso immediato al suo immortale capolavoro “Il grande Dittatore“.
Noi stiamo parlando di una tattica diversiva, un paragone comunissimo all’interno delle fitte maglie della Rete, a tal punto che Mike Godwin (avvocato americano, membro del consiglio amministrazione della Open Source Initiative) ha creato una regola empirica ad hoc che dice “Mano a mano che una discussione su Usenet si allunga, la probabilità di un paragone riguardante i nazisti o Hitler si avvicina ad 1“.
Ma che cos’è esattamente questa tattica? Vi sorprenderete di quanto comune sia, al giorno d’oggi, l’uso che spesso facciamo di questa particolare tecnica della retorica, ampliata nella sua radice filosofica nota con il nome di argumentum ad hominem.
È in pratica il modo con il quale tentiamo di giustificare o validare una certa argomentazione utilizzando un paragone in negativo di tipo personale, riconducibile ad una specifica persona che a nostro parere incarna l’ideale della nostra idea od il suo contrario. Complicato? Forse lo può sembrare mentre si tenta di spiegarlo, ma con un semplice esempio molti di voi si riconosceranno in questa frase:
“Tu ti stai sbagliando, perché Hitler disse qualcosa di simile e dato che Hitler era malvagio, quindi anche tu devi essere malvagio”.
Inutile dire che il messaggio porta con sè una carica emotiva, volta ad irritare e/o distrarre l’interlocutore con argomentazioni assolutamente non rilevanti per la discussione in corso.
Su Internet viene usato spesso ed ampiamente il Reductio ad Hitlerum soprattutto su forum o pagine che trattano politica, ma non solo: è assai comune anche in altri campi che poco o nulla hanno a che fare con la politica o con la storia del 1900, e di solito viene utilizzato questo “trucco” per tentare di screditare (a volte persino inconsapevolmente) il nostro interlocutore paragonandolo ad Adolf Hitler o al Nazismo, cosa che durante una discussione pubblica ad esempio su Facebook (spesso animata da interventi scottanti) può scatenare un vero e proprio attacco in massa verso il bersaglio.
Un tipico esempio (ironico) dell’uso di un argomentum ad hominem si ritrova nell’immagine riportata a fianco. La traduzione è “Sei in difficoltà durante una discussione? Urla RAZZISTA e zittirai l’opposizione, che terminerà la discussione e ti permetterà di reclamare la vittoria!”
Di fatto questo modo di porsi durante una discussione è spesso indice di una scarsa capacità di proseguire nella stessa con argomenti realmente valide, per cui si tenta (quasi istintivamente molto spesso) di usare manovre diversive per allontanare gli spettatori e l’interlocutore dal vero centro del discorso.
Ogni tipo di argumentum ad hominem porta con sè un errore di fondo, cosa che lo rende nel 100% dei casi fallace come si può facilmente dedurre dall’esempio di seguito riportato:
“Hitler era vegetariano, anche Gandhi era vegetariano e dato che Hitler era malvagio anche Gandhi doveva essere malvagio”.
Con l’uso di questo assurdo paragone abbiamo di fatto dimostrato che ricondurre un argomento ad una specifica persona non lo rende più vero di quanto in realtà sia.
Molte volte durante la nostra vita tentiamo di giustificare nostre convinzioni personali usando le più svariate argomentazioni, cercando in ogni modo di renderle il più oggettive possibile per trovare credito ed approvazione dalle persone che ci circondano.
Dopo aver seguito questa spiegazione, l’immagine presa da un famoso quotidiano riportata qui sotto dovrebbe apparire ai vostri occhi in maniera assai diversa. Internet e soprattutto i social network sono la “culla” della moderna ricerca di affermazione personale: non lasciamoci sviare dall’egoismo, tentando di fare in modo che tutti la pensino come noi.
Altrimenti finiremmo col diventare fin troppo simili ad Adolf Hitler.
Profilo di Simone Granata
Nato nel 1982, studi di economia e di informatica: appassionato di videogames, computer, internet, musica (soprattutto generi alternativi), politica, viaggi ed animali