Ho lasciato passare qualche giorno per lasciar decantare un po' la questione, ma oggi voglio dire la mia, anche perchè la cosa non ha preso, secondo me, una piega di valutazione oggettiva dei fatti. Si sono invece sempre di più estremizzati i punti di vista ed i commenti, tutto a danno di una visione reale e produttiva. Ascoltando con attenzione tutti i commenti politici e giornalistici ed anche le chiacchiere da bar tra amici, le due posizioni si sono cristallizzate con una completa mancanza di comunicazione, deformando fatti e generalizzando situazioni al solo fine di dipingere una verità che tale non è e per demonizzare la parte avversa a fini forse diversi dall'effettivo contendere.
Io penso che siano stati fatti errori da entrambe le parti e mi piacerebbe poter esaminare il tutto da un punto di vista oggettivo e non schierato, come si dovrebbe sempre fare per avere una valutazione utile di un problema e del risultato scaturito alla fine. Naturalmente come è umano e giusto, ci sono molte verità diverse ed in apparente contraddizione tra loro, quindi sbandierarne una, non significa automaticamente poter imporre il proprio punto di vista, perchè come in tutte le cose ci sono interessi particolari, diversi e contrastanti, ci sono interessi comuni, altri ancor più generali e infine ci sono realtà funzionali di sistema che devono essere accettate a prescindere fino a che questo sistema è in atto.
Per esempio io potrei dire che il sistema ecomomico su cui si regge l'economia mondiale non mi piace e che lo vorrei diverso, però devo ammettere che per primo non vorrei rinunciare ai benefici che questo mi comporta ed inoltre devo riconoscere che questo sistema si è rivelato il migliore per il benessere della gente, mentre tutti gli altri proposti fino ad ora hanno dimostrato di essere peggiori, in termini pratici ed etici. Ciò premesso, vorrei esaminare il contenzioso dai vari punti di vista, tutti con pari dignità evidentemente. Il sistema economico in cui viviamo e di cui non possiamo (per il momento) fare a meno, prevede che una azienda di queste dimensioni, per alcuni prodotti come l'auto, per esistere non possa ragionare se non in chiave mondiale e quindi al di sopra dei punti di vista dei singoli stati e per sopravvivere debba comunque cercare il massimo della sua efficienza, pena la morte.
Questo si raggiunge con un mix complesso che comprende, la scelta dei siti produttivi, condizionati dai mercati di vendita e dagli aiuti che tutti gli stati offrono per accaparrarsi gli investimenti, la ricerca per avere i modelli più appetibili al mercato al prezzo più conveniente, ottenuto tramire, la migliore organizzazione aziendale e non ultimo anche se minoritario del costo del lavoro. Tutto questo al fine di avere utili, fine unico e giustificativo dell'esistenza stessa dell'azienda. Quindi un'azienza deve correttamente perseguire, pena la sua chiusura, tutti questi punti senza esitazioni. Un altro punto è quello delle organizzazioni sindacali. Queste devono tendere all'ottenimento delle migliori condizioni possibili per i propri iscritti e contemporaneamente, se possibile non accettare soluzioni che diminuiscano il loro potere nella partita in gioco, anch'essi pena la loro stessa sopravvivenza.
Il governo, da parte sua, dovrebbe, valutando la situazione economica globale, le peculiarità del paese e delle leggi in vigore, operare per consentire le migliori condizioni a che l'azienda avesse interesse ad aumentare l'investimento nel paese per migliorare quindi la condizione economica non solo di quei dipendenti ma di tutti, quando questo influisce sull'indotto e sull'intero territorio. I singoli, da un lato sono interessati ad avere le migliori condizioni possibili, dall'altro ad avere certezze sul mantenimento del lavoro, con tutta una miriade di situazioni personali diverse quando non opposte, con gente interessata a lavorare di più pur di guadagnare di più, ad altri che vorrebbero più tempo libero, altri preoccupati solo di averlo il lavoro, altri ancora infine che sono quasi al termine della loro carriera e che vedendo assicurato l'atterraggio alla pensione dalla tempistica e dalle protezioni sociali, sono meno sensibili al successo dell'azienda di fronte alla prospettiva di aggravare anche se in piccola parte il loro carico di lavoro. Punti di vista diversi, tutti comprensibili e di pari dignità a mio parere. A questo punto ci sono dei punti fermi che difficilmente possono essere criticabili. Può un'azienda accettare di perdere denaro e di condannarsi alla chiusura? Ci sono modi per impedire ad un'azienda di chiudere e di andarsene prima di fallire? Si può difendere onestamente un assenteismo che vada al di là di una percentuale fisiologica?
Non credo che si possa dire ad uno: porta qui i tuoi soldi alle mie condizioni. Io non glieli darei. Esaminiamo adesso i fatti storici. Fiat era nel 2004 una società ufficiosamente fallita, i cui responsabili cercavano solo il modo di uscirne chiudendo la baracca e vendendo alla meno peggio lo spezzatino. Nessuno può onestamente negare che il buon Sergio abbia rivoltato la frittata. Ha confezionato il pacco alla GM, poi a poco a poco ha comiciato a risanare, turando le varie falle provocate dalla incapacità e dalla cattiva volontà di chi lo aveva preceduto, questo mi sembra, con utilità dell'azionista, ma anche di chi ci lavora e del paese nel suo complesso. Con l'operazione Crysler, ha dimostrato di poter fare di Fiat un player globale, ma pare che gli unici a non crederci siano proprio gli italiani, che con una mentalità molto alessandrina, stanno appoggiati all'angolo della piazzetta con occhio diffidente ad aspettare la caduta. Noi siamo i primi e più convinti detrattori della qualità delle auto Fiat e ne meniamo vanto. Bisogna considerare altresì che tutte le aziende dell'auto sopravvissute (e non è ancora finita) hanno usato le stesse armi per uscirne fuori. Tralasciando il terzo mondo, sia in USA che in Germania i lavoratori hanno accettato anche riduzioni salariali (non di ipotetici diritti) per cercare di farcela. Per questo io ho pensato che la proposta Marchionne non negoziabile andasse accettata.
Dove ha sbagliato? Secondo me, non ha valutato a sufficienza, forse mal consigliato, che nella nostra realtà devi concedere molto all'immagine e alla ricerca dell'ottenimento di un consenso più generale. Inoltre ha sbagliato a porre la sfida con il tono del ricatto, cosa che punge l'amor proprio di chiunque. Il governo ha sbagliato nell'essere totalmente assente dalla vicenda, mentre in tutti gli altri paesi vengono fatte offerte di tutti i tipi e ponti d'oro per mantenere investimenti di questa portata. La FIOM ha sbagliato nel estremizzare i sacrifici richiesti (remunerati comunque) facendone lo schermo al timore preponderante di perdere la propria posizione di potere. Il cittadino comune e l'intellettuale hanno sbagliato quando vogliono prendere come giusto e assoluto un atteggiamento tale solo nella teoria, ritenendo inaccettabile subire un'imposizione o una perdita, di qualunque tipo essa sia, senza valutare il caso nella sua complessità e soprattutto ineluttabilità.
Forse anche io avrei votato No se fossi stato a tre anni dalla pensione e non fossi in fondo interessato ai destini aziendali. Al di là della fisiologica area di dissenso penso che questo punto abbia portato al risultato finale, che sinceramente, credevo sarebbe stato più rotondo per il Sì. Personalmente se avessi un'azienda il Sergio lo assumerei subito e se fossi un operaio avrei votato Sì, perchè credo che fosse la soluzione più vantaggiosa comunque, se fossi stato il responsabile FIOM avrei valutato che comportandomi in questo modo avrei avuto un certo successo immediato (il 46% è un successo a tutti gli effetti) ma che sul lungo periodo tutto questo sarebbe stato dannoso anche al sindacato, se fossi stato il governo, ragazzi, avrei avuto da pensare al bunga bunga, quindi per cortesia, non avreste dovuto farmi perdere tempo in queste sciocchezze.
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