Referendum sulla scuola a Bologna, vince la scuola pubblica.

Creato il 27 maggio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Ogni anno il comune di Bologna destina 36 milioni di euro alle scuole materne, altresì dette “d’infanzia”. Di questi, 35 milioni vengono  investiti nella scuola pubblica, il milione rimanente girato alle scuole private, che da sole nel capoluogo emiliano accolgono e crescono 1500 bambini circa. In tempi di crisi e tagli all’istruzione, quei soldi pubblici destinati dal sindaco Merola alle scuole paritarie non sono andati giù a molti. I più infervorati tra loro si sono riuniti nel Comitato Articolo 33 (dalla Costituzione:”enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti d’educazione, senza oneri per lo stato”) ed hanno ottenuto un referendum abrogativo svoltosi ieri. La città di Bologna era chiamata a scegliere se utilizzare quei soldi per gli enti pubblici (A) o mantenere il sistema integrato pubblico-privato (B).

Come spesso accade in questi casi, il milione di euro da destinare è stato più o meno involontariamente utilizzato dalla sinistra italiana come pretesto per contarsi e guardarsi allo specchio. Ne deriva che la spaccatura emersa dal referendum di Bologna sia la cartina tornasole di un profondo senso di smarrimento a livello nazionale. Cinque Stelle, SEL, il professor Rodotà e i bolognesi del collettivo Wu Ming, che in città sono in grado di spostare più di un voto, si sono detti a favore dell’opzione A. Il Partito Democratico invece non solo si è espresso negativamente sull’utilità del referendum (Romano Prodi) ma ha addirittura intrapreso una serrata campagna a favore dell’ipotesi B, per mano di Matteo Renzi, del ministro Carrozza, dello stesso sindaco Virginio Merola. Al fianco dei loro alleati su scala nazionale, il PdL. Con il benestare e il supporto di tutta la struttura ecclesiastica, dalle suore che si sono recate ai seggi ieri mattina agli eccellenti membri della Curia (il cardinal Bagnasco su tutti, evidentemente non abbastanza impegnato nell’officiare i funerali di Don Gallo).

Com’è andata a finire? Ha vinto l’opzione A, il milione di euro destinato alle scuole materne private passerà a quelle pubbliche. Ma non mancano le polemiche, incentrate tutte sui numeri e sulla scarsa adesione al referendum. Hanno votato infatti in 80.000 su 300.000 cittadini, cifra decisamente bassa, pari al 28% degli aventi diritto. Di loro, 50.000 hanno segnato la croce su A, solo 35.000 su B. 59% batte 41%, i soldi dello stato tornano allo stato. Numeri simili danno adito a chi il referendum non lo voleva di puntare il dito contro il Comitato Articolo 33. Si ricorda ai circa trenta attivisti a favore di A che è inutile trattenere un milione di euro nelle casse del comune quando per allestire i seggi e pagare gli scrutatori se ne spenderanno già 500.000, ma dall’altra parte ci si appella ai sani e poco saldi principi della democrazia.

La questione, oltre che pragmatica ed economica, era anche e soprattutto ideologica. Da Bologna è stato lanciato un messaggio alla nazione: chi ha di più deve dare di più, specialmente in un contesto di piena recessione come quello che l’Italia sta attraversando. Le suore e i preti (la Chiesa gestisce 25 delle 27 scuole materne private a Bologna) alzeranno le rette e i genitori che potranno permettersi di far fronte all’aumento lo pagheranno; in caso contrario, c’è sempre la scuola pubblica. Un milione è poca cosa, se confrontato alle cifre della recessione assume un valore quasi simbolico. Quel milione può diventare simbolo di tanto, anche se per ora lo è di una sinistra sempre più divisa, fratricida e spaccata su temi che dovrebbero essere i suoi cavalli di battaglia.

Articolo di Matteo Fontanone.


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