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Reietto – una storia vera Ip

Da Parolesemplici

Reietto2

Introduzione

Spesso quando si cerca di scrivere una storia che non ha legami con la realtà si ha sempre il timore di riportare vicende che siano eccessivamente fantasiose. Molto spesso, però, la realtà smentisce ogni convinzione, proponendo fatti che si mostrano di gran lunga superiori alla fantasia. Le pagine che seguono sono nulla più che un racconto di vicende reali, narrate seguendo la linea temporale degli avvenimenti.

La volontà di eseguire la stesura di un libro inchiesta, su una vicenda peculiare che però abbraccia numerosi ambiti del vivere il quotidiano in Italia, si concretizza attraverso la pubblicazione dei nomi di personaggi famosi e delle azioni a loro collegate, senza censura o limitazioni di sorta.

La documentazione, fedelmente riportata, possiede una tangibile e verificabile certificazione che rende la loro testimonianza inconfutabile.

E’ oltremisura doveroso sottolineare che le azioni, i comportamenti e quanto altro si lega a tali personaggi nulla ha a che vedere con l’insulsa ed inaccettabile moda del gossip a tutti i costi di italiana fattezza.

I fatti riportati possono essere considerati oggetti di valida, necessaria e preoccupante analisi, che spingono i loro effetti nefasti su numerosi settori della costruzione e evoluzione della società italiana. Ciò che avviene, attraverso i modi con i quali succede, suscita ancor più preoccupazione perché mostra di essere la consolidata consuetudine di un sistema che inficia ogni aspetto del vivere sociale.

E’ auspicabile che, dopo aver letto con attenzione fino a dove può spingersi un certo tipo di potere in Italia al fine di affondare gli artigli anche su un banale argomento, qualcuno dall’interno dei palazzi di potere cominci ad intervenire per porre un freno a questo sistema, in quei luoghi dove si è chiamati a gestire situazioni serie e profondamente importanti.

Il desiderio di emergere

Immaginiamo di essere in un’aula di tribunale nella quale siamo convocati a convincere un giudice e una giuria che quanto stiamo per deporre è conforme al vero. Saremo quindi invitati a guardare la giuria e affermare che tutto quanto riporteremo corrisponde alla verità null’altro che la verità. Questa palese assunzione di onere diviene oltremodo necessaria quando si ha la volontà di rendere pubblica la responsabilità di qualcuno in un determinato evento. Ora che abbiamo nella mente l’immagine dell’aula di giustizia siamo pronti ad affrontare l’avventura accusatoria che condurrà, non i pensieri e le parole di una persona fisica, ma un’armata d’inconfutabili prove a raccontare quasi dieci anni di censure, insabbiamenti ed ostracismo, nonché le abili manovre illusorie e da esperto escapologo della Signora Maria De Filippi e parte del suo staff. Tali manovre risulteranno chiaramente intraprese al fine di evitare un civile confronto con chi avrebbe potuto sostenere pubblicamente il suo sguardo, mentre con docile rabbia le illustrava misfatti e crude verità. Io come avvocato difensore di me stesso in questa arringa finale vi mostrerò la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio di: Maria De Filippi, Garrison Rochelle, Giuseppe Vessicchio, Sabina Gregoretti, Redazioni giornalistiche e televisive, librerie ed organi editoriali. Voi tutti lettori attenti e desiderosi di rispetto sarete coloro ai quali verrà affidato il compito di pronunciare il verdetto. Prima di fare ciò udrete la storia che dai primordi di un lontano anno 2001 vi condurrà fino alle porte di un presente sul quale erigere le solide mura di un futuro di verità. Attraverso la narrazione di fatti ed azioni che nulla hanno a che fare con un forviante, sebbene giustificato, giudizio di valore sarete condotti nel viaggio Omerico che ha voluto l’Achille del terzo millennio, reietto condottiero di se stesso, colpevole di diversità intellettuale e comportamentale, a dover toccare i lidi dell’indifferenza, dell’infingarda saccenza, dell’omertà e della codardia. Tutto per giungere a sfidare Aletto e le Erinni, guardiane dell’indiscusso e sconfinato potere di quell’Olimpo pagano contro il quale scagliare dardi infuocati, che infondessero la luce resistente e duratura, capace di squarciare la coltre di oscuro nulla dietro cui si nascondono i venerati simboli dell’umana idolatria.

Per questo partirò da quel lontano giorno nel quale di ritorno da Roma per le ricerche sulla tesi di laurea, mentre il treno mi riconduceva nella stazione Partenopea, cominciai a scrivere pensieri sulla pagina di un giornale.  Poco dopo, mi accorsi che quella pagina era divenuta un luogo troppo stretto per contenere tutto quanto premeva per uscire.

Per questo presi un blocco di fogli dallo zaino e ricominciai, constatai che in breve tempo esigue e semplici parole erano divenute frasi e poi righi fino a riempire l’intera pagina, con l’embrione di una storia che sembrava piacermi molto.

Una voce distolse la mia attenzione, era l’annuncio dell’arrivo in stazione, raccolsi ciò che avevo preso per riporlo nello zaino e vidi che, quasi senza accorgermene, ero riuscito a scrivere fino a terminare i fogli a mia disposizione.

Durante il percorso che mi ricondusse a casa un solo pensiero occupava la mente: “e se potessi fare lo scrittore?”.

Ritenni che la strada era molto lunga e le verifiche da fare numerose, prima di poter pensare di sottoporre il manoscritto alla valutazione di un editore.

Ignaro e ingenuo, pensai che fosse necessario perfezionare e completare ciò che avevo scritto, fornendo al testo una buona ossatura e quel tocco di stile che avevo sempre apprezzato; la scrittura a più livelli, per poi farlo analizzare magari da qualche docente e infine sottoporlo a qualcuno del settore editoriale.

Avevo la necessità di sapere se l’arduo tentativo di scrivere su due o più livelli mi era riuscito oppure la mia presunzione si era arenata ancor prima di potersi sviluppare.

Per intenderci, la scrittura a più livelli è quella tipica delle parabole e delle storie zen; il primo livello è quello superficiale, fruibile a chiunque, spesso scambiato con la banalità, ed è fatto di storie semplici accostate alla quotidianità con possibile riscontro nel reale. I livelli successivi rappresentano il vero mondo nascosto, perché senza imporre dogmi e presunzione di saccenza, che sfocerebbe nel mostrare i passi dell’unica via percorribile attraverso una complessa e pomposa prolissità, schiude al lettore attento la possibilità di immergersi negli angoli più profondi dell’Io, nei quali ognuno percorre la propria via seguendo le pulsioni del proprio Essere.

Così cominciai da ciò che sembrava mostrarsi come la cosa più importante, la grammatica e la sintassi.

Sottoposi il manoscritto ad alcuni docenti di lingua e letteratura italiana.

Il responso fortemente favorevole e di gradimento, anche dei pensieri e della forma, mi sorprese, ed asperse nuova fiducia.

Con questi rinnovati stimoli cercai di fare un passo ulteriore, ma non sapevo come contattare una casa editrice, se non inviando a tutti il manoscritto.

Pensai che la cosa da fare fosse un poco più ragionata ma semplice; cercare le case editrici del genere che interessava la storia che avevo scritto, reperire i loro indirizzi e le linee guida per gli aspiranti autori ed infine contattare tutte le case editrici che sarei riuscito a trovare.

Il passo finale sarebbe stato l’invio del materiale al fine di sottoporre a loro il lavoro per un esame, e aspettare il responso.

L’ingenuità si trasformò presto in consapevolezza, quando per lunghissimo tempo nessuno si degnò di farmi giungere alcuna risposta, che secondo la consuetudine dovrebbe significare rigettato.

Il caso volle “esser mio alleato” e mi concesse di incontrare qualcuno che illuminò le perplessità, invitandomi a non costruire false illusioni tantomeno forvianti rassegnazioni, poiché in Italia esistono solo due mezzi per essere ascoltati; un’ottima raccomandazione o tanti soldi. Questa persona, però, si offrì di far analizzare il libro da una nota casa editrice napoletana; Marotta & Cafiero, fui felicissimo e accettai senza indugio.

Il contratto si poteva fare, ma dovevo pagare, perché in Italia gli autori esordienti sono alla mercé di chiunque e devono cacciare soldi, anche solo per respirare.

Diedi fondo a tutti i risparmi che avevo accumulato, accettai, perché pensai che se loro avessero rispettato il contratto, per me si sarebbe potuto aprire un nuovo futuro.

L’università era ormai finita, c’era una laurea e un post laurea, una collaborazione come ricercatore e la stesura di diversi progetti, ma c’era anche da fare i conti con la superiore preparazione dei raccomandati, degli onnipotenti giovani, delle menti eccelse che governano l’università in Italia, quindi ero disoccupato ed era fondamentale per uno del Sud avere una via d’uscita.

Il contratto non venne rispettato, se non per la stampa delle copie, non fu effettuata alcuna distribuzione o campagna promozionale, nella libreria di loro appartenenza i commessi negavano perfino che esistesse un libro pubblicato dall’editore per il quale lavoravano con il titolo del mio racconto.

Mi ritrovai al punto di partenza, ma con le finanze in rosso.

Questa volta però potevo contare su qualcosa in più, le moltissime copie del libro, ed avevo la necessità di recuperare quanto speso, allora pensai di trasformarmi nel rappresentante di me stesso. Cominciai a girare per librerie e bancarelle, ma tutti mi respingevano sostenendo che non ero un rappresentante conosciuto e rifiutavano persino di ascoltarmi.

Soltanto una libreria nella piccola isola di La Maddalena, in Sardegna, accettò di esporre il libro sulla bancarella che montavano nel periodo estivo.

Incredibile, tra l’opera di “vucumpraggio” personalmente effettuata ed il punto vendita della libreria riuscì a vendere più di cinquanta copie in circa un mese.

Questo risultato rappresentò una vera spinta di fiducia, decisi che forse per avere ascolto dovevo fare qualcosa che mi mettesse in mostra.

Avrei dovuto cercare l’attenzione di chi tutto può sul suolo Italico.

Stabilii di andare a distribuire gratuitamente diverse copie del libro all’ingresso del Teatro Parioli in Roma, dove trasmettevano la trasmissione di quel colui che tutto poteva, in quel periodo in Italia, memore delle numerose volte nelle quali la sua attenzione era stata attratta da qualcosa di particolare, e una sala piena di un libro arancione avrebbe potuto esserlo.

Fui per questo abbracciato dalla speranza che il libro potesse giungere fino a lui o a qualcuno che fosse capace di notarlo.

Nulla accadde, evidentemente, da arancione, la copertina, come d’incanto, era divenuta trasparente.

Continua…


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