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Beh, non ho dovuto pensarci molto per scegliere la seconda ipotesi! Anche perché mi sono ricordato di un brano del vangelo, dove Gesù parla di un padre che aveva due figli e chiese a tutti e due di andare a lavorare nella sua vigna. Gesù prosegue il racconto dicendo che il primo rispose al padre: vado subito signore, ma non andò; mentre l’altro oppose un rifiuto alla richiesta del padre, ma poi ci andò. L’evangelista Matteo, che narra l’episodio, scrive che Gesù chiese agli interlocutori: chi dei due secondo voi si è dimostrato veramente figlio e obbediente al padre? E ai suoi ascoltatori che, ovviamente, risposero: il secondo, egli disse concludendo: in verità vi dico (una formula del tempo per dire: vi attesto solennemente e voi potete essere sicuri che sarà così) i pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio! E cioè: quelli che vengono ritenuti più lontani da Dio, secondo i comuni parametri “religiosi”, sono più vicini a Dio di quelli che credono che Dio stia, invece, sempre dalla loro parte!
Certo, se non si confondesse la “fede cristiana” con una qualunque “religione” pagana; se non si identificasse il messaggio cristiano solo con un complesso di norme, pratiche e riti suggestivi; se non si identificasse l’essere cristiani con appartenenze culturali e identità sociologiche, da usare magari contro altre identità e appartenenze; se la fede cristiana non fosse, per molti, solo un prodotto di “consumo” che “serve” in alcuni casi e poi si mette via, o un farmaco per momenti difficili; se l’essere cristiani non si identificasse con l’andare in giro per i vari santuari e luoghi “sacri” mentre il resto della vita e delle idee rimangono immutati; se non si considerasse la fede cristiana come la “religione civile” del paganesimo, spendibile sul piano dei rapporti di forza e di potere politico, allora sarebbe più facile rispondere alla domanda: chi è il cristiano, come a una domanda che riguarda la vita dei credenti, e non come a un argomento da salotto. Allora, se quelli che si dicono cristiani sapessero rispondere veramente a questa domanda, forse avrebbe più senso il discorso cristiano, anche per gli uomini e le donne di oggi, anche quelli per i quali il discorso cristiano sembra non dire più molto! Allora la presenza, lo stile, la vita, i comportamenti e il tipo di società dei cristiani non diventerebbero, come è successo e succede spesso, una paradossale prova della non esistenza del Dio cristiano!
Infatti, chi può rendere credibile il Dio cristiano? Chi dice di credere in un Dio, Padre di tutti, e poi accetta e non ritiene strano un mondo in cui gli esseri umani vengono distinti in “figli e figliastri”, gli uni da accogliere e gli altri da escludere e dimenticare? Chi si riconosce nell’identità cristiana che consiste nel credere che Dio, che nessuno ha mai visto (vangelo di Giovanni), si è manifestato in un volto umano (Gesù), e poi non riesce a riconoscerlo nei volti, a volte deturpati e feriti, degli uomini e delle donne di oggi, solo perché non appartengono ai “nostri”? Chi dice di credere in qualcosa di inimmaginabile come la resurrezione, e poi ritiene impossibile che questo mondo possa essere cambiato e reso più umano, più giusto, più solidale? Chi dice di credere nel Dio-amore e poi considera normale che in questo mondo prevalga la legge della giungla, del si salvi chi può, dove si considera normale e naturale che chi è più forte o più furbo arraffi quanto più è possibile, a spese degli altri? Chi dice di credere in un unico Dio creatore, da cui dipende tutto, e poi accetta che le risorse di questo mondo siano controllate da una piccola minoranza di privilegiati, ai quali, come a dei, è riconosciuto il diritto di decidere chi è escluso dal banchetto della creazione e chi no, come se si trattasse di un semplice reality tv? Chi dice di credere in un Dio crocifisso e poi accetta la folla sterminata di crocifissi e vittime della sopraffazione, della prepotenza, dell’avidità dei potenti della terra, senza fiatare, scrollando le spalle e voltandosi dall’altra parte, o magari partecipando alla sopraffazione? Chi dice di essere la comunità dei seguaci dell’indifeso Gesù e poi negozia e contratta continuamente condizioni di vantaggio e posizioni di forza, con i potenti di questo mondo? Chi dice di credere che l’uomo è fatto a immagine di Dio, e poi tollera che gente e popoli di ogni colore, vivano umiliati e offesi nella loro dignità? Chi dice di credere nella venuta del Regno di Dio, cioè nell’attesa di “terra nuova e cieli nuovi” e poi è disperatamente, e fatalisticamente, aggrappato allo stato presente delle cose, difeso “con le unghie e coi denti”? Chi proclama, a gran voce, a ogni pie’ sospinto, il primato dello spirito, della religione, dell’etica e dei “valori” e poi organizza le relazioni umane in ossequio alle logiche del denaro e delle “ferree” leggi dell’interesse privato e dell’economia? Chi professa continuamente gli ideali evangelici annunciati da Gesù di Nazareth, ma poi pensa che, in realtà, la vita è tutta un’altra cosa, anzi, come il “grande inquisitore” di Dostoevskij, vorrebbe quasi rimproverare Gesù di essere venuto a crearci problemi dicendoci quello che ha detto, e chiedendogli, casomai, di lasciarci in pace e tornarsene là da dove è venuto, con tutti i suoi ideali e le sue speranze?
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