La percezione che abbiamo della realtà è influenzata anche dalla religione che professiamo. È questo il risultato di un’interessante ricerca internazionale condotta in collaborazione con l’Università’ di Bologna, l’Università’ di Leiden in Olanda e la Ben-Gurion University in Israele. L’indagine ha riguardato 126 persone divise in 7 gruppi da 18, a seconda delle loro concezioni religiose o filosofiche. Quattro i gruppi olandesi: calvinisti conservatori, calvinisti progressisti, atei e atei di formazione religiosa. Due in Israele: ebrei ortodossi e laici. Due in Italia: cattolici osservanti e laici.
I risultati dell’indagine hanno permesso di appurare che la prontezza nel cogliere i dettagli dell’immagine varia notevolmente da gruppo a gruppo e tende a conservarsi nel tempo. I piu’ attenti al dettaglio, in particolare, risultano i calvinisti conservatori olandesi, che primeggiano sui loro confratelli progressisti, e più ancora sugli atei. Il distacco quasi svanisce rispetto agli atei cresciuti in ambiente religioso: segno, secondo i ricercatori, che l’influenza confessionale resiste nel tempo. Situazione ribaltata in Italia e in Israele. Dove invece sono i laici i campioni di caccia al dettaglio, mentre i cattolici osservanti e gli ebrei ortodossi sono piu’ portati a cogliere le immagini nel loro insieme. Nel nostro paese, in particolare, la propensione dei cattolici all’aspetto globale delle immagini risulta piu’ che doppia rispetto a quella dei laici.
Particolarmente interessante per i ricercatori risulta il fatto che “se persino un’attitudine inconsapevole, come la maggiore o minore attenzione agli aspetti globali o particolari di una figura, può essere modulata dall’appartenenza religiosa, è lecito supporre che le nostre capacità cognitive influenzate dal culto possano essere molte di più”.