Rememberance, di Mitch Steinmetz

Da Flavialtomonte

State comodi.
Prima di tutto volevo dirvi che alle ore 11 e 11 dell’11-11-2011 mi trovavo con una mano sulla portiera della macchina nell’atto di aprirla e l’altra nell’atto di sbloccare la sicura della medesima.
In quel momento sentii un rombo proveniente dall’officina a cinque metri dal posto in cui mi trovavo. Ho messo a moto la macchina, ho girato l’angolo, ed erano già le 11 e 12.

E pensare che qualche anno fa queste cose non le avremmo mai pensate.
Lontani dallo scetticismo e dall’apocalisse, forse perché lontano era il 2012.
Un giorno d’inverno – di tanti anni fa – ero nella mia stanza a giocare con la mia migliore amica, non so bene che ore fossero ma era buio e pochi minuti più tardi sarebbero venuti i suoi genitori a prenderla, mentre io avrei attuato una supplica che l’avrebbe fatta rimanere a casa mia per la cena, durante la quale il televisore avrebbe trasmesso uno stato d’allerta.
Tra la contentezza e l’odore di pizza appena sfornata, il telegiornale blaterava una presunta fine del mondo.
Così piccole – io e la mia amica – corremmo a nasconderci. Da quel momento in poi solo per noi era ufficiale: molto presto ci sarebbe stata la fine del mondo. Inevitabilmente fantasticammo su come sarebbe andata:
Moriremo tutti!” suonava il mio pessimismo accompagnato dalla simpatica risata della mia amica che ipotizzava un’esplosione della Terra come quella del Big Bang, nella quale ci saremmo frantumati tutti.
E cosa ne sapevamo noi che qualche anno più tardi i telegiornali avrebbero smesso di annunciare la fine di qualcosa se non del Governo e della Giustizia.

Paradosso della giornata: una rivista trovata all’ingresso di casa destinata ai vicini anziani, aveva un ironico slogan in copertina: “Ascolta il futuro“.


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