Il Progetto Genoma è stato una grande avventura. È cominciato come il sogno di pochi visionari, è poi stato abbracciato dall’intera comunità scientifica, e ha raggiunto i suoi obbiettivi con la cooperazione di istituzioni pubbliche e private. Questo è il vero tragitto di una grande conquista scientifica nel tempo attuale. Il segreto del suo successo comprende molti fattori. Il principale è stata la dedizione assoluta di molti scienziati, che avevano fede di poter raggiungere lo scopo malgrado la scarsezza di mezzi tecnici a disposizione. Rapidamente questi mezzi sono stati sviluppati, come tecnologie nuove e tutte automatizzate, per determinare l’organizzazione del DNA, rintracciarvi i geni, leggere i messaggi che essi contengono e i loro significati. Sono stati usati nuovi indirizzi per determinare l’attività dei geni, esplorando in un atto solo tutto il genoma. Straordinario in questo progresso è stato il contributo dell’informatica.
Renato Dulbecco, La mappa della vita. L’interpretazione del codice genetico: una rivoluzione scientifica al servizio dell’umanità, Sperling & Kupfer, 2001
Uno dei più grandi biologi e genetisti mondiali avrebbe compiuto 98 anni domani, ma un attacco di cuore ce l’ha portato via a La Jolla, in California, dove viveva e lavorava presso l’istituto Salk. Renato Dulbecco è stato una delle menti più brillanti del nostro paese: laureato a soli 22 anni in Medicina all’Università di Torino, reduce della Campagnia di Russia, attivo nella Resistenza presso il CLN di Torino, trasferitosi nel 1947 negli Stati Uniti, dove poté svolgere con pieno successo la sua attività di ricercatore, che gli valse il Premio Nobel nel 1975 per le sue scoperte in materia di interazione tra virus tumorali e materiale genetico della cellula. Il suo è un esempio paradigmatico di come l’Italia abbia trascurato i suoi figli migliori, inducendoli a emigrare per poter compiere al meglio le proprie ricerche scientifiche, lontano dalle logiche spartitorie e corporativiste che premiano l’asservimento politico-confessionale mortificando il talento e il merito. Nonostante il suo valore, Dulbecco ha potuto raggiungere la notorietà nel suo paese solo nel 1999 salendo sul palco del Teatro Ariston, in qualità di presentatore del Festival di Sanremo insieme a Fabio Fazio e Laetitia Casta (ruolo inedito che gli fu offerto e che lui scelse soprattutto per sensibilizzare la classe politica e economica italiana sulla ricerca scientifica in Italia). Tra i promotori del Progetto Genoma, Dulbecco si è impegnato fino all’ultimo per reperire fondi, la sua stessa partecipazione a Sanremo fu l’occasione per devolvere il proprio compenso e fondare L’Istituto Dulbecco Telethon, dove vengono reclutati ricercatori brillanti e promettenti a cui vengono assicurati stipendio e fondi di ricerca per 5 anni per lavorare in istituti di loro scelta. Raggiunto dall’AGI (Agenzia giornalistica italiana) Paolo Vezzoni, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche e collaboratore di Dulbecco sin dai tempi del Progetto Genoma, ha commentato la notizia della scomparsa del Premio Nobel: “Era un po’ amareggiato. L’esperienza fatta in Italia lo aveva davvero deluso…. Era dalla scorsa estate che non stava molto bene. L’ultima volta che l’ho sentito è stato in occasione delle feste natalizie. Ci siamo scambiati i saluti, ma non abbiamo fatto altri commenti. Allora, anche se si era un po’ ripreso, non stava in perfetta salute…. Tuttavia, quando Dulbecco decise di tornare negli Stati Uniti lo fece con l’amaro in bocca e, nel corso degli anni, la delusione nei confronti dell’Italia è rimasta costante anche se ad attenuarla hanno contribuito alcuni progetti di ricerca sulle cellule staminali che la Fondazione Cariplo aveva deciso di assegnare sotto la sua guida”.
© Marco Vignolo Gargini