Il Guazzabuglio di Pirro Giacchi
Alla farmacia detta del Porcellino, in Firenze, presso le Logge di Mercato Nuovo, andavo quasi immancabilmente tutte le sere a passare qualche mezz´ora, attiratovi dalla sua centralità ma, più che altro, dalla cricca di profondi, arguti e spiritosissimi ingegni che vi tenevano cattedra. Un vero gruppo intellettuale, ma intellettuale sul serio.
Capitavano là dentro, di quando in quando, due originali: Pirro Giacchi, prete per combinazione, poeta facile e strampalato, lingua a rasoio e compagnone piacevolissimo per una mezz´ora.
Con lui, qualche volta, si incontrava un altro originale della più bell´acqua, un certo tipo conosciuto col soprannome di Stravizio, il cui vero nome non l´ho mai saputo. Il suo soprannome corrisponde alla sua biografia. Che peccato! Tanto ingegno, tanta genialità, tante preziose attitudini seppellite sotto un cumulo di disordine e di vizi d´ogni genere!
Una sera nacque disputa fra Pirro Giacchi e lui e ne venne fuori la sfida a chi, dei due, avrebbe fatto più presto e meglio un sonetto a rime obbligate.
Le rime furono date più ostiche che fosse possibile: in inco, in anco, in onco e in unco. Il soggetto: “La resurrezione di Cristo”.
Stravizio finì primo il suo compito e lesse: Dall´avello sorgea che parea pinco.
Un grido generale d´ammirazione gli troncò la parola e non gli fu permesso di leggere il resto perché, gli fu detto, tutto quello che sarebbe venuto in seguito sarebbe stato a scapito di quel verso stupendo. E dovette fermarsi lì.
A Pirro Giacchi non fu accordato di leggere neanche il primo verso, perché fu ritenuto da tutti che era impossibile uguagliare la bellezza di quello del suo avversario.
E a Stravizio fu assegnato per acclamazione il premio della sfida: un ponce bianco, con rumme a volontà.
( Renato Fucini, “Pirro Giacchi e Stravizio (Un sonetto a rime obbligate, per concorso)” tratto da Acqua passata )