Quando ordini su Amazon un libro di Cormac McCarthy; di Torgny Lindgren o Heinrich Boll: perché lo fai? Semplice: sai quello che troverai. Non è sempre così, certo.
Quando io scoprii il buon Cormac, lo feci perché il suo “Cavalli selvaggi” faceva l’eco a “Sentieri selvaggi”, di John Ford.
E cosa troverai in Cormac? Una storia ambientata nel west statunitense dilaniato dalla violenza.
Torgny? Svezia, probabilmente ambiente rurale, quello del Vasterbotten direi.
Heinrich? Conflitto tra formalismo e desiderio di autenticità.
Sto semplificando, ma credo che tu abbia capito alla perfezione di che cosa parlo. Potrei continuare quasi all’infinito (Stephen King; Georges Simenon, Raymond Carver, Graham Greene, Flannery O’Connor…): ciascuno di costoro costruisce un mondo, e lo popola di personaggi, ai quali accadono delle cose.
Quando compri una loro opera, sai quello che troverai.
Ora ti chiedo, e lo domando pure a me, in realtà: cosa troverà il lettore nel tuo, e nel mio libro?
Scriverò una cosa che ti farà sanguinare il cuore: la tua proposta commerciale deve essere chiara, facilmente identificabile. E il tuo libro è una proposta commerciale.
“Ma io sono un artista! Non faccio proposte commerciali!”
Te lo avevo detto che ti avrei fatto male.
Io non sono un artista invece, e non lo sarò mai. Però Dickens, Boll, Zola, facevano esattamente quello.
Rendevano la loro proposta commerciale riconoscibile. A essere precisi, era l’ufficio marketing che li aiutava non poco; adesso tutto questo è di tua competenza.
Lo devi fare tu perché urlare, adottare comportamenti isterici, o furberie, non ti condurranno lontano. Il lettore ha già un’enorme varietà di scelta. Può vivere benissimo senza le tue storie: e lo fa.
Continuerà a farlo finché non renderai tangibile il valore in esse. Ammesso che abbiano valore, si capisce…
Il blog aiuta le persone a entrare in confidenza con te. Certo, tu vuoi vendere le tue storie, ma (e qui ci vorrebbe un rullo di tamburi), le persone lo sanno benissimo.