C’è da cadere in depressao. Renzi, si dice, tanto per fornire un alibi ormai abusato a questa terza avventura nel nulla, è l’ultima spiaggia dell’Italia e del Pd. E in un certo perverso senso è vero: si spera infatti che riesca a fare ciò che si “deve fare” come dice Olli Rehn, senza causare una drammatica caduta di consenso nei confronti dei pilastri del sistema con tutte le ovvie immaginabili conseguenze per il troikume dominante. Però solo in questo senso: per il resto la sua sopravvivenza è legata proprio all’alienazione dell’ultima spiaggia della sovranità, con l’accettazione passiva di ogni diktat di Bruxelles e la svendita di ciò che rimane attraverso le privatizzazioni, come vogliono i centri finanziari.
Nulla di inedito: Renzi è stato allevato per questo fin da quando nel 2009 fu chiamato dalla rivista Time l’Obama italiano su segnalazione di J.P. Morgan e probabilmente anche di Berlusconi stesso alla ricerca di un successore di cui fidarsi, anche adottando una strategia trasversale, resa possibile dal veltronismo. A prescindere dalla enorme delusione che ha saputo produrre il primo presidente nero, la sua scalata è stata tutta dentro questo bozzolo intessuto da una rete che va da Blair ad Arcore, dalla fiduciaria della Merkel, Ursula von der Layen, al sistema bancario. E c’è da dire che non è stato risparmiato il denaro.
Cose che ho scritto mille volte, vox clamans in deserto, a cominciare proprio da quella sospetta citazione di Time nei confronti di uno sconosciuto presidente di Provincia, boy scout nonché padroncino le cui aziende di famiglia lavoravano con Berlusconi. Ormai mi sono persino stancato di ripeterle queste cose, ma i due discorsi al Senato e alla Camera del tracotante nuovista, il quale non sembra nemmeno avere le idee chiare sugli scontati titolini enunciati ( paradossale la confusione sul cuneo fiscale), credo abbiano fornito un’idea molto chiara del rapidissimo declino cui è andato incontro il Paese in pochi anni. Dopo che il Parlamento sostenendo l’augusta “nipotinità” di Ruby dimostrò lo sfacelo della politica autoctona è cominciata la serie dei governatori imposti tramite Quirinale: dal sobrio professore un po’ rincoglionito, all’esile politico di professione, per arrivare al galletto di allevamento che pare un semplice altoparlante.
Dapprima ci si è sforzati di salvaguardare la forma, si è messo in tensione il sistema per portare a Palazzo Chigi un aulico sacerdote delle tesi che hanno portato alla crisi e alla distruzione del welfare per dare l’impressione che i massacri sociali nascessero da una logica e da un consenso interno guidate da un luminare dell’economia. Poi, progredendo il disastro lo si è sostituito con un chierico di minor fama, ma affiliato alla chiesa liberista e comunque così rarefatto da far dubitare di una qualunque capacità di iniziativa autonoma. Quando anche questo è stato bruciato dal degrado della situazione economica e occupazionale è venuta finalmente l’ora del tubolario vivente, una meraviglia della tecnica costata 4 milioni di euro. Paradossalmente proprio la mancanza di qualunque sostanza politica e di cultura lo fanno apparire diverso e nuovo, mentre l’arroganza dell’arrivato viene interpretata come giovanile informalità. ed ad ogni buon conto gli è stato messo a fianco il tutore Padoan,
Per forza è l’ultima spiaggia: il prossimo premier sarà un computer con il “programma Italia” già incorporato. Quindi godiamoci Renzao Meravigliao, prima che si venda l’ultima spiaggia.