Rimane da capire come mai in questa occasione sulla quale non si erano risparmiati gli allarmi già da mesi e per la quale erano stati mobilitati addirittura 4000 uomini in funzione antisommossa, non ci sia stata quella attenta caccia preventiva al black bloc che ha caratterizzato altre manifestazioni. Meglio però non farsi attirare dal calice in questo caso fin troppo spumeggiante della dietrologia e rimanere lucidi per notare come i violenti di strada siano stati i migliori alleati di Renzi nel distogliere l’attenzione da una giornata molto triste in cui si è inaugurata una esposizione non finita, dai contorni incerti e nella quale si sono concentrarti tutti i vizi della classe dirigente, le opacità di sistema, la cialtroneria di fondo di protagonisti e aedi. Tanto che persino l’inquilino del Quirinale ha preferito defilarsi e rimanersene a Roma, prendendo implicitamente le distanze da un meccanismo retorico che si troverà a fare i conti con la dura realtà.
Il tentativo di trasformare in successo un disastro conclamato e i ritardi inammissibili di origine tangentizia in sfavillante capacità last minute, fa il paio con l’avvilente sottomissione dei temi dell’alimentazione, delle risorse agricole, della proprietà delle sementi da una parte alle multinazionali e dall’altra a una sub cultura culinaria di sapore televisivo. E fosse solo aver trasformato l’expo in fiera paesana da abbuffo con molte spese e ritorno incerto se non negativo per il Paese: questo insieme indigesto è servito a delineare un modello costruito sul lavoro gratuito, sulla speculazione e sulla sfacciata propaganda. Una fra tutte la balla di giovani che rinunciavano a 1300 euro al mese, diffusa in prima istanza dal Corriere che sgiavazza e alesina a più non posso, ma subito ripresa dal grande copiatore Galimberti: se c’è da plagiare una fesseria o una vacuità lo trovate sempre in prima fila.
Perciò non c’è dubbio che la “messa a ferro e fuoco” di Milano giunge – per essere in tema – come il cacio di Farinetti sui maccheroni di Renzi: l’Expò si procura i fedeli tramite i nemici e da adesso in poi dire qualcosa contro il falansterio espositivo e le filosofie di fondo che ne hanno guidato la gestazione, ne animano lo spirito monsantesco e ne condizionano la gestione a suon di lavoro gratuito e/o clientelare, equivarrà a stare con i violenti. Che poi questi violenti reagiscano ingenuamente all’inaudita violenza dei massacri sociali e della rapina a mano armata di futuro, poco importa. Anche se non capisco bene come si faccia a non aspettarsi una esasperazione del conflitto dentro una società bloccata nella quale la possibilità di un’opposizione istituzionale è praticamente scomparsa.
A parte l’intervista al falso black bloc fatta dal sempre incredibile Tgcom24 che si rivela come una sorta di circonvenzione di incapace, credo che potrebbe e dovrebbe rimanere memorabile il pezzo di bravura de la Stampa a proposito della sobria serata alla Scala, conclusione della giornata inaugurativa dell’Expò. Tutto attorno, parrebbe, Milano brucia, eppure i potenti sono lì con sprezzo del pericolo a seguire la Turandot: “Nel palco reale decorato di rose firmate Dolce&Gabbana siedono, oltre a Napolitano con la signora Clio in giacca dorata e pashmina, il capo del governo Matteo Renzi con la moglie Agnese e la figlioletta in quasi tutù, il presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni e i ministri Franceschini, Giannini, Martina, Orlando, oltre al presidente del Bureau International des Expositions Vicente Gonzales Loscertales. Il sindaco Giuliano Pisapia, arrivato con la moglie Cinzia, quasi all’inizio della rappresentazione lascia precipitosamente il teatro con il prefetto Francesco Paolo Tronca, il che fa pensare che la situazione in città non sia ancora del tutto tranquilla. Fa gli onori di casa il sovrintendente Alexander Pereira con la giovane moglie Daniela De Souza in lungo blu di sua creazione: arrivano il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, Mario Monti, Corrado Passera, Gianni e Maddalena Letta, Letizia Moratti in completo pantalone bianco, Diana Bracco, Evelina Christillin con Gabriele Galateri di Genola”.
E allora cari amici ecco che abbiamo scoperto i mandanti dei fatti di Milano: dopo la drammatizzazione a reti unificate della città a ferro e fuoco arriva questo più realistico quadretto del potere. Ora ditemi voi se questa non è istigazione alla violenza.