Renzi come Letta e Monti, il debito continua a battere record

Creato il 18 luglio 2014 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Il debito pubblico raggiunge un nuovo record toccando quota 2.166,3 miliardi di euro. Il Governo Renzi, come il Governo Letta e il Governo Monti prima di lui, non è riuscito a mantenere fede alla sue promesse e alle indicazioni provenienti, anche di recente, dall’Unione Europea sul taglio del debito pubblico. Come si può vedere nel grafico seguente, dal 2012, primo anno del Governo Monti la cui missione era proprio quella del riordino dei conti, il debito pubblico è cresciuto esponenzialmente sotto ogni governo che si è succeduto, Governo Renzi compreso.

Secondo il supplemento del bollettino di Banca d’Italia il debito pubblico italiano è aumentando complessivamente di 96 mld, con una crescita del 4,7%, e di 20 mld rispetto solo al mese precedente, come si può notare nella tabella sottostante.

Di fronte a questo desolante panorama, abbiamo chiesto a Maurizio Mazziero del MazzieroResearch, di commentare gli ultimi dati pubblicati. Secondo l’analista finanziario c’è un grande scollamento tra le notizie che leggiamo nel nostro Paese, le indicazioni recepite dal Governo, e la realtà di questi dati, “Penso che l’aria che si respira a Bruxelles giunga a noi notevolmente filtrata, è sufficiente leggere i continui e instancabili richiami della Commissione Europea sul livello del debito del nostro Paese per comprendere come, dietro ai sorrisi di circostanza, l’Italia si stia giocando pesantemente la propria credibilità. Sinora le politiche economiche sono state scarsamente incisive per il semplice motivo che agiscono sulla tassazione e non diminuiscono la spesa. Il Documento di Economia e Finanza si basa inoltre su presupposti troppo ottimistici; non basterà la modifica del metodo del calcolo del Pil per contenere il rapporto con il debito.” Le parole del dott. Mazziero trovano conferma nella tabella sottostante, dove si nota come il saldo negativo tra entrate ed uscite dopo solo cinque mesi del 2014 ha già superato la metà del totale dell’anno passato.

Cresce la spesa pubblica, dov’è finita la spending review?

Nel documento della Banca d’Italia emerge chiaramente come l’aumento del debito sia additabile ad una serie di varianti. Se il grosso dell’aumento del debito è dovuto all’aumento delle disponibilità liquide del tesoro che sono incrementate a 14,9 mdl, è necessario segnalare l’aumento del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche di 5,5 miliardi; paradossalmente un miglioramento se paragonato agli 11 miliardi di aprile e gli addirittura 17,6 di marzo.

Entrando nel particolare l’incremento maggiore di spesa pubblica è dovuto all’andamento dei conti delle amministrazioni centrali che si attesta a 20,9 miliardi. Si riduce, invece, il debito delle Regioni e delle Province Autonome che è passato da 37,9 a 36,6 miliardi, mentre è rimasto stabile quello delle province, che dovevano essere cancellate, a 8,4 miliardi ed è aumentato da 47,6 a 48 miliardi il debito dei Comuni.

Questi risultati non possono che interrogarci sull’austerità e sui tagli, di cui si è parlato molto ma sembra manchi una vera volontà di diminuire la spesa pubblica. Il caso della spending review di Cottarelli è emblematico, dai titoloni iniziali è stato relegato in un angolo e adesso è sparito dall’agenda di governo. Maurizio Mazziero sul tema sottolinea che, “La spending review non è più di moda e l’austerità è un vocabolo usato come un’arma contro la politica di rigore che vorrebbe la Germania; peccato che l’austerità di oggi sarebbe la soluzione ai debiti di ieri, e la non austerità di oggi corrisponde ai debiti che lasceremo domani ai nostri figli. La Spending review, se ben fatta, vuol dire incidere sulla carne viva di un sistema politico che si è retto sinora sul consenso; per questo non piace ai politici. Ma diciamocela tutta: la spending review non piace nemmeno a larghi strati della popolazione che vivono con uno stipendio pubblico in famiglia.”

Cresce il debito, crescono le tasse

Questo aumento del debito pubblico si traduce in un aumento del carico fiscale sui cittadini. Come evidenziato in una nota dell’Adusbef, Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari, il governo Renzi, termina il quarto mese di governo con un aumento del debito di 59,143 mld, al ritmo di 14,785 mld al mese. Per i cittadini il tutto si traduce in un maggior carico di 871 euro di “tassa occulta” che portano il peso sulle spalle di ogni italiano a 36.225 euro a fine maggio.
Le conclusioni di Mazziero non sono ottimistiche, a seguito del flop della messa in vendita del patrimonio immobiliare dello Stato e delle nuove tasse inserite dal governo Renzi, le formule per abbattere realmente il debito rimangono poche, “Gli inglesi direbbero “too little, too late” troppo poco e troppo tardi; infatti, sinora i tentativi di recupero di fondi hanno sortito scarsi risultati e il debito in costante aumento ne costituisce una conferma. Se non si vuole sfidare in eterno la benevolenza dei mercati, che sono chiamati continuamente a finanziare il debito a tassi che non riflettono il rischio, occorrerebbe un abbattimento del debito di una cifra tra i 400 e i 600 miliardi. Non vi sono ricette magiche per recuperare somme di questo tipo, ma solo tre possibilità:

  1. Ristrutturazione titoli di stato (default sui Btp), ma ciò provocherebbe il fallimento delle banche; quindi tale ipotesi è esclusa a meno di poter varare una norma (incostituzionale) che valga solo per i cittadini privati.
  2. Inflazione galoppante (oltre il 10%), ma questa via è bloccata dalla UE e dalla BCE. Unico modo per attuarla sarebbe un’uscita temporanea dall’euro con svalutazione del 40-50% e successivo rientro.
  3. Patrimoniale sui conti e sugli immobili privati, attuata in tutte le sfumature: prestito forzoso, ipoteca sugli immobili e ogni altra diavoleria che la fantasia dei politici sarà in grado di inventare.

Inutile dire che tutte e tre le soluzioni hanno un denominatore comune: far diventare più povera la popolazione.”

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