Indubbiamente, i ballottaggi di domenica scorsa hanno parzialmente ridimensionato la schiacciante vittoria del Partito Democratico alle Europee e alle amministrative di due settimane fa. Un ridimensionamento non numerico, dato che comunque le coalizioni guidate dal Pd hanno piazzato un buon 30% in più di sindaci, rispetto alle giunte di centrosinistra uscenti. Ma le clamorose rimonte di M5stelle e Centrodestra, rispettivamente a Livorno e Perugia, due roccaforti da sempre in mano alla sinistra nella storia repubblicana, rappresentano uno smacco che rischia di seppellire definitivamente il già agonizzante senso identitario della sinistra Pd. Di contro, paradossalmente, il premier e segretario democratico può giustamente leggere la parziale sconfitta come un’ulteriore conferma della sua linea di superamento dei riferimenti ideologici e della tradizionale logica d’apparato. Renzi, questo Re Mida del consenso, riesce a far volgere a suo vantaggio uno choc elettorale, per quanto limitato localmente e contornato da una limpida vittoria generale, subito dal partito di cui è segretario. E questo senza esercitare la famigerata sofistica post-elettorale, tanto diffusa nella politica italiana della prima e seconda Repubblica, ma con una logica elementare fondata sull’evidenza dei fatti: ha perso il centrosinistra dello status quo, quello che ha galleggiato su un consenso storico senza essere capace di rinverdirlo, privo del coraggio per ridiscutere posizioni acquisite.
C’è da dire che le due clamorose rimonte non si sarebbero mai verificate, se non si fosse creato un asse più o meno spontaneo che ha coalizzato M5stelle e centrodestra, allargato a Livorno addirittura a una lista civica di sinistra radicale. Un fenomeno, se non preoccupante, che induce comunque a riflettere in due sensi: da una parte, il segno evidente del superamento delle barriere ideologiche anche in contesti fortemente ideologizzati; dall’altra, in proiezione futura, il pericoloso allargamento delle posizioni oltranziste ad ambienti estremamente eterogenei, tenuti insieme da una generica contrapposizione al fantomatico sistema, rappresentato dal Partito-Nazione di Renzi. Questo, a prescindere dalla bontà delle giunte che i neo sindaci delle ex città rosse saranno in grado di varare. Il pericolo non è tanto la formazione di questi blocchi in un ballottaggio locale, dove comunque rimane il rapporto diretto tra eletto ed elettore, ma la sua ipotetica riproposizione su scala nazionale che potrebbe travolgere le istituzioni democratiche. Nell’incapacità di proporre alternative in grado di fronteggiare l’irresistibile ascesa di Renzi, la tentazione, da destra e da sinistra, di appoggiare il m5stelle in un eventuale futuro ballottaggio per Palazzo Chigi potrebbe aprire a scenari di inedite e pericolose avventure.