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Renzi I

Creato il 26 febbraio 2014 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Renzi IIl giuramento del Governo Renzi apre ufficialmente la nuova fase politica di questa legislatura. Dopo l’incarico esplorativo conferito a Bersani, preso a sberle dai grillini e dal centrodestra, e in seguito all’esecutivo di larghe intese varato da Letta, il mandato di Napolitano al segretario del Pd sancisce probabilmente la nascita di un governo in salute, o quantomeno di un gabinetto dotato di maggiore spessore politico. Non a caso la stampa internazionale, pur scettica per il mancato battesimo elettorale, ha guardato da subito con interesse al laboratorio-Italia.Quanti, in queste ore, a destra come a sinistra, imputano all’ex sindaco una palese continuità rispetto alle scelte ministeriali del suo predecessore, peccano di miopia per almeno due ragioni. La prima è intuitiva: Renzi non è Letta, la sua autorevolezza è frutto di una vittoria alle primarie, non già di un accordo a tavolino fra le forze parlamentari dei due schieramenti, accordo siglato peraltro all’indomani della Caporetto bersaniana. La seconda ragione, apparentemente simile, è in realtà di sistema: il precedente governo, nato – come detto – dal connubio fra Berlusconi ed un Pd privo di leader e di strategia, era giocoforza esposto alle fibrillazioni della sua maggioranza variopinta e difficilmente avrebbe potuto incidere in profondità. Se è vero che la spaccatura tra i falchi e le colombe in seno a Forza Italia resta sicuramente un merito ascrivibile a Letta, liquidato bruscamente con buona pace del galateo istituzionale, Renzi non ha altresì siglato un patto col Caimano. Può dare oggettivamente nuova linfa, una direzione, una sterzata brusca all’agenda degli impegni, sventolando all’occorrenza il jolly delle elezioni anticipate, elezioni cui il Nuovo Centro Destra non è pronto sia perché Alfano non è il Cavaliere, sia perché il radicamento territoriale del movimento neo-lib è ancora ad uno stato embrionale. Molto dipenderà, pertanto, dalla caratura personale dell’inquilino di Palazzo Chigi: potremo finalmente capire se dietro l’aura da bullo fiorentino, stando al felice ritratto offerto da La Repubblica in questi anni, si cela o meno un autorevole politico, determinato e determinante in un frangente storico complesso. Capiremo, cioè, se il suo appeal è meramente mediatico o se in realtà possiede i numeri necessari per tirare fuori dal cassetto quel pizzico di decisionismo che può spezzare la stagnazione odierna, dando fiato ad un paese in netto debito d’ossigeno. Sotto questo profilo, positiva è stata la risposta dei mercati, determinanti – piaccia o meno – per le fortune del nuovo corso.
Maggiore indulgenza bisognerebbe avere, almeno in questo primo tornante, sulla definizione della squadra di governo. I nomi li conosciamo. Renzi ha cercato di realizzare un’efficace sintesi fra esperienza e freschezza con risultati assai discutibili, esposto com’era a veti incrociati provenienti da diverse direzioni. Bisognerebbe forse riflettere, a questo punto, sull’inutilità politica del Cinque Stelle, un Movimento buono a congelare in freezer il proprio patrimonio rendendo a Berlusconi un’insperata centralità, ma su questo aspetto torneremo, magari, in un’altra sede. Restando alla compagine governativa, la Mogherini agli Esteri sembra un investimento a rendere; lo stesso si può dire per la Boschi alle Riforme e per Padoan all’Economia. Proprio su quest’ultimo nome bisogna spendere qualche parola in più. Naturalmente gli osservatori, compreso chi scrive, conoscono l’uomo e le sue idee, non il ministro. Aspettiamo, pertanto, i primi passi istituzionali di una figura così autorevole. Manifesteremmo, tuttavia, un’inenarrabile propensione pinocchiesca, se non rilevassimo lo stupore che è circolato attorno alla scelta di Palazzo Chigi. Economia, lavoro e sviluppo economico dovrebbero essere i dicasteri chiave del rilancio nazionale ed in ciascuno di essi non s’intravede l’ombra di un’impostazione renziana. Un tecnico, un uomo uscito dalle coop e un’esponente della Confindustria: sembra più l’inizio di una barzelletta in stile Arcore che non il felice incipit di un programma laburista. Aspettando la definizione delle linee guida, ci affidiamo ad una speranza: che la competenza abbia fatto premio sull’appartenenza castale, per le fortune dell’esecutivo e per l’intesse del Paese.

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