di Angelo D'Amore. E adesso tocca a Renzi. Ancora una volta, la terza consecutiva, c'è un cambio di guida al Governo, senza passare alle urne. Il Sindaco di Firenze, crea a tavolino una crisi lampo all'interno del PD di cui da poco detiene il comando, fa fuori l'ala lettiana e costringe il Presidente del Consiglio a rassegnare le dimissioni, con il placet di Napolitano, sempre piu' Re. Il dramma è che mentre in molti paesi si sta combattendo per le strade con il sangue, per far prevalere la democrazia, da noi si accetta tutto, sperando nel nuovo messia di turno, un ex boy scout democristiano, di scuola demitiana, il nuovo leader della “sinistra-progressista-radicalchic”, un brand che fa tanto tendenza. Matteo, oratore a mezzo spot, abile esecutore del copia ed incolla del programma dei 5Stelle, trama accordi con il nemico storico di sempre, il condannato Berlusconi, cammina a braccetto con il suo delfino traditore, Alfano, pugnala alle spalle l'amico di partito Letta, si sbugiarda andando a capo dell'esecutivo pur avendo dichiarato apertamente di non architettare manovre di Palazzo. Qual'è la sua credibilità? Nel discorso di insediamento, improvvisamente le parole del neo-presidente, diventano piu' vaghe, scontate, meno trascinanti. La tanto attesa "vibrazione emotiva" non avviene. Solite promesse, solita retorica, solito impegno volitivo, con la solita aria da furbetto, ma già nettamente ammansita. Basterà? Certo è presto per dirlo, ma forse nell'era di internet, facebook e twitter, spesso la realtà virtuale prevale su quella reale e il buon Renzi forse, accecato dal successo e dalla risonanza dei suoi interventi in rete, ha pensato davvero, anche se solo per un attimo, di avere il totale controllo del Paese. E' proprio il caso di dire che, al momento, la sua leadership è solamente virtuale, nonostante abbia vinto le primarie che restano, malgrado tutto, una questione o per meglio dire, una bega all'interno del carrozzone democratico. Renzi rappresenta l'elemento nuovo, di un sistema vecchio e ahimè, lento, troppo lento a morire.
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di Angelo D'Amore. E adesso tocca a Renzi. Ancora una volta, la terza consecutiva, c'è un cambio di guida al Governo, senza passare alle urne. Il Sindaco di Firenze, crea a tavolino una crisi lampo all'interno del PD di cui da poco detiene il comando, fa fuori l'ala lettiana e costringe il Presidente del Consiglio a rassegnare le dimissioni, con il placet di Napolitano, sempre piu' Re. Il dramma è che mentre in molti paesi si sta combattendo per le strade con il sangue, per far prevalere la democrazia, da noi si accetta tutto, sperando nel nuovo messia di turno, un ex boy scout democristiano, di scuola demitiana, il nuovo leader della “sinistra-progressista-radicalchic”, un brand che fa tanto tendenza. Matteo, oratore a mezzo spot, abile esecutore del copia ed incolla del programma dei 5Stelle, trama accordi con il nemico storico di sempre, il condannato Berlusconi, cammina a braccetto con il suo delfino traditore, Alfano, pugnala alle spalle l'amico di partito Letta, si sbugiarda andando a capo dell'esecutivo pur avendo dichiarato apertamente di non architettare manovre di Palazzo. Qual'è la sua credibilità? Nel discorso di insediamento, improvvisamente le parole del neo-presidente, diventano piu' vaghe, scontate, meno trascinanti. La tanto attesa "vibrazione emotiva" non avviene. Solite promesse, solita retorica, solito impegno volitivo, con la solita aria da furbetto, ma già nettamente ammansita. Basterà? Certo è presto per dirlo, ma forse nell'era di internet, facebook e twitter, spesso la realtà virtuale prevale su quella reale e il buon Renzi forse, accecato dal successo e dalla risonanza dei suoi interventi in rete, ha pensato davvero, anche se solo per un attimo, di avere il totale controllo del Paese. E' proprio il caso di dire che, al momento, la sua leadership è solamente virtuale, nonostante abbia vinto le primarie che restano, malgrado tutto, una questione o per meglio dire, una bega all'interno del carrozzone democratico. Renzi rappresenta l'elemento nuovo, di un sistema vecchio e ahimè, lento, troppo lento a morire.
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