Da Letta a Renzi: La politica dell’utopia o l’Utopia della politica?
Il terremoto politico delle ultime settimane, con il passaggio di consegne tra Enrico Letta e Matteo Renzi, ha sicuramente convinto una buona parte della popolazione italiana a sventolare la propria, e personale, bandiera bianca nei confronti della politica. Una politica che, a dire la verità, non appartiene più al popolo; non appartiene più a chi, della passione per questo meraviglioso mondo “teorico”, ha fatto la sua ragione di vita.
Non appartiene più a quella parte di studiosi che, ahimè, hanno dovuto trarre le proprie pessime e demoralizzanti conclusioni. Settimane all’orda di un sintomatico umorismo che solo velatamente dovrebbe accompagnare i “piani alti”: virtuali attacchi sessisti, risse in giacca e cravatta (la saggezza popolare non sbaglia mai: l’abito non fa il monaco), occupazione di aule per le commissioni, un centrodestra che si sostituisce alla sinistra, e un centrosinistra che accetta, nonostante un naturale e storico conflitto ideologico, “un’alleanza” con i nemici di una vita.
Il caos regna sovrano nel paese dell’utopia. Un paese in cui, ogni giorno e per molti anni, abbiamo concesso la nostra fiducia a chi, apparentemente, avrebbe dovuto portare dei benefici alla nostra vita e al nostro paese. Ma la fiducia non si può concedere gratuitamente e per sempre. E, soprattutto, non è più possibile fidarsi di chi, del popolo, se ne dimentica così drasticamente!
Arriviamo al punto, e parliamo di critiche e dimissioni. Le dimissioni in questione riguardano, chiaramente, il Premier (uscente) Enrico Letta, un Premier che sicuramente non ha lasciato il segno nella storia della politica italiana. Non è facile gestire un nuovo governo quando, quello precedente, non ha attenuto i risultati desiderati. Ciò che più stupisce, però, è l’assoluta pacatezza con cui Letta ha assistito all’estirpazione della sua “corona”; l’ex leader del Pd ha ritenuto opportuno non presentarsi alla riunione del partito per lasciare, a tutti, la libertà di esprimersi senza riserve sul suo operato e sul da farsi.
Un atteggiamento paragonabile a un sovrano che abdica al suo trono reo di un operato non degno di lode; ma le menti razionali sanno bene che di volontario qui c’è ben poco. La vera scintilla arriva nel momento in cui Renzi e il Pd ringraziano Letta per il suo lavoro che, a loro parere, non sarà perduto; a quel punto la diplomazia e la tolleranza sfociano in una precisa esclamazione: «farisei»; sempre tenendo fede alla sua personalità, Letta ha palesato attraverso una citazione biblica che non tutto è come si vuol far credere.
Renzi parla di trasparenza e chiarezza… che ci sia, invece, un lato oscuro nella vicenda?
Le critiche le rivolgiamo a chi ha ricevuto, negli ultimi giorni, un incarico governativo non supportato da democratiche elezioni. Un attore politico così propenso al cambiamento, quasi da paragonare ad uno tsunami politico. Cambiamento però non possibile quando avviene senza una vera e propria espressione della democrazia.
Concordo, in prima persona, con la visione secondo cui l’Italia non è pronta per una nuova consultazione elettorale; non ci sono i numeri, non c’è un sistema elettorale realmente rappresentativo. Ma la domanda spontanea in questo caso è una: è stato veramente fatto tutto il possibile per arrivare all’approvazione di un testo elettorale efficiente e definitivo? Perché questa fretta di mutare l’assetto governativo? Forse Renzi aveva paura di non riuscire a superare, nelle consultazioni elettorali, quella stessa soglia di sbarramento per il premio di maggioranza da lui concordata?
Qualunque sia il motivo, non si può pensare di portare a termine una legislatura senza assumersi la responsabilità di chiedere, alle vittime di una situazione politica e sociale non consapevole, il proprio parere. E, soprattutto, la crisi economica, sociale e culturale che sta investendo l’Italia e l’Europa, dovrebbe far riflettere le guide della nostra comunità; dovrebbe impedire l’arte circense del rovescio della medaglia e delle consultazioni lampo. Dovrebbe impedire a chi è in una posizione incerta verso la legge italiana, di prendere nuovamente parte a questo governo, anche solo ideologicamente e consultivamente.
Politologi e studiosi di Politica comparata, hanno definito i partiti politici come il Popolo che si autogoverna; quindi una visione delle organizzazioni partitiche intesa come mediazione tra popolo e Stato. Ed ecco la mia critica: dov’è finita la diplomazia e la capacità di mediazione dei politici italiani? Qual è il loro dovere nei confronti del popolo?
Tanto clamore e disprezzo per un sistema elettorale fortemente voluto e votato dal Centrodestra è servito solo a redigere un nuovo testo che impedisce, numericamente, ai partiti minori di essere rappresentati in Parlamento; che potrebbe garantire una nuova vittoria del centrodestra (e, onestamente, potrebbe risultare emblematico di una situazione poco limpida se un testo elettorale, voluto dal centrosinistra, servisse solo a riportare il centrodestra al massimo splendore!) .
Forse, l’intento è solo quello di installare un sistema elettorale che porti alla gloria personale?
Da appassionata di politica urlo il mio no! La politica non è un desiderio di potere e di fama individuale. La politica dovrebbe essere quel meraviglioso gioco di squadra, che porta un paese a raggiungere il suo massimo livello. La Buona Politica è ancora fatta di idee e amore; verso ciò che è di tutti, verso la nostra vita. Smettiamola di pensare solo ed esclusivamente ai nostri interessi, non potranno mai vivere da soli! Avranno sempre bisogno del bene comune.
Rivolgiamo il nostro affettuoso saluto alla Democrazia oggi; miseramente defunta con le consultazioni odierne per la formazione del nuovo governo.