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REP. CECA: Ha vinto Zeman. Abbasso Zeman

Creato il 29 gennaio 2013 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 29 gennaio 2013 in Repubblica Ceca, Slider with 0 Comments
di Gabriele Merlini

1358726 Img Milos Zeman

Adesso che i giochi sono fatti, le fredde cronache si sciolgono come neve al sole e ciò che segue è l’inevitabile emersione del fango. La poltiglia di golem cantata dalla Zora Jiráková del Ripellino. Le accuse non tanto velate o le solite congiure che fisiologicamente macchiano il passato dei potenti. Mafia. Gas. Banche. Energia. Cannoni puntati da Praga contro Bruxelles e bandierine non esposte al Hrad. Così non serve tornare su quanto risulta stra-noto. Ha vinto Miloš Zeman e ha perso Karel Schwarzenberg. Ha levato le tende lo scettico comunitario Klaus e sullo scranno più alto sta arrampicandosi l’ex comunista paffuto. Un fiume di articoli hanno illustrato nei dettagli le dinamiche dell’evento dunque non torniamoci, concentrandoci su altro. Ovvero sulle principali argomentazioni utilizzate dai denigratori del vincitore, nonché l’impianto iconografico più abusato in questa campagna presidenziale a spese del vincitore nel ballottaggio. La prima gara con in palio un posto da capo di stato. Prezident České republiky. Il boss che si rintanerà nel castello più grande del mondo e forse della galassia.

Scontato osservare come gli avversari di Zeman abbiano scelto di scommettere su tre aspetti rappresentativi dell’individuo: le caratteristiche somatiche, il proprio passato politico e quei legami con il (quasi da tutti) mal tollerato predecessore. Niente di nuovo poiché accade ovunque così. Il nano malefico. Lo psico-nano. Le orecchie di Obama. Gli epiteti per la Merkel oppure una gioventù post-fascista o comunista o trascorsa a baciare pile in chiesa prima di farsi radicali. Però in zona l’effetto risulta più straniante poiché queste zampate banalotte si contrappongono alla meravigliosa attitudine alla satira sottile che molti vogliono generata proprio in Boemia e Moravia. La faciloneria di uno Zeman dalle sembianze maialesche steso sopra un vassoio a stridere con ricercatissimi video o articoli nei quali viene messo a nudo il re attraverso calembour mirati e finemente teatrali.

La rappresentazione abusata di uno Zeman ringhiante che arriva da frames particolarmente infelici di qualche ripresa pubblica come sottolineatura del fatto che gli ex comunisti non cambiano e sempre mantengono questa tendenza ad azzannare i passanti (pure il locale museo del comunismo usa simili parallelismi: la matrioska nel cartellone minaccia l’avventore come un dobermann affamato) o intento a succhiare il sangue di qualche avversario posizionato di spalle. Messo al posto dell’Hitler nella Caduta come già un miliardo di politici e qualche dozzina di calciatori, ma anche doppiato con la voce di Jabba the Hut.

Dopodiché le rivelazioni sconvolgenti sul passato dell’uomo capaci di giocare un ruolo deciso nell’agone: alla mafia locale non avrebbe cambiato niente l’eventuale vittoria di Zeman o Fischer poiché entrambi destinati a soffocare tra i tentacoli della piovra moldava nel giro di qualche giorno (pure Fischer sarebbe stato iscritto al partito comunista negli anni ottanta, con quanto ne consegue. E non da membro obbligato ma nelle vesti di fermo sostenitore. Questo implica intuitivamente legami poco chiari e tendenze a farsi fregare). Zeman che pecca di trasparenza nelle donazioni della campagna perché è classico di quelli tipo lui offuscare i fondi. Zeman che vale Klaus in affidabilità perché la pensano simile sull’amnistia che salverebbe gli amici in comune e sempre a braccetto avrebbero contribuito, dopo la campagna da avversari nel novantotto, a generare l’attuale sistema di corruzione mediamente diffusa in Repubblica Ceca riscontrabile in numerose sfere della vita pubblica («come si fa a sostenere che Miloš Zeman supporti Václav Klaus e viceversa? Te lo spiego io. Hanno gli stessi legami clientelari.» Così il tranchant Jiří Dienstbier, socialdemocratico).

Zeman che prova in tutti i modi a divorarsi le riviste liberal della nazione fino ad arrivare all’ipotesi di fondi moscoviti a ingrossargli le tasche per il finanziamento dei club di sostegno, con i favori che ne deriverebbero per il futuro. And so on.

Però adesso è capo di stato e tocca fare i conti con questo Zeman. Per inciso la partenza non è delle migliori stando a una lettera firmata da numerose personalità delle arti e delle scienze pronte a sostenere in coro come Zeman non sia il loro presidente. Attacchi dalla stampa in Germania (Handelsblatt) o Austria (Die Presse) a sostegno della tesi di una campagna zemaniana (sic) troppo anti-tedesca, unita a bordate dal parlamento contro l’eventualità di elezioni politiche anticipate.

Riassumendo: dalla pianura praghese è difficile ascendere alla collina del Castello. Idem difficile è ruzzolarci giù. Ma pure fronteggiare l’altura, con il vento che c’è, per Miloš Zeman non sarà proprio una passeggiata di salute.


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