Ultimi saliti a bordo ma all’istante ammessi nel circolo i pirati greci e croati (al contrario dei pirati slovacchi, che a Praga parteciperanno in collegamento online da Bratislava. Ad occhio non un problema di inaffrontabile distanza geografica) e conseguenza di un eventuale successo al parlamento europeo sarà la formazione di uno stabile gruppo da collocare a Strasburgo.
Sparata ironica fin troppo facile ma inevitabile: pur non vantando sbocchi sul mare la Repubblica Ceca ha un nutrito numero di pirati. Il tutto è analizzabile dal duemilanove, ovvero da quando il Česká pirátská strana è stato registrato al ministero dell’interno e fioccano le cifre.
Nato in un contesto universitario, alla prima tornata elettorale accademica raccoglie un decoroso 7.7 percento, cui segue lo 0.8 delle politiche nel maggio 2010. Numeri non da exploit tuttavia quanto basta per il cauto ottimismo degli attivisti, che lanciano un portale in rete nel quale trattare le tematiche più care ai pirati europei tout court: trasparenza, partecipazione, maggiore e più libera informazione/fruizione dei media.
Considerazione scontata e prevedibile però anch’essa inevitabile: trattasi di movimento nutrito dalla attuale crisi dei partiti ufficiali cechi (l’Ods si barcamena in un governo di sopportazione nazionale con il Věci veřejné travolto dagli scandali e Top09 a rimorchio, mentre i socialdemocratici del ČSSD paiono alla perenne ricerca del leader per il rilancio che garantisca un successo da molti dato come ovvio)? Risposta: forse sì. Ma non è tutto. I successi tedeschi d’altronde riportano di un movimento non solo abile nel sottrarre ma anche in sintonia con molti nella fase propositiva.