Posted 16 novembre 2012 in Repubblica Ceca, Slider with 1 Comment
di Gabriele Merlini
Casomai a qualcuno saltasse in testa di invitare a casa propria il capo di stato ceco Václav Klaus ricordi sempre di evitare una lunghissima serie di argomenti. Mica che diventa pericoloso. Solo potrebbe piantare le tende e farsi piuttosto pedante. Europa e riscaldamento globale i tasti maggiormente dolenti sebbene anche l’energia atomica non scherzi. Inutile sottolineare quanto potrebbe risultare irrilevante la vostra argomentazione di avere il salotto a circa sessanta chilometri da quella centrale nucleare ceca (Temelín. Ne abbiamo già parlato qui e qui) in costante progetto di espansione. Nel giro di un minuto potreste sentirvi rispondere che gli attivisti del vostro stampo sono al solito incapaci di comprendere la reale utilità della faccenda e peggio ancora non vogliono comprenderla perché arroccati nelle rispettive e anacronistiche credenze tendenziose.
Contestualizzando, è arrivato oggi in Austria il presidente della Repubblica Ceca Václav Klaus per una visita di tre giorni. Da Praga giunge la comunicazione di un incontro con il corrispettivo Heinz Fischer, il primo ministro Feymann, il Nationalratspräsident Barbara Prammer e il sindaco di Vienna Häupl accompagnato dal cardinale (di natali cechi) Christoph Schönborn.
Come accade spesso simili visite vengono precedute da un buon battage mediatico e stavolta è toccato al quotidiano Kronen Zeitung l’onere della chiacchierata. Stando al testo sfuggirebbe a Klaus il motivo delle proteste austriache contro il nucleare (l’Austria non ha mai posseduto centrali nucleari avendo stabilito tramite referendum di lasciare spento nel settantotto il neonato impianto di Zwentendorf) tuttavia spera che simili istanze siano frutto di giochi politici inconciliabili con il vivere civile e isolate sparate di qualche gruppo di inguaribili idealisti.
Per altro oggetto delle maggiori attenzioni da Vienna è proprio la centrale ceca di Temelín sia per la vicinanza con il confine sia per le mire espansionistiche della struttura. Due nuovi blocchi da erigere nel prossimo futuro e altrettanti da completare entro il duemilaventicinque. Inoltre l’idea di una crescita costante che porterà l’impianto a strabordare dalla Boemia al Niederösterreich viene supportata dalle notizie di ulteriori investimenti stranieri sul progetto: francesi ma soprattutto la statunitense Westinghouse e la russa Rosatom in collaborazione con il gruppo ceco Škoda. Non deve essere sottovalutata poi la mole di occupazione che lavori del genere favorirebbero: stando ai dati del gruppo energetico deputato all’assegnazione dell’appalto ČEZ, quattromila persone tra i quali numerosi esperti qualificati cui delegare il compito di rendere l’area il più tranquilla possibile.
Ma la controversia di tenersi reattori cechi alle porte non ha riguardato in questi anni solo l’Austria poiché pure la Germania si è unita al coro. Il confine bavarese risulta essere altrettanto vicino alla Boemia e l’ultima estemporanea discussione al riguardo è emersa l’estate scorsa durante un meeting tematico a Passau. Tra i tanti interventi che seguirono fu il ministro degli esteri Schwarzenberg a fare il Klaus della situazione definendolo argomento irrilevante se comparato ai gravi problemi economici che vessano in questo periodo l’Unione Europea. Concetto ribadito -a dimostrazione che è tasto sensibile e scivoloso su più livelli- sempre da Karel Schwarzenberg in una intervista alla Süddeutsche Zeitung dell’undici giugno duemiladodici: la Repubblica Ceca non è l’unica nazione in Europa che produce energia in questo modo eppure sfuggono casi di pressioni esterne come quelle che subiamo noi (oltretutto da Praga arriva anche la conferma dello stanziamento di cospicui fondi governativi per l’incremento della energia rinnovabile per quanto, al contrario del caso tedesco, sarebbe impensabile in Repubblica Ceca programmare oggi un piano di uscita dal nucleare.)
Tornando all’Austria e Klaus eravamo però partiti specificando che numerosi sono i temi capaci di stimolare l’oratoria frizzantina del capo di stato euroscettico o eurodissidente (preferisce chiamarsi così) e un secondo è la faccenda dei Sudeti a ridosso della Seconda Guerra Mondiale. Pure di ciò abbiamo scritto su East Journal e piacevole risulta scoprire che stavolta si sarebbe limitato a dichiarare come il passato non debba essere tramutato in strumento di polemica politica dunque finiamola qui. Da Vienna un sospiro di sollievo nonostante l’ultima sentenza a microfoni già quasi spenti: rimane sbagliata l’attuale natura dell’Unione Europea e occhi aperti che tutto rischia di venire giù. Ma questo -oltre al confine tra Austria e Repubblica Ceca, il nucleare o i Sudetendeutsche- non lo pensa soltanto quel brontolone di Václav Klaus.
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Tags: Austria, Gabriele Merlini, nucleare, Repubblica Ceca, Sudeti, Vaclav Klaus Categories: Repubblica Ceca, Slider