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Replica

Creato il 31 maggio 2014 da Malvino

"Adulatori per lo più de' tiranni presenti,

sebben lodatori degli antichi repubblicani"

Giacomo Leopardi, Zibaldone

Ricapitolando. Ho scritto che [che si è recato alle urne il 25 maggio] "il Pd riguadagna solo parte degli oltre 3 milioni di voti persi tra il 2008 e il 2013, senza peraltro riuscire a superare i 12 milioni che diedero il 33,2% al partito allora guidato da Walter Veltroni" ( non supera il 23,3% del totale degli aventi diritto al voto" ( Le dimensioni del trionfo di Matteo Renzi - Malvino, 26.5.2014): anche qui, mi pare sia pacifico. Infine, commentando l'analisi dei flussi elettorali elaborata dall'Istituto Cattaneo ( "Il successo di Renzi si è costruito sulla tenuta dell'elettorato Pd nei confronti dell'astensione, sulla conquista del bacino di Scelta civica, sul cedimento di elettori M5S e Pdl verso l'astensione. [...] È possibile che non pochi elettori ora astensionisti possano rientrare nei ranghi di partenza, sia di Forza Italia che del M5S"), ho scritto che in essa "il risultato conseguito dal Pd di Matteo Renzi alle Europee trova ulteriore ridimensionamento" ( La bolla - Malvino, 29.5.2014): giudizio che non mi pare affatto scandaloso. I 38 milioni di italiani che non hanno votato Pd - Malvino, 26.5.2014): continua a sembrarmi indiscutibile. Poi ho scritto che "il 40,8% [ottenuto dal Pd] del 57,2%

Fatta la tara di insulti e sberleffi, le obiezioni a quanto ho scritto sono le seguenti:

(1) Mi si contesta che il numero dei voti ottenuti dal partito che vinca una competizione elettorale acquistino peso in relazione a quanti ne hanno preso i partiti che l'hanno persa. Non è per fare sfoggio di superbia intellettuale, ma a questo ci arrivavo anche da solo. D'altronde non mi pare di aver scritto che i risultati di queste Europee siano ambigui: il Pd ha vinto, non c'è ombra di dubbio. In verità, direi che la vittoria più significativa sia quella di Matteo Renzi sull'opposizione interna al suo partito. D'altronde non era proprio lui a dire che i risultati di queste Europee non potevano e non dovevano aver conseguenza sulla tenuta del governo? Ora pare che l'abbiamo, e ovviamente in senso positivo, ma in fondo non si trattava di Politiche. Il risultato delle Europee può essere letto come fiducia accordata a questo pagliaccio che, al netto del muoversi tanto da fermo e del promettere il Bengodi con l'anticipo di 80 euro, finora non ha fatto un cazzo? Senza dubbio, ma se mi si viene a dire che in democrazia i numeri sono tutto e Matteo Renzi ne ha presi tanti e tanti in più di Beppe Grillo e di Silvio Berlusconi, rispondo che non si votava per confermargli l'incarico di governo. In quanto al risultato in termini assoluti, mi pare che recuperare buona parte degli elettori persi dal 2008 al 2013 sia un buon risultato, ancor più se enfatizzato dal defluire dell'elettorato grillino e di quello berlusconiano verso l'astensione, ma di fatto, anche stavolta, al Pd non va più del consenso di un italiano su quattro: legittimato alla guida del paese, ma per piacere non parliamo di plebiscito.

(2) Mi si rammenta che gli astenuti non contano. Ringrazio per il ragguaglio all'ovvio, ma non mi pare di aver scritto che contino. Non hanno alcun peso sul risultato elettorale, è naturale, ma esistono. Arrivano al comune convincimento che esprimere una rappresentanza sia inutile, ma con ciò non sono fuori dall'opinione pubblica, tanto meno sono da considerare massa socialmente inerte, e comunque restano potenziali elettori che esprimono con l'astensione un disagio, che talora è da interpretare come un vero e proprio malessere: si tratta di individui che - non ha importanza, qui, stare a discutere quanto a ragione - hanno perso o non hanno mai avuto fiducia nel metodo democratico, non trovano un'opzione convincente nell'offerta dei partiti in lizza o, più banalmente, sono refrattari ad ogni genere di scelta politica. Ci si può consolare col constatare che in ogni regime democratico questo fenomeno è comune, che in Italia non è neanche consistente quanto altrove, che il suo progressivo incremento sia perciò del tutto irrilevante o che comunque non debba essere letto come un sintomo preoccupante: può darsi, resta il fatto che nei paesi in cui l'astensionismo ha percentuali assai più alte che in Italia il dato è stabile da tempo e non trova espressione in quella sfiducia verso le istituzioni che qui da noi va da tempo assumendo i tratti della resistenza passiva che incamera un sordo risentimento. Si può fare a meno di prenderlo in considerazione? Nello scrutinare le schede elettorali e calcolare quanti seggi spettano a questo o quel partito, senza dubbio, sì. Nel discutere su cosa c'è da attendersi sul medio e sul lungo periodo, non mi pare sia superfluo, soprattutto in relazione all'alta fluidità che il corpo elettorale ha mostrato negli ultimi vent'anni. In conclusione: continuare a fissare, come ipnotizzati, quel 40,8% - continuare a ripetersi che è il più rilevante consenso ottenuto da un partito dopo quelli conseguiti dalla Dc a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta, quando alle urne si recava quasi il 90% degli aventi diritto - ritengo sia da stupidi. Del tutto legittimo, peraltro, che Matteo Renzi e il Pd investano su questa stupidità. C'è da ritenere, infatti, che sul breve periodo porterà frutto: il paese è allo stremo, disposto ad aggrapparsi a tutto, soprattutto se con la promessa che può salvarsi con un po' di ottimismo, affidandosi all'ennesimo deus ex machina. Non ci fossi abituato, la nausea mi impedirebbe perfino di parlarne. Ma ho passato la cinquantina, e di ciarlatani promossi a salvatori della patria, di avventurieri in grado di imbambolare i gonzi col loro scilinguagnolo, di zoticoni senz'altra grazia di dio che una formidabile ambizione e senz'altra virtù che l'intrallazzo maneggione, ne ho visto, e so come la va: all'inizio, nel trambusto dell'ovazione, al moccioso che urla che "il re è nudo" va un ceffone, poi tutti a dire che in effetti era nudo e ce l'aveva pure piccolo.

(3) Mi si storce il muso perché do affidamento all'indagine dell'Istituto Cattaneo, quando è da anni che i sondaggi pisciano alla grande. Qui temo che il muso si storca a torto, perché una cosa sono le analisi del voto fatte prima che gli elettori entrino nel seggio, un'altra quelle fatte dopo. A maggior ragione, quando un risultato oggettivamente rilevante, e all'apparenza ancor più rilevante di quanto sia in realtà, potrebbe indurre gli intervistati a risposte assai più infedeli per il noto effetto bandwagon, che ai piani alti della politica trova analogo nell'osceno assalto al carro del vincitore cui assistiamo in questi giorni.


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